Sul pianeta Venere, lo sappiamo bene ormai, i venti che imperversano nella sua densa atmosfera sono così impetuosi da raggiungere velocità di alcune centinaia di chilometri all’ora. Ora però alcuni ricercatori guidati da Glyn Collinson, scienziato del centro NASA di Greenbelt, nel Maryland (USA), analizzando i dati dello strumento ASPERA-4 a bordo della missione Venus Express dell’ESA, hanno scoperto un altro vento, molto più tenue e di tutt’altra natura, che riesce a strappare via dagli strati più esterni dell’atmosfera venusiana una significativa quantità di ioni. A generare questo vento è il campo elettrico del pianeta stesso, la cui intensità è sufficiente, stando alle conclusioni dei ricercatori pubblicate in un articolo sulla rivista Geophysical Research Letters, ad accelerare gli atomi ionizzati dell’ossigeno che compongono le molecole d’acqua a velocità sufficienti per sfuggire definitivamente alla forza di attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta, perdendosi così nello spazio.
«Non avevamo mai immaginato che un vento “elettrico” potesse essere tanto intenso da riuscire a risucchiare via da un’atmosfera planetaria l’ossigeno» dice Collinson. «Questo è un aspetto che bisognerà tenere in seria considerazione quando si vanno a cercare pianeti potenzialmente abitabili al di fuori del Sistema solare».
Tra i pianeti del Sistema solare, Venere è più simile alla Terra per dimensioni e forza di gravità, e ci sono prove convincenti che nella sua storia passata abbia avuto oceani d’acqua. Acqua che poi è evaporata a causa della temperature che oggi sulla sua superficie sfiora i 500 gradi Celsius. Eppure, quest’abbondanza d’acqua non si riscontra nell’atmosfera del pianeta, assai spessa e densa, che possiede tra diecimila e centomila volte meno molecole d’acqua rispetto a quella terrestre.
Un’anomalia dovuta, secondo gli scienziati, all’esistenza un processo che ha rimosso gran parte di queste molecole dall’atmosfera venusiana. Finora il maggiore indiziato era il vento solare, ma le nuove indagini del team di Collinson puntano il dito sul campo elettrico del pianeta.
Gli scienziati hanno misurato che Venere perde circa 100 tonnellate l’anno di materiale dalla sua atmosfera attraverso questo processo. Un valore che può sembrare piccolo in relazione alla stazza del pianeta, ma che porta a cifre tutt’altro che trascurabili se si considera il suo effetto cumulativo nel corso dei miliardi di anni di esistenza del corpo celeste. In particolare, il team ha rilevato che questo flusso di particelle sia dovuto a un campo elettrico molto più elevato di quanto si ritenesse finora, almeno cinque volte maggiore di quello della Terra.
«Nonostante la missione Venus Express sia formalmente conclusa, di certo i risultati che continua a fornirci attraverso i preziosi dati acquisiti non si fermano affatto e, anzi, continuano a sorprenderci» commenta Giuseppe Piccioni, dell’INAF-IAPS di Roma, principal investigator di dello spettrometro VIRTIS a bordo di Venus Express. «Il fatto che su Venere ci sia stata in passato una enorme quantità di acqua è ormai fatto consolidato, così come lo era il fatto di aver molto probabilmente disperso gran parte di quest’acqua nello spazio profondo attraverso il meccanismo di estrazione del vento solare in assenza di campo magnetico proprio. Ciò lo avrebbe fatto diventare oggi decine di migliaia di volte più secco della nostra Terra attuale. Qualcosa tuttavia non tornava nei conti, ed il meccanismo di dispersione in un rapporto quasi perfetto di 2 a 1 tra ioni idrogeno ed ossigeno (ovvero H2O) sembrava fin troppo efficiente. In effetti, il tassello del puzzle è stato trovato con questo studio in un complesso meccanismo denominato “electric wind” che gioca un ruolo essenziale nella dispersione degli ioni, tanto che porterebbe a disperderli in modo efficiente senza necessariamente richiedere il contributo del vento solare. Fatto sorprendente è che questo fenomeno risulta ben cinque volte più efficiente a Venere che sulla Terra, tanto da risultare potenzialmente importante per tutti i pianeti (ed esopianeti) in particolare dal punto di vista della loro evoluzione e quindi anche della potenziale abitabilità».
Per saperne di più:
- Leggi su Geophysical Research Letters l’articolo “The electric wind of Venus: A global and persistent “polar wind”-like ambipolar electric field sufficient for the direct escape of heavy ionospheric ions“, di Glyn A. Collinson, Rudy A. Frahm, Alex Glocer, Andrew J. Coates, Joseph M. Grebowsky, Stas Barabash, Shawn D. Domagal-Goldman, Andrei Fedorov, Yoshifumi Futaana, Lin K. Gilbert, George Khazanov, Tom A. Nordheim, David Mitchell, Thomas E. Moore, William K. Peterson, John D. Winningham e Tielong L. Zhang