Il transito di un pianeta sul disco del Sole è un fenomeno piuttosto raro, poiché accade solo quando Mercurio o Venere, gli unici due pianeti con orbite più interne rispetto a quella terrestre, si trovano dal nostro punto di vista nella stessa direzione del Sole.
Il transito di Mercurio avviene con una frequenza di 13-14 eventi ogni secolo, molto più spesso quindi rispetto a quello di Venere, che si verifica con coppie di transiti a distanza di 8 anni, separate tra loro da oltre cento anni. Questo accade perché l’orbita di Mercurio è più stretta e compie un’intera rivoluzione attorno al Sole in un tempo inferiore rispetto a Venere. Tuttavia, non sempre un transito è visibile dal nostro punto di osservazione, un po’ come accade per un’eclissi di Sole, infatti l’ultimo transito di Mercurio visibile dall’Italia risale al 7 maggio del 2003, mentre l’ultimo in assoluto è avvenuto nel novembre del 2006.
Durante il transito che si verificherà il 9 maggio prossimo, Mercurio si troverà nel punto di massima distanza dal Sole, detto afelio, e apparirà nel nostro cielo con una dimensione angolare di circa 12 arcosecondi. Se si fosse trovato al perielio, avrebbe avuto una dimensione angolare pari a 10 arcosecondi. In entrambi i casi, durante l’evento, Mercurio appare come una piccola pallina nera sul disco solare, grande all’incirca come una macchia solare di piccole dimensioni.
In passato i transiti di Mercurio e Venere furono sfruttati dagli astronomi per confermare la teoria copernicana riguardante la struttura del sistema solare, e per stimare con precisione la distanza media della Terra dal Sole. Il primo transito di Mercurio fu previsto da Keplero, sulla base di accurati calcoli astronomici, e osservato il 7 novembre 1631 da Pierre Gassendi, scienziato e filosofo del Seicento. All’epoca della prima osservazione, si scoprì che Mercurio aveva una dimensione molto inferiore a quella attesa (circa 6 volte più piccola del previsto), tanto che Gassendi pensò inizialmente di aver osservato una macchia solare.
Col passare dei secoli le nostre capacità di osservazione si sono via via affinate e oggi siamo in grado di effettuare misurazioni estremamente accurate. Grazie ai transiti siamo stati in grado di ottenere stime sempre più accurate del diametro del Sole. Ad esempio, con i dati raccolti negli ultimi transiti di Mercurio, del 2003 e del 2006, è stato possibile raggiungere la precisione da capogiro di poche decine di km, e considerando che il diametro del Sole 10.000 volte superiore è facile capire l’eccezionalità della misura. Questo risultato è frutto della nostra capacità di portare telescopi e strumentazione scientifica in orbita attorno al nostro pianeta, e dunque di superare i limiti osservativi imposti dalla presenza dell’atmosfera terrestre.
Per quanto piccolo, in realtà Mercurio era un protagonista assoluto del dibattito scientifico già all’inizio del secolo scorso. Quando Albert Einstein elaborò la sua teoria della Relatività Generale, infatti, individuò proprio nel piccolo pianeta roccioso un ottimo strumento per verificare le sue previsioni. Gli scienziati sapevano già dalla seconda metà dell’800 che l’orbita di Mercurio presentava anomalie rispetto a quanto previsto dalla teoria newtoniana. Einstein dimostrò che era possibile spiegare la precessione dell’orbita di Mercurio, ovvero la variazione di orientamento nello spazio dell’ellisse tracciata dal pianeta nel suo cammino, da effetti gravitazionali previsti dalla Relatività Generale. I calcoli di Einstein risultarono esatti, e questa misurazione rimane storicamente la prima prova sperimentale della Relatività Generale.
A testimonianza di quanto sia alta l’attenzione nei confronti di Mercurio da parte della comunità scientifica, è da segnalare il lancio di BepiColombo, previsto per il 2018. BepiColombo è una missione congiunta dell’Agenzia Spaziale Europea e di quella giapponese (JAXA), che ha tra i suoi obiettivi lo studio dettagliato della magnetosfera, della superficie e dell’interno del pianeta, e un’ulteriore verifica delle previsioni della Relatività Generale.
Al giorno d’oggi, poi, i motivi di interesse scientifico legati al transito di un pianeta come Mercurio sono molteplici. Innanzitutto, durante un transito è possibile effettuare misurazioni uniche della sottile esosfera del pianeta. Risale al 1985 la scoperta della presenza di sodio nell’esosfera di Mercurio, ma bisogna aspettare fino al 2003 per ottenere i primi dati dettagliati, raccolti durante un transito.
Il transito del pianeta sul disco solare garantisce l’eccezionale occasione di osservare l’intera circonferenza del terminatore simultaneamente. Nel corso degli ultimi due transiti sono state pianificate numerose campagne osservative allo scopo di acquisire informazioni accurate. In occasione del transito del 9 maggio, tra gli altri, saranno attivi l’Interferometric BIdimensional Spectrometer (IBIS), lo strumento montato sul Dunn Solar Telescope in New Mexico, e il telescopio solare GREGOR a Tenerife, con i quali avremo il piacere di collegarci in diretta.
Inoltre, grazie ai transiti è possibile rilevare la presenza di pianeti all’interno di sistemi diversi dal nostro. La tecnica dell’osservazione di un transito, sotto forma di lieve abbassamento periodico della luminosità della stella ospite, è quella che ci ha permesso negli ultimi anni di passare a qualche centinaio a diverse migliaia di pianeti extrasolari, tra confermati e candidati.
Un’altra informazione che è possibile ricavare dal transito di un pianeta davanti al disco della sua stella è legato all’effetto Rossiter-McLaughlin, una variazione spettroscopica della luce proveniente dalla stella e dovuta proprio al passaggio di un corpo sul suo disco. Considerando che la stella ruota su se stessa, la sua luce produrrà uno spostamento verso il blu e uno verso il rosso rispettivamente nel quadrante che ruota verso di noi e in quello che si allontana da noi. Il passaggio di un corpo davanti alla stella provoca un occultamento parziale della luce che ci arriva dalla stella stessa, comportando uno spostamento verso il rosso o il blu del suo spettro differente da quello medio. Questo tipo di osservazioni permette di ricavare informazioni sulle proprietà orbitali del sistema.
Il transito di Mercurio sul Sole del prossimo 9 maggio durerà circa 8 ore, iniziando alle 13:12 ora italiana, quando ci sarà il momento del primo contatto tra il disco del Sole e quella del pianeta, e terminerà alle 20:42, quando in Italia il Sole sarà già tramontato. Per l’occasione Media INAF organizzerà due hangout live, uno in corrispondenza del primo contatto, dalle 12:30 alle 13:30, e un altro quando Mercurio raggiungerà il punto di massimo avvicinamento al centro del Sole, tra le 16:00 e le 17:00. Inoltre sarà disponibile un live stream a copertura di tutto l’evento con immagini raccolte dalla torre solare presso la sede di Monte Mario, a Roma.
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