La massa di prova a bordo di LISA Pathfinder, una delle componenti fondamentali del futuro osservatorio spaziale per lo studio delle onde gravitazionali, ha superato con successo una serie di test, avvicinandosi così, come mai vi era riuscito prima alcun altro dispositivo costruito dall’uomo, alla vera esperienza della caduta libera dei gravi nello spazio. Il cuore dell’esperimento Laser Interferometer Space Antenna (LISA) Pathfinder consiste di un cubo di 2 Kg, fatto di una lega estremamente pura di oro e platino, che fluttua nello spazio quasi completamente libero da forze esterne ad eccezione della gravità. Lo scopo della missione dell’ESA è quello di monitorare la sua posizione sotto l’influenza della gravità e dimostrare come un sistema basato sull’utilizzo di cubi fluttuanti nello spazio sia in grado di far funzionare un osservatorio spaziale per rivelare segnali gravitazionali, dovuti alla collisione di buchi neri supermassivi o prodotti da altri eventi esotici violenti e di alta energia, che sarebbe impossibile studiare da Terra (basti pensare che le fluttuazioni dello spaziotempo sono piccolissime nel momento in cui arrivano nei laboratori terrestri, più piccole di una parte su 1020). Al programma partecipano vari istituti di ricerca della Francia, Germania, Italia (fondamentale il contributo alla missione dell’ASI, dell’INFN e dell’Università di Trento), Olanda, Spagna, Svizzera e Gran Bretagna, oltre che la NASA. I primi risultati di questi test sono riportati su Physical Review Letters.
La massa di prova in caduta libera è stata inserita all’interno della sonda LISA Pathfinder, che la protegge come uno scudo. La sonda venne lanciata il 3 dicembre scorso raggiungendo agli inizi di febbraio il suo punto operativo (Punto Lagrangiano 1, o L1) situato a circa 1,5 milioni di Km verso il Sole. Nel punto L1 le attrazioni gravitazionali della Terra e del Sole sono tali che gli oggetti descrivono orbite simili a quelle dei satelliti attorno alla Terra. La missione vera e propria ha avuto inizio il primo marzo e rappresenta un test di fondamentale importanza per quei sistemi che saranno incorporati nelle tre sonde che costituiranno l’osservatorio spaziale eLISA (Evolved Laser Interferometer Space Antenna), il cui lancio è previsto nel 2034.
L’osservatorio eLISA seguirà un’orbita attorno al Sole alla distanza di circa 50 milioni di Km dalla Terra. Ogni sonda conterrà due masse di prova, come quella che è attualmente operativa su LISA Pathfinder. Per rivelare eventuali segnali riconducibili alle onde gravitazionali, le masse di prova dovranno essere protette da qualsiasi possibile sorgente di disturbo durante il volo. Un ostacolo è dato, ad esempio, dalla radiazione solare, ma anche dal vento solare: producono forze tali da perturbare il movimento delle masse di prova al punto da sovrapporsi ai segnali gravitazionali. Per testare questi sistemi di protezione, LISA Pathfinder è equipaggiata con una rete di propulsori posizionati attorno alla massa di prova. Su ogni lato del cubo, che costituisce la massa di prova, sono presenti degli elettrodi adiacenti che rivelano le posizioni relative della massa di prova e della sonda. Inoltre, i dispositivi di schermatura assicurano che la sonda si muova in modo da permettere alla massa di prova di seguire il più possibile indisturbata la sua traiettoria orbitale.
Per la missione eLISA, saranno utilizzati interferometri laser per misurare la separazione della singola coppia di masse di prova, la loro posizione e l’orientamento relativo a ciascuna coppia e al satellite. Ciascuna delle tre coppie di masse di prova sarà racchiusa nelle rispettive sonde, che voleranno in configurazione triangolare a una distanza reciproca di circa un milione di chilometri. Minuscole variazioni della distanza che separa le coppie di masse di prova indicheranno il passaggio di un’onda gravitazionale.
Anche la sonda LISA Pathfinder contiene una seconda massa di prova, che assieme alla sua gemella forma l’equivalente in scala di una parte della formazione triangolare di eLISA. Le due masse cubiche, di lato pari a 46 mm, si trovano a 38 cm l’una dall’altra, una distanza milioni di volte troppo piccola per rivelare onde gravitazionali, ma sufficiente per testare la parte tecnica di quei sistemi che alla fine costituiranno il vero e proprio osservatorio spaziale eLISA. Il lavoro della sonda è quello di schermare i due cubi da perturbazioni esterne, aggiustando continuamente la sua posizione per evitare il loro contatto. L’esperimento ha mostrato che nell’intervallo di frequenze 60 mHz – 1 Hz, che sarà monitorato da eLISA, il moto relativo delle due masse di prova riguarda accelerazioni che sono inferiori a una parte su dieci milionesimi di miliardesimo dell’accelerazione gravitazionale terrestre (il che corrisponde al peso di un virus). C’è da aggiungere che nonostante il complicato sistema di protezione da forze spurie, il satellite LISA Pathfinder non scherma perfettamente la massa di prova. Ad ogni modo, il cubo viene effettivamente protetto decine di migliaia di volte meglio rispetto ad ogni altro esperimento condotto in precedenza sulla caduta libera dei gravi.
Insomma, gli esperimenti condotti sulle masse di prova nella missione LISA Pathfinder hanno raggiunto risultati di livello straordinario, e con una precisione cinque volte migliore rispetto a quella richiesta originariamente. Risultati che sono sostanzialmente quelli richiesti per implementare un osservatorio spaziale per lo studio delle onde gravitazionali. «Questo risultato è un avanzamento di alcuni ordini di grandezza nelle nostra capacità di mettere masse di prova in caduta libera nello spazio», spiega a Media INAF Stefano Vitale dell’Università di Trento e principal investigator del LISA Technology Package (LTP). «La misura dell’accelerazione relativa di masse di prova in caduta libera è alla base della gran parte delle misure gravitazionali e, dunque, è facile prevedere che il risultato avrà un impatto anche al di là del campo dell’astronomia gravitazione. Un esempio, fra gli altri, nel campo dell’osservazione della Terra, sono le missioni che tracciano la mappa del campo gravitazionale terrestre. Ma certamente di gran lunga l’impatto più importante è il via libera, atteso da anni, per LISA e per l’astronomia gravitazionale dallo spazio. LISA è un osservatorio di alta precisione e capace di rivelare sorgenti nell’Universo profondo, fino al Big Bang. L’alta precisione ne fa un anche un laboratorio di fisica fondamentale, permettendo di studiare in dettaglio la gravità in un regime in cui essa è la forza dominante e di verificare i limiti della Relatività Generale. Dunque una missione di portata storica per la nostra conoscenza dell’Universo».
Gli osservatori spaziali, come eLISA, faranno da complemento agli attuali laboratori terrestri per rivelare segnali gravitazionali di bassa frequenza inaccessibili da Terra. I segnali visti di recente da LIGO hanno frequenze comprese tra 10 Hz e diverse migliaia di Hz, ma le onde gravitazionali coprono uno spettro più ampio. In particolare, le onde di frequenze più basse sono prodotte da eventi esotici come la collisione di buchi neri supermassivi causata da interazioni galattiche. Misurare i segnali prodotti da questi eventi a basse frequenze, tra 0.1 mHz e 1 Hz, richiede di misurare minuscole fluttuazioni nella distanza tra oggetti separati da milioni di chilometri. Questo può essere fatto soltanto nello spazio, dove un osservatorio si trova in una situazione libera da qualsiasi perturbazione o disturbo che potrebbe essere causato da rumori sismici, termici o geofisici che limitano la sensibilità dei rivelatori posti sulla superficie terrestre. In definitiva, possiamo dire che LISA Pathfinder ha superato i test chiave tecnologici e ha aperto la strada per la realizzazione di un osservatorio spaziale come eLISA, la terza missione di “classe maggiore” (L3) del programma Cosmic Vision dell’ESA.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Sub-Femto-g Free Fall for Space-Based Gravitational Wave Observatories: LISA Pathfinder Results“, di M. Armano et al.
Guarda il servizio su INAF-TV, con Fernando Ferroni (INFN) e Barbara Negri (ASI):