Immaginate una cometa come un bolide spaventoso e duro come la roccia? Non è esattamente cos., Piuttosto si tratta di un gigantesco corpo di ghiaccio e polvere che – contrariamente a quanto si pensi – è decisamente effimero, soprattutto quando passa in prossimità del Sole. Ed è proprio il calore della radiazione solare a provocare la chioma (e la coda) della cometa che è nell’immaginario di tutti. Ma non è l’unico fenomeno che porta all’erosione della cometa. Il processo di frammentazione (o splitting) è un altro degli eventi che portano alla completa disintegrazione e alla successiva estinzione di un nucleo cometario. Di recente un gruppo di ricercatori professionisti e astrofili amatori è riuscito a osservare un fenomeno piuttosto raro: per la prima volta i telescopi a terra hanno registrato lo splitting di una cometa non a causa del calore del Sole, bensì dell’elevata velocità di rotazione.
«La frammentazione è avvenuta a grande distanza dal Sole, dove fenomeni dovuti all’emissività di gas sono piuttosto improponibili, pertanto (anche a seguito di altro tipo di osservazioni) dovremmo essere in presenza di un evento dovuto solo alla velocità rotazionale, che abbiamo anche individuato per via fotometrica. Questo, perciò, dovrebbe essere il primo caso acclarato di frammentazione non dipendente da fenomeni interni al nucleo cometario», dice Federico Manzini, astrofilo presso la Stazione Astronomica di Sozzago (NO) e la Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate (VA) nonché primo autore di un articolo pubblicato su Planetary and Space Science a cui hanno partecipato molti italiani.
Il gruppo di professionisti e amatori ha studiato nello specifico la cometa C/2011 J2 (LINEAR), un oggetto della fascia di Kuiper scoperto il 4 maggio 2011, e ha potuto osservare un evento di frammentazione multipla del nucleo primario alla considerevole distanza di 4 unità astronomiche dal Sole (una UA corrisponde alla distanza media Terra-Sole cioè circa 150 milioni di chilometri). Gli esperti hanno deciso di approfondire, perché non capita spesso che a quella distanza il Sole provochi un riscaldamento tale da innescare la rottura del nucleo. Per questo si è pensato allo splitting dovuto alla velocità di rotazione, che ha letteralmente mandato in frantumi la cometa.
Per ottenere le immagini di questa cometa sono state effettuate riprese presso differenti osservatori con telescopi con una risoluzione spaziale fra 0,57 e 1,23 arcsec/pixel, vale a dire valori ideali per studiare la morfologia della chioma interna delle comete e l’area attorno al nucleo. Le immagini con maggiore risoluzione (tra 0,21 e 0,30 arcsec/pixel) sono state riprese da grandi telescopi (Pic du Midi, Francia; Telescopio Nazionale Galileo, Isole Canarie) o trovate in archivi pubblici (Faulkes North, Haleakala, Hawaii; Liverpool telescope, Isole Canarie). Le osservazioni sono iniziate il 27 agosto 2014 (data della scoperta della frammentazione) e terminate l’11 dicembre 2014: la cometa è stata seguita per 121 giorni per un totale di 69 ore di posa. Fra gli osservatori coinvolti spiccano il TNG e l’Osservatorio di Asiago dell’INAF, nello specifico il riflettore Copernico di 1,82 m e il riflettore Schmidt di 67/91 cm.
Manzini ha aggiunto: «I corpi cometari sono piuttosto “fragili” e questo viene mostrato anche dalla loro densità parecchio bassa. Può darsi che nel nucleo vi siano aree dove il materiale primigenio si è aggregato con maggiore densità, separate da “volumi” vuoti che possono essere riempiti, come una pentola a pressione, da gas in espansione che riescono a spezzare il nucleo stesso in più parti se raggiungono la pressione critica. Al tempo stesso, questi “vuoti” sono punti di minore coesione, dove sarebbe più facile (mica tanto) a prodursi una frammentazione se la velocità rotazionale raggiunge taluni valori. Le nostre osservazioni ad Asiago sono iniziate dopo aver comunicato con la CBET 3979 la scoperta dell’osservazione di due nuclei che afferivano alla C/2011J2 e che mostravano di percorrere orbite simili. Ad Asiago si sono utilizzati il telescopio Copernico, quanto lo Schmidt, quest’ultimo per un lavoro di osservazione continuata nel tempo, per permettere la raccolta di precisi dati astrometrici circa il movimento relativo dei due nuclei».
I ricercatori hanno spiegato che, al momento della scoperta della frammentazione, la cometa si trovava a 4,1 UA dal Sole e la sua chioma misurava circa 90 mila chilometri di diametro mentre la distanza fra i due nuclei era già attorno ai 20 mila chilometri: la separazione doveva essere avvenuta da alcune settimane. «Le riprese di comete per il grande pubblico sono normalmente dirette ad evidenziare la coda, l’estensione della chioma o i colori di una cometa», spiega il primo autore dello studio. «Nel caso della C/2011J2, dovevamo osservare un oggetto a grande distanza dal Sole, circa 4 AU, con bassa emissività, tanto da poterla collocare come cometa poco attiva. Anche la produzione di acqua al perielio, valutata in 110 chilogrammi al secondo, è una quantità modesta in accordo con la bassa attività mostrata. Le riprese sono state quindi indirizzate all’acquisizione di immagini profonde, anche ben oltre magnitudine 21; una ultima sessione osservativa, specifica per la ricerca di frammenti ulteriori, ha visto l’uso dello Schmidt per un tempo totale di posa di circa 4 ore un anno dopo l’evento primario; in quel caso si è quasi raggiunta magnitudine 21,8».
Insomma, gli esperti hanno potuto osservare in differita la frantumazione di una cometa, impresa notevole se pensiamo che il tutto è stato fatto dalla Terra e che nessuno (ma mai dire mai) è ancora mai “atterrato” su una cometa!
Per saperne di più:
- “Comet C/2011 J2 (LINEAR) nucleus splitting: Dynamical and structural analysis”, pubblicato su Planetary and Space Science. Gli autori sono Oldani e Manzini, Stazione Astronomica di Sozzago (NO) e la Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate (VA), Crippa, Fondazione Osservatorio Astronomico di Tradate, Hirabayashi, Purdue University, West Lafayette, (Indiana-USA), Behrend, Geneva Observatory, Geneva (Svizzera), Ochner, INAF Astronomical Observatory of Padova (Italia), P. Navarro Pina, Asociacion Astronomica de Mula (Murcia, Spagna), Haver, Osservatorio di Frasso Sabino (Italia), Baransky, Astronomical Observatory of Kyiv University (Ucraina), Bryssinck, BRIXIIS Observatory, Kruibeke (Belgio), De Queiroz, Sternwarte Mirasteilas, Falera (Swizzera), Frappa, Saint-Etienne Planetarium (Francia), Lavayssiere, Observatoire de Dax (Francia)
- I telescopi usati sono situati in questi osservatori: Asiago (riflettore Copernico 1,82 m, Italia), Asiago (riflettore Schmidt 67/91 cm, Italia), Brixiis (riflettore 0,4 m, Belgio), Faulkes North (riflettore 2 m, Hawaii, USA), FOAM13 (riflettore 0,65 m, Italia), Frasso Sabino (SCT 0,37 m, Italia), Kyiv Comet Station (riflettore 0,7 m, Ucraina), Liverpool Telescope (riflettore 2 m, La Palma, Spagna), Pic du Midi (riflettore 1,05 m, Francia), Stazione Astronomica di Sozzago (riflettore 0,4 m, Italia), Telescopio Nazionale Galileo TNG (riflettore 3,6 m, isole Canarie, Spagna).