Siamo soli nell’universo? Questo conturbante interrogativo probabilmente non verrà mai sciolto, a causa delle immense distanze cosmiche. Tuttavia, c’è una domanda simile per la quale gli scienziati intravedono già delle risposte: siamo unici nell’universo? Un articolo pubblicato recentemente su The Astrophysical Journal illustra come il radiotelescopio Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) abbia permesso di scoprire un anello di gas e polveri contenente grandi molecole organiche in rotazione attorno a una protostella. Secondo gli autori della ricerca, questa osservazione dimostra definitivamente che materiali organici formati nello spazio interstellare sono convogliati nella zona vicina alla protostella dove si formano i pianeti.
Ma i ricercatori hanno anche scoperto che le specie molecolari trasportate nel cosiddetto disco protoplanetario variano da una protostella all’altra. La composizione chimica risulterebbe, dunque, è un nuovo modo di rispondere alla vecchia domanda se il Sistema solare sia un esempio tipico di un sistema planetario, oppure no.
Gli astronomi sanno che molecole organiche si possono formare in nubi di gas diffuso, fluttuante tra le stelle. Quando il Sistema solare si formò, 4.6 miliardi di anni fa, alcune di queste molecole organiche sono state probabilmente trasportate dallo spazio interstellare fino nel disco protoplanetario. Più tardi, queste molecole hanno svolto ruoli importanti nell’evoluzione chimica che ha portato all’emergere della vita sulla Terra.
Tuttavia, non è ancora ben noto quali tipi di molecole organiche, e in quale quantità, siano state effettivamente carpite dallo spazio interstellare. Le osservazioni radio astronomiche effettuate durante l’ultimo decennio, ad esempio, hanno mostrato come esistano molecole organiche complesse, come il metanolo (CH3OH) e il formiato di metile (HCOOCH3), attorno a protostelle paragonabili al Sole. Il potere risolutivo dei radiotelescopi utilizzati non era sufficiente a determinarne la distribuzione di queste molecole, ma ora, grazie ad Alma, è stato possibile effettuare un analisi ad alta risoluzione spaziale.
È stata osservata la protostella IRAS 16293-2422A, attorno alla quale è stata scoperta una struttura ad anello, un’aureola di molecole organiche grande 50 volte l’orbita terrestre. Una dimensione comparabile con quella del Sistema solare, il che porta gli scienziati a supporre che l’anello rappresenti proprio la regione di confine tra il gas interstellare in entrata e una struttura rotante attorno alla protostella.
Le osservazioni hanno mostrato chiaramente la distribuzione del formiato di metile e di un’altra molecola organica, il solfuro di carbonile (OCS). Risulta che il primo composto è concentrato in una zona più compatta intorno alla protostella rispetto al secondo, sparso tra il gas interstellare in entrata.
Come detto, secondo gli autori dello studio, un gruppo internazionale guidato da scienziati giapponesi, questo risultato è la prima prova diretta che materiali organici interstellari sono effettivamente immessi nella struttura del disco rotante da cui si origina un sistema planetario attorno a una stella.
In una precedente ricerca, gli stessi autori avevano individuato una similare struttura ad anello di monossido di zolfo (SO) attorno a un’altra protostella di tipo solare, L1527, nota per essere una delle più giovani stelle mai osservate a possedere un disco protoplanetario.
Sebbene la struttura fisica dell’anello attorno a L1527 sia simile a quella riscontrata in IRAS 16293-2422A, la loro composizione chimica è invece molto diversa: le molecole organiche complesse sature sono quasi completamente assenti in L1527. Secondo gli autori dei due studi, nel complesso i risultati permetto di affermare con certezza che i materiali “forniti in dote” dal gas interstellare a un sistema planetario differiscono da stella a stella. Per una comprensione approfondita dell’origine del Sistema solare e dell’origine della vita sulla Terra, risulta dunque indispensabile, secondo queste risultanze, dotarsi di una nuova prospettiva che indaghi più approfonditamente sulla composizione chimica.
«Diciamo che questa scoperta è un passo avanti verso la direzione che il Sistema solare non è probabilmente unico, ma nemmeno la regola», commenta a Media INAF Cecilia Ceccarelli dell’Istituto di planetologia e astrofisica di Grenoble (CNRS / Université de Grenoble), fra gli autori dello studio. «All’emergere della vita su un pianeta concorrono vari fattori, per esempio la formazione di un pianeta roccioso alla giusta distanza da una stella con la giusta luminosità, e così via. Il nostro studio aggiunge un altro fattore possibile: la sua storia chimica, ovvero la composizione della materia nelle primissime fasi della formazione del sistema planetario. Naturalmente, resta da dimostrare che la differenza porterà a un pianeta “morto” oppure “vivo”, ma potrebbe essere un elemento decisivo».
Per saperne di più:
- Il preprint dello studio “Infalling-Rotating Motion and Associated Chemical Change in the Envelope of IRAS 16293-2422 Source A Studied with ALMA”, di Yoko Oya, Nami Sakai, Ana López-Sepulcre, Yoshimasa Watanabe, Cecilia Ceccarelli, Bertrand Lefloch, Cécile Favre, Satoshi Yamamoto, pubblicato su The Astrophysical Journal