VENT’ANNI FA IL LANCIO DELLA MISSIONE

BeppoSax, storia di un successo

Il satellite italo-olandese per lo studio dell'universo nei raggi X, lanciato nel 1996, ha portato importanti scoperte e indagini assai accurate su fenomeni cosmici come l’emissione di alta energia prodotta da sorgenti galattiche compatte, ammassi di galassie, resti di supernovae, stelle, fino ad arrivare ai lampi di raggi gamma. Ne parliamo con Luigi Piro dell'INAF, responsabile scientifico della missione

     03/05/2016
Il satellite BeppoSax e i suoi strumenti durante la fase di integrazione. Crediti: BeppoSAX team

Il satellite BeppoSax e i suoi strumenti durante la fase di integrazione. Crediti: BeppoSAX team

Nella sua lunga carriera in orbita, durata sette anni, ben oltre quanto inizialmente programmato, ha regalato agli astrofisici una straordinaria quantità di informazioni sull’universo nei raggi X. Informazioni numerose e di alta qualità che hanno permesso di compiere importanti scoperte e indagini assai accurate su fenomeni cosmici come l’emissione di alta energia prodotta da sorgenti galattiche compatte, ammassi di galassie, resti di supernovae, stelle, fino ad arrivare ai lampi di raggi gamma (GRB, gamma ray burst). A venti anni dal lancio, avvenuto dalla base di Cape Canaveral negli Stati Uniti, l’Italia ricorda la missione BeppoSax, frutto di una collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la sua omologa olandese. Ha iniziato ieri l’proprio l’ASI: presso la sua sede a Roma si è tenuto un evento celebrativo a cui hanno preso parte i principali responsabili della missione. Oggi, durante la LX edizione del Congresso della Società Astronomica Italiana, è in programma una sessione speciale dedicata a ricordare I numerosi successi scientifici raggiunti da BeppoSax e il suo team, testimoniati dal traguardo di oltre 2000 pubblicazioni, e da importanti premi internazionali collezionati dai ricercatori coinvolti nella missione.

Luigi Piro dell’INAF-IAPS è stato il responsabile scientifico (Project Scientist) della missione BeppoSax per l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Tra i suoi compiti, quello di aver guidato le operazioni scientifiche della missione, attività cruciale per le la gestione delle complesse osservazioni dei Gamma-Ray Burst, i lampi di raggi gamma. A lui abbiamo rivolto alcune domande per farci conoscere meglio la missione e la sua rilevanza scientifica.

Partiamo da ancora più lontano da quel fatidico giorno del 1996, quando prese il via la fase operativa della missione. Come è nato il progetto BeppoSax?

L’Italia è stata tra le prime grandi nazioni a sviluppare l’esplorazione scientifica dello spazio, spinta in particolare dall’ eccezionale scuola di Giuseppe “Beppo” Occhialini e Bruno Rossi, che primi al mondo hanno spinto a osservare l’universo in raggi X e gamma prima con palloni stratosferici e razzi, ed infine con satelliti. Questo ha formato una grande scuola di scienziati e industrie spaziali italiane. La grande sfida in quegli anni è stata quella di realizzare un grande satellite scientifico interamente “made in Italy” che coagulasse tutte queste competenze e che permettesse sia alla comunità scientifica e alle industrie spaziali del settore di primeggiare internazionalmente. Il programma fu iniziato dal Piano Spaziale Nazionale del CNR, poi diventato Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Il consorzio scientifico comprendeva tutti gli istituti di astrofisica ex CNR, ora parte dell’INAF, alcune Università, insieme a una partecipazione dello SRON olandese e dell’ESA, mentre il campo industriale la Alenia e la Laben, ora Thales Alenia Space, e Telespazio. SAX, battezzato BeppoSAX dopo il lancio del 30 aprile 1996 in onore di “Beppo” Occhialini, aveva a bordo una serie di telescopi sensibili ai raggi X di due tipologie. Una serie di telescopi con campo di vista stretto, teleobbiettivi in raggi X, molto sensibili a sorgenti deboli. Questa serie di telescopi era stata progettata realizzare uno dei due scopi principali della missione, l’osservazione delle sorgenti X su un amplissimo intervallo di energie, più di tre ordini di grandezza, dai raggi X “molli” a quelli “duri”. BeppoSAX è stato il primo satellite che ha puntato su tale capacità, fondamentale alla comprensione di gran parte dei fenomeni che caratterizzano il cielo in raggi X, come l’interazione della materia in accrescimento su buchi neri stellari e supermassicci nelle galassie, o il gas ultracaldo che circonda le galassie nell’universo. Si aggiungevano poi degli strumenti con ampio campo di vista, un po’ l’analogo di obiettivi di grande angolo, ma in raggi X, per monitorare grandi aree di cielo alla scoperta di nuovi fenomeni astrofisici.

Quali sono stati i punti di forza che hanno reso così vincente la missione?

L’accoppiata dei due tipi di telescopi è stata la premessa alle grandi scoperte di BeppoSAX, e quella che ha permesso di risolvere il mistero trentennale sull’ origine dei lampi gamma, a lungo inseguito con scarso successo dalle più grandi agenzie spaziali al mondo, come la NASA. I telescopi di grande campo di BeppoSAX ci permettevano di monitorare vaste aree di cielo, alla ricerca di fenomeni transienti, come lampi gamma, buchi neri in fase molto attiva, esplosioni stellari, identificarne la posizione preliminare per poi puntarli con i “teleobiettivi a raggi X” di BeppoSAX, alla ricerca della sorgente X associata, per scoprirne la sua natura. Ma come una reazione chimica non procede senza un catalizzatore, per BeppoSAX l’ elemento fondamentale, il catalizzatore, che ha permesso di sfruttare questa accoppiata e’ stata una perfetta messa a punto delle operazioni scientifiche a terra. Grazie a questa organizzazione identificavamo i lampi gamma nei telescopi di campo largo, e ripianificavamo velocissimamente la sequenza di telecomandi presso il centro di controllo a Roma in Telespazio per ripuntare il satellite e i suoi teleobbiettivi in raggi X verso il lampo gamma, mentre in parallelo distribuivamo le coordinate del lampo ad un network dei più grandi telescopi a terra ed in volo per effettuare osservazioni ad altre lunghezze d’onda, dal radio all’ottico. Per la prima volta questa organizzazione ha permesso di puntare la posizione del lampo gamma in poche ore (mentre precedenti tentativi con altri satelliti richiedevano più di due settimane….) permettendo di scoprire la flebile controparte che si stava già spegnendo. Se fossimo stati piu lenti la sorgente sarebbe svanita alla vista degli strumenti!

Immagino non sia facile, ma può condensare in poche battute i maggiori risultati scientifici della missione?

Nei suoi intensi anni di vita, con BeppoSAX abbiamo osservato 1500 sorgenti celesti in raggi X, dalle comete (ebbene sì, anche le comete emettono in raggi X) alle esplosioni cosmiche più distanti dell’universo a miliardi di anni luce. I risultati di BeppoSAX sono stati pubblicati da scienziati italiani e di tutto il mondo in oltre 2000 articoli su riviste internazionali. La grande scoperta della natura extragalattica e degli afterglow dei lampi gamma è stato il risultato più eclatante che abbiamo ottenuto con BeppoSAX, grazie al quale i membri del team hanno ricevuto i premi internazionali più prestigiosi, come Il Bruno Rossi della American Astronomical Society, il premio Cartesio della Commissione Europea, il Fermi della SIF e il premio Shaw per l’ astronomia.

Studiare eventi rapidissimi e imprevedibili deve essere stato alquanto complicato, e non solo dal punto di vista scientifico: può raccontarci qualche aneddoto della sua vita da ricercatore con BeppoSax?

I lampi gamma avevano l’abitudine di scoppiare a qualunque ora del giorno e della notte, in tali occasioni dovevo, insieme ai collaboratori del team, raggiungere il centro operativo il più presto possibile. Ma questo sembrava avvenire con maggiore probabilità nei momenti di maggiore fastidio, a conferma di un assioma della legge di Murphy… Una delle conferme la ebbi la sera che decidemmo con mia moglie Tiziana di festeggiare la nostra decisione di sposarci in un bel ristorantino e… passammo la serata al centro operativo. O quando il telefonino squillò durante la finale di Italia- Francia agli europei del 2000…

Chi ha raccolto e raccoglierà l’eredita di questa missione?

BeppoSAX non è stato solo un grande successo del passato ma ha segnato la strada del futuro del settore in Italia e nel mondo. Il modello attuato per le osservazioni dei lampi gamma è stato immediatamente copiato, migliorandolo, dalla NASA con la missione SWIFT, in cui la comunità italiana ha dato un contributo fondamentale. Il centro dati scientifico di BeppoSAX si è evoluto in un centro multimissione dell’ASI. Il successo del primo grande satellite scientifico nazionale, interamente a guida italiana, ha permesso alle nostre industrie di competere con successo nel settore e agli istituti scientifici di consolidare la leadership scientifica e tecnologica, diventando oggi un riferimento internazionale nella realizzazione di strumenti spaziali, come ad esempio le ottiche in raggi X o i microcalorimetri criogenici. Ad un presente di successo, che vede l’Italia con ruoli di leadership in missioni come AGILE, INTEGRAL, XMM, Fermi, si apre un futuro ancora più ambizioso. Il grande telescopio spaziale in raggi X dell’ESA Athena, in fase di preparazione, ci permetterà di osservare con occhi mai visti l’universo caldo e violento. E, come con BeppoSAX, gli scienziati e le industrie italiane sono e saranno in prima fila!

Per saperne di più:

  • Leggi su Media INAF l’editoriale di Enrico Costa sulla scoperta della natura dei lampi di raggi gamma, uno dei maggiori risultati della missione BeppoSax