Fino ad oggi si pensava che le crepe osservate sulla superficie di lune ghiacciate, come ad esempio quelle di Caronte, luna di Plutone, fossero il risultato di processi geodinamici, tipo la tettonica a zolle. Un modello sviluppato da ricercatori dell’Università di Rochester potrebbe fornire una nuova spiegazione, suggerendo che alla base della presenza di fratture ci sia l’incontro ravvicinato con un altro corpo celeste.
Sappiamo da tempo che i crateri visibili su lune e pianeti rocciosi sono causati dall’impatto con altri corpi, e risalgono a miliardi di anni fa. Ma per ogni scontro e graffio, ci sono stati un numero molto maggiore di incontri ravvicinati. Un team di ricercatori guidato da Alice Quillen, professoressa di fisica e astronomia a Rochester, ha sviluppato un nuovo modello grazie al quale è possibile dimostrare che le forze mareali esercitate da un oggetto celeste possono essere sufficienti a rompere la superficie di una luna ghiacciata. «Questo studio potrebbe offrire una possibile spiegazione per le fratture presenti su Marte», ritiene Quillen, «ma è un contesto più complesso da modellare».
Le lune ghiacciate mostrano un comportamento allo stesso tempo elastico e fragile, che Quillen definisce simile a un Silly Putty (un giocattolo a base di polimeri siliconici con proprietà fisiche particolari: si rompe quando gli viene dato un colpo secco e può allo stesso tempo comportarsi come un fluido). «Se prendi un Silly Putty e lo getti a terra, questo rimbalza, dimostrando proprietà elastiche», dice Quillen, «ma se lo tiri con forza maggiore, finirà per rompersi in mille pezzi».
Per simulare questo comportamento, Quillen e i suoi colleghi hanno modellato le lune ghiacciate come se il loro interno fosse composto da molti corpi collegati tra loro da molle. I problemi a n-corpi sono spesso utilizzati per comprendere l’effetto della forza di gravità su pianeti e stelle, ma questo approccio non era mai stato utilizzato per modellare l’interno di un corpo astronomico.
«Per simulare l’interno delle lune ghiacciate mi sono ispirata a un codice di computer grafica», spiega Quillen. «Studiare l’interno delle lune è simile al problema di modellare gli schizzi di sangue in un gioco al computer, mentre la crosta ghiacciata è trattata in modo analogo alle simulazioni dei movimenti dei vestiti. Inoltre mi sono assicurata che la fisica fondamentale del sistema fosse rispettata».
Per essere sicura che il suo modello tenesse in considerazione le giuste proprietà dei materiali che compongono le lune, Quillen ha collaborato con Cynthia Ebinger, professoressa di scienze della terra presso l’Università di Rochester. «Ho colto al volo l’opportunità di prendere in considerazione un’alternativa alla tettonica a placche, ovvero quella teoria che spiega i terremoti, i vulcani e le placche in movimento sulla Terra», spiega Ebinger. «Il mio ruolo è stato quello di controllare la correttezza del modello di Alice, e la scelta dei parametri utilizzati».
Nell’articolo, che sarà pubblicato sulla rivista scientifica Icarus, Quillen afferma che le forze mareali intense possono causare crepe sulle lune ghiacciate, come quelle osservate su Caronte, luna di Plutone, Dione e Teti di Saturno, e Ariel di Urano.
Il fattore chiave per determinare se una crepa si possa o meno verificare è la velocità di deformazione. Se il corpo che esercita la sua attrazione sulla luna lo fa con l’intensità giusta, è possibile che al superficie ghiacciata non sia in grado di sostenerla, finendo per formare crepe e fratture.
In uno studio dello stesso gruppo di ricerca, pubblicato di recente sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Quillen ha dimostrato che i suoi modelli sono in linea con le misure di aumento e diminuzione della velocità di rotazione di un oggetto in orbita attorno ad un altro.
Per saperne di più:
- Leggi su Icarus l’articolo “Crustal Failure on Icy Moons from a Strong Tidal Encounter” di Alice C. Quillen, David Giannella, John G. Shaw e Cynthia Ebinger