Può capitare che una pulsar sia circondata da una nube di gas modellata dal vento della pulsar stessa, chiamata anche pulsar wind nebula. Nel caso delle magnetar, una classe di pulsar caratterizzata da campi magnetici estremi, non era mai stata trovata un’associazione con una nebulosa simile. Di recente, però, un team di astronomi ha scovato per la prima volta una grande nube di particelle ad alta energia nei dintorni proprio di una magnetar. La scoperta apre nuovi scenari per lo studio di queste particolarissime stelle, che racchiudono in sé i magneti più potenti dell’Universo.
Una pulsar è una stella di neutroni, ovvero il nucleo compresso di una stella massiccia che, trovatasi a corto di carburante, è collassata sotto il proprio peso ed è esplosa come una supernova. Una stella di neutroni contiene in media una volta e mezza la massa del Sole, inclusa entro un raggio di circa 20 km. Più o meno come infilare il Sole all’interno del Grande Raccordo Anulare di Roma. Le pulsar prendono il loro nome dal fatto che producono luce pulsata, emettendo onde radio o raggi X e gamma a partire dai poli del loro campo magnetico, che è inclinato rispetto all’asse di rotazione della pulsar stessa. Quando la stella ruota i poli magnetici ruotano con lei, e gli strumenti da Terra rilevano gli impulsi periodici, come se la pulsar fosse un faro cosmico.
I campi magnetici delle pulsar vanno normalmente da 100 a 10 mila miliardi di volte rispetto a quello terrestre. Quelli delle magnetar, invece, possono raggiungere valori un migliaio di volte superiori a quelli delle pulsar, e i ricercatori che le studiano non conoscono in dettaglio i canali con cui riescono a generarli. Su 2.600 stelle di neutroni note, a oggi solo 23 sono classificate come magnetar.
La nube appena scovata circonda la magnetar chiamata Swift J1834.9-0846, in breve J1834.9, che è stata a sua volta scoperta dal satellite Swift della NASA il 7 agosto 2011 grazie ad una sua breve e intensa emissione nei raggi X. Gli astronomi ritengono che l’oggetto sia associato con il resto di supernova W41, che si trova a circa 13.000 anni luce da noi in direzione della costellazione dello Scudo, verso la regione centrale della nostra galassia.
«In questo momento non sappiamo come J1834.9 si sia sviluppata e continui a mantenere una pulsar wind nebula, caratteristica che contraddistingue di solito le pulsar giovani», dice George Younes, ricercatore post-dottorato presso la George Washington University e primo autore dell’articolo. «Se il processo è simile a quello che conosciamo, circa il 10 percento della perdita di energia rotazionale della magnetar va ad alimentare il bagliore della nebulosa, e si tratterebbe della più alta efficienza mai osservata per un sistema simile».
Un mese dopo la scoperta effettuata con Swift, il team di ricercatori guidato da Younes ha raccolto un’altra osservazione di J1834.9 utilizzando il telescopio a raggi X dell’ESA chiamato XMM-Newton. Grazie a questa osservazione è stato rilevato un bagliore esteso di circa 15 anni luce di dimensioni, centrato sulla magnetar. Altre osservazioni sono state raccolte con XMM-Newton a marzo e a ottobre del 2014, e insieme ad altri dati d’archivio di XMM-Newton e Swift, è stato possibile confermare che quel bagliore corrisponde alla prima pulsar wind nebula mai identificata nei dintorni di una magnetar.
«La questione più interessante, a mio parere, è capire come mai solo questa magnetar presenti una nebulosa. Una volta trovata la risposta a questo, potremmo anche arrivare a capire cosa rende una stella di neutroni una magnetar e cosa la fa rimanere una pulsar normale», dice Chryssa Kouveliotou, professoressa della George Washington University e co-autrice dello studio.
Una delle pulsar wind nebula più famosa si trova all’interno del resto di supernova nota come Nebulosa del Granchio ed è alimentata di una pulsar di circa mille anni di età. Le pulsar così giovani ruotano rapidamente su loro stesse, anche decine di volte al secondo. La rotazione rapidissima della pulsar e l’intenso campo magnetico collaborano all’accelerazione di elettroni e altre particelle elementari spingendole ad energie molto alte. Questo crea un flusso che gli astronomi chiamano “vento” della pulsar (pulsar wind), che dà vita alla nebulosa.
«Per ottenere una pulsar wind nebula c’è bisogno di grandi flussi di particelle, così come di un meccanismo per contenere il deflusso, in modo che il materiale non si disperda nello spazio», spiega Alice Harding, astrofisica del Goddard Space Flight Center della NASA e co-autrice dell’articolo. «Immaginiamo che il guscio in espansione del resto di supernova funzioni come una bottiglia, che confina il deflusso del gas per qualche migliaio di anni. Quando il guscio si espande abbastanza, diventa troppo debole per trattenere le particelle, che tendono a fuoriuscire e la nebulosa svanisce». Questo spiega perché le pulsar wind nebula non si trovino attorno alle pulsar più vecchie, anche quelle con intensi flussi di emissione.
Per produrre luce e generare il suo vento, una pulsar ha bisogno di attingere alla sua energia rotazionale. Le intense e improvvise emissioni delle magnetar sono invece alimentate dall’energia immagazzinata nel loro campo magnetico estremo. Quando questo campo magnetico si riconfigura, la magnetar rilascia in poco tempo un grande quantitativo di energia, visibile come un’intensa luce nei raggi X e gamma. Così, se da un lato ci aspettiamo che le magnetar non siano in grado di emettere un vento costante come molte altre pulsar, durante le loro improvvise esplosioni possono generare brevi e intensi flussi di particelle.
«La nebulosa attorno a J1834.9 raccoglie i deflussi energetici della magnetar lungo tutta la sua attività, a partire da molte migliaia di anni fa», spiega Jonathan Granot, professore associato presso la Open University di Ra’anana e membro del team che ha effettuato la scoperta. «Questa nube rappresenta un’opportunità unica per studiare l’attività della magnetar nell’arco della sua vita. Per un teorico come me è come se avessero aperto un nuovo parco giochi».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The wind nebula around magnetar Swift J1834.9-0846” di G. Younes, C. Kouveliotou, O. Kargaltsev, R. Gill, J. Granot, A. L. Watts, J. Gelfand, M. G. Baring, A. Harding, G. G. Pavlov, A. J. van der Horst, D. Huppenkothen, E. Göğüş, L. Lin e O. J. Roberts