SOTTO IL CIELO DI LESBO, TRA LIRICA E ASTRONOMIA

Quand’erano le Pleiadi a mezzo della notte

Due ricercatori dell’Università del Texas ad Arlington hanno datato, usando il software astronomico “Starry Night”, uno fra i più celebri frammenti di Saffo, poetessa dell’antica Grecia vissuta oltre 2500 anni fa: si riferisce a una notte di fine inverno, fra il 25 gennaio e il 31 marzo

     15/05/2016
Tondo di Donna con tavolette cerate e stilo (cosiddetta "Saffo", ritrae in realtà una fanciulla dell'alta società pompeiana). Affresco romano, del 50 circa. Crediti: Wikimedia Commons

Tondo di Donna con tavolette cerate e stilo (cosiddetta “Saffo”, ritrae in realtà una fanciulla dell’alta società pompeiana). Affresco romano, del 50 circa. Crediti: Wikimedia Commons

Questa è una storia che parte da lontano: ha inizio nell’antica Grecia, fra il VII e il VI secolo. È una calda sera d’estate, attorno al 600 a.C., avete appena finito di fare shopping nella piazza del mercato, o agorà, quando volgete lo sguardo verso il cielo. E no, a comporre gli immortali versi che seguono non è Sheldon Cooper, bensì la più grande poetessa dell’antichità: Saffo. E allora partiamo proprio da quei versi, qui nella versione di Salvatore Quasimodo:

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.

Frammenti sublimi che parlano del tempo, dell’amore, e del desiderio che suo malgrado sopravvive alla giovinezza e alla possibilità stessa di trovare soddisfazione.

Che ci fa su Media INAF questo tizzone di vita, ancora ardente d’emozione a due millenni e mezzo da quella notte in cui fu concepito? Tutta colpa di due astrofisici dell’Università del Texas ad Arlington, Manfred Cuntz e Levent Gurdemir, che insieme a Martin George del National Astronomical Research Institute tailandese hanno appena pubblicato sul Journal of Astronomical History and Heritage un articolo dedicato proprio al capolavoro della poetessa di Lesbo.

I tre ricercatori si sono concentrati sui versi iniziali, sul quel frammento che i filologi classici identificano, a seconda della numerazione adottata, come 168B Voigt o 52 Bergk o in altri modi ancora. Ma che a tutti – almeno nel mondo anglosassone – è noto come “Poema di mezzanotte”. Ed è proprio dal riferimento temporale al ‘mezzo della notte’ che sono partiti per il loro studio. Dalla mezzanotte e dagli oggetti celesti che la popolano: non tanto la Luna, pressoché inutile per il loro scopo, quanto le Pleiadi che con essa, in quel cielo di Lesbo, sono tramontate.

L'ammasso aperto delle Pleiadi. Crediti: NASA, ESA, AURA/Caltech, Palomar Observatory

L’ammasso aperto delle Pleiadi. Crediti: NASA, ESA, AURA/Caltech, Palomar Observatory

Partendo da questi due elementi – Pleiadi e mezzanotte – e da un anno scelto più o meno arbitrariamente – il 570 a.C. – in base a considerazioni non legate all’astronomia, Cuntz e colleghi arrivano a stabilire la stagione nella quale Saffo compose il suo frammento: fra la metà dell’inverno e l’inizio della primavera. Per l’esattezza, scrivono, doveva essere una notte compresa tra il 25 gennaio e il 31 marzo. Conclusione alla quale giungono grazie a un sofisticato software di simulazione del cielo, Starry Night (hanno usato la versione 7.3, per chi volesse cimentarsi), e la consultazione d’un nutrito numero d’articoli scientifici sulle Pleiadi, fra i quali anche un lavoro del 2007 di due ricercatori all’epoca dell’INAF, Daniela Cardini e Angelo Cassatella.

Come hanno proceduto? Anzitutto, stabilito l’anno (il 570 a.C.) e il luogo (l’isola di Lesbo), hanno calcolato che il 25 gennaio Saffo avrebbe visto le Pleiadi tramontare proprio a mezzanotte. Una data antecedente, dunque, con un tramonto più tardivo, è da escludere. Nei giorni successivi, invece, le “Sette sorelle” sarebbero sparite all’orizzonte sempre prima. Ma fino a quanto prima poteva riferirsi il riferimento temporale? «Il problema dell’orario è complicato, perché all’epoca non avevano certo orologi meccanici accurati come i nostri», osserva Cuntz. «Al massimo, potevano forse disporre d’orologi ad acqua. Per questa ragione, abbiamo calcolato anche l’ultima data entro la quale le Pleiadi sarebbero state visibili, da quel luogo, durante la serata». Ed è applicando questo secondo criterio che sono giunti a stabilire il limite superiore dell’intervallo stagionale: il 31 marzo, appunto.

È un risultato di qualche interesse? Tempo sprecato? Rispetto a prima, in fin dei conti, di più non sappiamo se non che quei versi furono scritti sul finire dell’inverno, quando la primavera mediterranea cominciava appena a diffondere i suoi effluvi nella notte. Come risultato in sé, pare davvero modesto. Ma se una notte d’inverno un viaggiatore, o una viaggiatrice, si troverà mai a soffrire e desiderare, e contemplare, dalla buia spiaggia di Skala Ereso, quello stesso cielo, quelle stesse Pleiadi scomparire all’orizzonte, e con esse la giovinezza, chissà. Forse anche questi bizzarri calcoli astronomici troveranno un senso.

Per saperne di più:

Ascolta i versi del frammento di Saffo cantati in greco antico: