Un team internazionale di scienziati ha annunciato solo pochi mesi fa la scoperta di TRAPPIST-1, un sistema planetario a soli 40 anni luce dalla Terra. La caratteristica interessante di questo sistema è che ospita tre pianeti potenzialmente abitabili, mondi di dimensioni terrestri e con temperature che lasciano ben sperare circa la possibilità di ospitare la vita.
In un articolo appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature lo stesso gruppo di ricercatori riferisce che i due pianeti più interni del sistema mostrano caratteristiche compatibili con quelle di un oggetto roccioso, con atmosfere compatte, simili a quelle presenti nel Sistema solare interno. I risultati rafforzano l’ipotesi che questi pianeti possano essere effettivamente abitabili.
Lo studio, guidato da Julien de Wit, ricercatore post-doc presso il Massachussets Institute of Technology, è basato su un’analisi preliminare delle atmosfere planetarie, effettuata pochi giorni dopo l’annuncio della scoperta. Il 4 maggio scorso, il team ha fatto richiesta affinché il telescopio spaziale Hubble fosse puntato su TRAPPIST.1, poiché a distanza di pochi giorni sarebbe avvenuto un evento estremamente raro: un doppio transito, ovvero il passaggio in contemporanea di due pianeti davanti al disco stellare. La previsione è stata possibile grazie alle stime orbitali ottenute con i dati del telescopio spaziale Spitzer, con cui gli scienziati avevano già osservato il sistema.
«Abbiamo pensato che il team di Hubble avrebbe potuto accogliere la nostra richiesta, perciò abbiamo scritto la proposta in meno di 24 ore, l’abbiamo inviata, ed è stata esaminata immediatamente», racconta de Wit. «Ora abbiamo, per la prima volta, osservazioni spettroscopiche di un doppio transito, e questo ci permette di ottenere informazioni sulle atmosfere di entrambi i pianeti nello stesso momento».
Grazie ai dati forniti da Hubble, il team ha registrato infatti le variazioni di luce provenienti dalla stella dovute ai passaggi distinti di TRAPPIST-1b e c, due dei tre pianeti che – per quanto ne sappiamo – la circondano. «I dati erano assolutamente perfetti, le osservazioni sono andate meglio di quanto avessimo sperato», dice de Wit.
Le diminuzioni di intensità della luce della stella sono state osservate su una stretta gamma di lunghezze d’onda, mostrando di non variare molto nell’arco dell’intervallo investigato. Se ci fossero state variazioni significative, sarebbe stata un’indicazione a favore di atmosfere estese, simili a quelle di un gigante gassoso. I dati, invece, suggeriscono che entrambi i pianeti in transito abbiano atmosfere compatte e sottili, più simili a quelle che circondano i pianeti rocciosi.
«Ora possiamo dire che questi pianeti sono rocciosi», spiega de Wit. «La domanda quindi diventa: che tipo di atmosfera hanno?. Gli scenari possibili ci indirizzano verso qualcosa di simile a Venere, dove l’atmosfera è dominata dall’anidride carbonica, oppure un ambiente simile alla Terra, con nuvole pesanti di vapore acqueo, o ancora qualcosa di simile a Marte, con un’atmosfera che si è in gran parte consumata. Il passo successivo sarà cercare di capire quale di questi scenari si applica ai pianeti di TRAPPIST-1».
Il team di scienziati ha scoperto il sistema planetario utilizzando TRAPPIST (TRAnsiting Planets and PlanetesImals Small Telescope), un telescopio da Terra di ultima generazione, realizzato dall’Università di Liegi, Belgio, e progettato per studiare il cielo nella banda degli infrarossi. TRAPPIST è stato costruito come prototipo per lo studio di circa un centinaio di stelle nane brillanti del cielo australe, inoltre è impegnato nell’osservazione di comete e altri corpi minori del Sistema solare. Ora i ricercatori hanno costituito un consorzio, chiamato SPECULOOS (Search for habitable Planets Eclipsing ULtra-cOOl Stars), e hanno avviato la costruzione di quattro telescopi simili, ma di taglia più grande. Questo nuovo progetto permetterebbe agli scienziati di concentrarsi sulle stelle nane ultra fredde nel cielo australe. Inoltre è in fase di valutazione e raccolta fondi un’estensione del progetto anche all’emisfero boreale.
Le stelle nane ultra fredde sono stelle con temperature molto inferiori a quella del Sole, ed emettono radiazioni più intense nell’infrarosso che nel visibile. L’idea di andare a cercare pianeti in orbita attorno a stelle di questo tipo nasce dal fatto che la loro emissione è molto più debole rispetto ad altre stelle, e questo fa sì che il segnale luminoso non sia saturato dall’emissione stellare quanto lo è in altri sistemi.
Telescopi simili a TRAPPIST funzionano come un primo strumento di selezione. Avendone a disposizione un numero maggiore, gli scienziati potranno usarli per identificare sistemi simili a TRAPPIST-1, che ospitano pianeti potenzialmente abitabili, per poi eseguire osservazioni più dettagliate con strumenti come il telescopio spaziale Hubble o il James Webb Telescope, il cui lancio è previsto nell’ottobre 2018.
«Con osservazioni da parte di Hubble, o in futuro del James Webb, siamo in grado di sapere non solo che tipo di atmosfera hanno pianeti come quelli trovati nel sistema di TRAPPIST-1, ma anche come sono composte queste atmosfere», aggiunge de Wit. «E questo è molto eccitante».
«Le osservazioni dei transiti di TRAPPIST-1 sono molto interessanti perché ci dicono che i pianeti hanno un’atmosfera compatta come quella dei pianeti rocciosi del nostro Sistema solare, anche se non possiamo sapere se assomiglia di più a quella della Terra, di Marte o di Venere o se ha caratteristiche ancora diverse», spiega ai microfoni di Media INAF Giusi Micela, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo. «Ormai il numero di annunci di scoperte di sistemi abitabili o potenzialmente tali va aumentando rapidamente, anche se ancora non abbiamo trovato un pianeta identico alla Terra. D’altra parte un pianeta può essere abitabile anche se in condizioni molto diverse da quelle del nostro pianeta. Tutto sta nella definizione di abitabilità, e se esistono forme di vita che non conosciamo che possano esistere in condizioni che non possiamo neanche immaginare».
«Già sappiamo che sulla Terra esistono organismi, gli estremofili, che vivono in condizioni estreme», prosegue Micela. «Cosa possa succedere in un mondo completamente diverso è una domanda a cui oggi non siamo in grado di rispondere. Trovare forme di vita diverse può essere altrettanto interessante, se non di più, che trovare la vita come noi la conosciamo in altri pianeti. Prevedere fra quanto tempo saremo in grado di trovare la vita nei mondi alieni è difficile. Stiamo costruendo nuovi strumenti sempre più sofisticati per l’osservazione di atmosfere planetarie e in particolare per identificare indicatori della presenza di forme di vita. I tempi dipenderanno da quanto la vita è diffusa e anche, come in ogni cosa, dalla fortuna».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A Combined Transmission Spectrum of the Earth-sized Exoplanets TRAPPIST-1 b and c” di Julien de Wit, Hannah R. Wakeford, Michael Gillon, Nikole K. Lewis, Jeff A. Valenti, Brice-Olivier Demory, Adam J. Burgasser, Laetitia Delrez, Emmanuel Jehin, Susan M. Lederer, Amaury H. M. J. Triaud, Valerie Van Grootel