È il 7 novembre del 1914 e Giacomo Balla, dopo aver accuratamente preparato il suo telescopio, si appresta a osservare il transito di Mercurio dalla sua casa in via Parioli a Roma, che come ricorda la figlia Elica era allora in campagna. A pochi mesi dallo scoppio della Grande Guerra, l’evento che in sé non ha nulla di spettacolare fu seguito da pochi. Non c’era il web, neppure Media Inaf, e la figlia dell’artista ricorda che allora nessuno si occupava di astronomia.
Ma Balla era affascinato dal cielo stellato. Lettore di Schiaparelli e di Flammarion, aveva un suo telescopio e un suo amico astrofilo di nome Depaoli, che aveva organizzato un piccolo osservatorio, con cui spesso guardava le stelle. Aveva già dipinto, nel 1906, con tecnica divisionista, la costellazione di Orione e nel 1913 le Sfere Celesti.
In quel 7 novembre, tra le 9:57 e le 14:09, l’artista osserva attentamente e in solitudine il transito di Mercurio. L’osserva con occhi da scienziato e da artista. Come scienziato, è consapevole che solamente durante un transito un pianeta può essere visto nella sua reale dimensione fisica, e come questa possa essere confrontata con quella del Sole a dare il senso corretto delle proporzioni. Come artista, nei giorni seguenti esegue una serie di opere, prima disegni preparatori a matita, penna o china, e poi alcune tele sia a tempera che a olio dove esprime le proprie emozioni.
Si contano una dozzina di opere finite o preparatorie, tutte con lo stesso titolo – Mercurio che passa davanti al Sole – e oggi raccolte in alcune collezioni private e nei più grandi musei del mondo, dal Mumok di Vienna alla Peggy Guggenheim di Venezia, dal Philadelphia Museum of Art al Centre Pompidou di Parigi, fino al MoMa di New York. Manca una classificazione completa, e forse sarebbe una bella idea poterle raccoglierle tutte insieme in occasione del prossimo transito del 2019.
La rappresentazione è futurista, con il piccolo dischetto nero di Mercurio che si perde nelle dimensioni del Sole e dello spazio circostante. Dal minuscolo pianeta partono linee e cerchi che disegnano l’enormità dello spazio e catturano il movimento continuo del Sole e dei pianeti. L’ombreggiatura e il colore imprimono profondità e la dimensione tridimensionale in uno spazio privo di riferimenti.
Questa è probabilmente l’unica rappresentazione del transito di un pianeta di ogni tempo. Esistono molte opere del transito di Venere, osservato per la prima volta nel 1639 dal ventiduenne Jeremiah Horrocks, ma sempre viene illustrato lo scienziato che esegue l’osservazione, a testimoniare l’importanza della scoperta. Nei quadri di Balla l’astronomo scompare e sono lo spazio, il Sole e il pianeta che diventano l’oggetto della rappresentazione.
Da li a pochi mesi, nel marzo del 1915, Balla scriverà insieme a Fortunato Depero il manifesto per la Ricostruzione Futurista dell’Universo, dove si può trovare la migliore chiave di lettura dei suoi quadri sul transito di Mercurio. Si legge nel manifesto: «Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo gli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo».
Come ricorda ancora la figlia Elica, negli ultimi anni, non potendo più dipingere, l’artista amico delle stelle si faceva leggere La Natura dell’Universo di Fred Hoyle: un libro del 1950 tratto dalle famose lezioni di cosmologia trasmesse dalla Bbc e dove, tra l’altro, Hoyle usa per la prima volta l’espressione ‘Big Bang’.
Per saperne di più
- Elica Balla, “Giacomo Balla: un artista amico delle stelle”, L’Astronomia n. 28 (1983), p. 23-25
- Gabriele Vanin, “Mercurio sul Sole visto da Giacomo Balla”, Le Stelle n. 154 (2016), p. 33