Capita spesso che una scoperta scientifica avvenga anche molti anni dopo una serie di osservazioni non comprese all’epoca in cui sono state realizzate, che avrebbero invece potuto aprire in anticipo un nuovo filone di ricerca. È questo il caso di un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Publications of the Astronomical Society of the Pacific e firmato postumo da Allan Sandage.
Negli ultimi anni della sua vita Sandage, celebre astronomo statunitense scomparso nel 2010, ha lavorato a uno studio nel quale è riuscito a dipanare un mistero legato a una delle sue scoperte più importanti, relativa all’evoluzione delle stelle durante la loro vita.
Tutto ha avuto inizio nei primi anni Duemila, quando Sandage ha intrapreso uno studio sulla storia centenaria degli Osservatori di Carnegie. Durante le sue ricerche l’astronomo si è imbattuto in uno scambio inedito, avvenuto nel 1944, tra due astronomi di spicco dell’epoca. La conversazione sembrava precedere di circa un decennio i risultati ottenuti dallo stesso Sandage nei suoi studi sull’evoluzione stellare, e quindi ha suscitato l’immediato interesse dell’astronomo.
Dopo aver arruolato Steven Majewski e Rachael Beaton dell’Università della Virginia, i tre ricercatori hanno lavorato per anni analizzando i documenti storici di Mount Wilson e confrontando i dati raccolti dal 1935 fino a quelli più recenti di Hipparcos che riguardavano stelle chiamate “subgiganti”. «Nonostante la sua salute in declino, abbiamo lavorato molto duramente nei mesi precedenti alla scomparsa di Allan, scambiandoci lettere e ricevendo da lui molti commenti scritti a mano sull’articolo che prendeva forma», dice Beaton.
Le subgiganti godevano di particolare interesse da parte di Sandage, perché gli hanno permesso di realizzare un importante passo avanti nel campo dell’evoluzione stellare negli anni ‘50 del secolo scorso. La scoperta di Sandage ha a che fare con il modo in cui si distribuiscono le stelle di uno stesso ammasso quando vengono inserite in un grafico che tiene conto del loro colore e della loro luminosità. Questo tipo di diagrammi, chiamati colore-magnitudine, furono sviluppati all’inizio del 1900 e producono una serie di tracce facilmente distinguibili, che assumono forme e posizioni differenti a seconda delle fasi evolutive che stanno attraversando le stelle osservate. Grazie a questi diagrammi gli astronomi possono decodificare molte proprietà di un sistema stellare sfruttando questi due parametri osservativi.
Le stelle bruciano la materia di cui sono composte e producono luce. Le stelle più massicce bruciano più rapidamente il loro carburante e sono più brillanti e viceversa quelle meno massicce. Ogni stella, mentre evolve, si muove lungo il diagramma colore-magnitudine e passa dalla cosiddetta “sequenza principale”, che corrisponde alla fase di bruciamento dell’idrogeno, ad altri segmenti del grafico.
Sandage è riuscito a dimostrare che i segmenti presenti in questo diagramma sono una conseguenza dell’evoluzione naturale di una stella. Gli scienziati sapevano già come doveva apparire un ammasso stellare posto su un grafico simile, ma non sapevano come legare tra loro i diversi rami tracciati dalle stelle. La chiave è stata utilizzare le subgiganti come fase intermedia tra le longeve stelle di sequenza principale e le più brillanti giganti rosse: questa intuizione ha permesso a Sandage e ai suoi colleghi di costruire le basi per la teoria dell’evoluzione stellare, che è oggi uno degli strumenti più potenti per comprendere meglio l’Universo.
Ciò che Sandage ha scoperto negli scambi di lettere tra George Gamow e Walter Adams è che in una delle sue lettere Gamow includeva una figura disegnata a mano con la quale anticipava di una decina di anni le teorie di evoluzione stellare.
La lettera era stata influenzata da un catalogo che comprende più di 4.000 stelle raccolte in oltre 20 anni di osservazioni effettuate presso l’Osservatorio di Mount Wilson. Questo catalogo è rimasto il più esteso esistente al mondo fino al 1990, e al suo interno erano state identificate 90 subgiganti, sebbene la classificazione fosse stata all’epoca ignorata dalla comunità scientifica per critiche sulla qualità delle immagini raccolte e dunque sul loro valore scientifico. Sandage, Beaton e Majewski hanno analizzato tutte le misurazioni raccolte per le 90 subgiganti, confrontandole con dati più recenti, e hanno potuto confermare che le misure originali erano accurate e precise.
«In realtà Gamow si era reso conto della bontà della sua “congettura”», spiega ai microfoni di Media INAF Santi Cassisi, ricercatore presso l’Osservatorio Astronomico di Teramo dell’INAF, «a parte qualche punto in cui i calcoli evolutivi hanno mostrato che le cose non vanno esattamente come pensava lui, la sua teoria è corretta ed è quella che confermiamo con i nostri modelli stellari e che è scritta nel libri di testo moderni. Il punto è che la sua è rimasta una congettura per molti anni perché gli osservativi non hanno creduto alla bontà delle misure di stelle subgiganti fatte a Mount Wilson. Invece Sandage in questo articolo ha dimostrato che non solo le misure erano corrette, ma sono in sostanziale accordo pure con quelle molto più recenti di Hipparcos.
«Se si considera il fatto che l’esistenza delle subgiganti è stata ritenuta corretta dagli osservativi solo negli anni ‘50, cioè circa 20 anni dopo la scoperta fatta a Mount Wilson, è evidente che c’è stato un notevole rallentamento dello sviluppo della teoria dell’evoluzione stellare», prosegue Cassisi. «La lettera di Gamow risale al 1944, dunque ci sono almeno stati almeno 6-10 anni di ritardo. È difficile immaginare quali possano essere le implicazioni di questo ritardo sullo sviluppo della teoria dell’evoluzione stellare. Bisogna tenere conto che gran parte dello sviluppo di questa teoria è avvenuto nel dopoguerra, a seguito della disponibilità di elaboratori elettronici e calcoli essenziali come per esempio le opacità stellari (i primi calcoli di opacità sono stati realizzati a Los Alamos durante lo sviluppo della bomba atomica). Quindi, alla fine, 5-10 anni di latenza per riconoscere la reale esistenza delle subgiganti e la corrispondente conseguenza sulla nostra interpretazione di come le stelle si evolvano non è un ritardo drammatico se inserito in quell’epoca. Questo fatto, tra l’altro, mi ricorda un avvenimento molto simile: nel 1967 Thomas predisse l’esistenza di un accumulo di stelle (detto bump) lungo il ramo delle giganti rosse nei diagrammi colore-magnitudine degli ammassi stellari vecchi e questo fu confermato dagli osservativi solo molti anni dopo».
Beaton e Majewski hanno insistito affinché il primo nome dell’autore fosse riconosciuto a Sandage, poiché l’idea era scaturita da lui, così come sue erano state le prime bozze del manoscritto. «Gran parte degli approfondimenti storici inclusi nell’articolo non sarebbero stati possibili senza l’enorme conoscenza di Allan dell’argomento. Per non parlare del suo coinvolgimento diretto con molti degli eventi che descrive e chiarisce», commenta John Mulchaey, direttore degli Osservatori della Carnigie.
Per saperne di più:
- Leggi su Publications of the Astronomical Society of the Pacific l’articolo “Comparison of Hipparcos Trigonometric and Mount Wilson Spectroscopic Parallaxes for 90 Subgiants that Defined the Class in 1935” di Allan Sandage, Rachael L. Beaton e Steven R. Majewski