Siamo arrivati sulla Luna. Viviamo e lavoriamo nella Stazione spaziale internazionale. Siamo arrivati su una cometa e su Marte ci sono più robot che batteri. Credete che ormai le avventure nello spazio siano arrivate a uno stallo? Credete che ormai non ci resti più nulla da scoprire? Non è così, lì fuori i misteri sono dietro l’angolo e l’ultima frontiera non è stata ancora raggiunta. Proprio per questo gli astronomi sfruttano al massimo i telescopi spaziali come Hubble, di NASA ed ESA. Il prossimo passo sarà quello di studiare nel dettaglio l’ammasso galattico Abell S1063: un’indagine prevista nell’ambito del progetto Frontier Fields, nato per catturare oggetti lontanissimi sfruttando l’effetto chiamato lente gravitazionale, cioè una sorta di lente d’ingrandimento galattica che fa apparire la galassia alle sue spalle più grande e più luminosa. È necessario però che la galassia più distante sia quasi perfettamente situata dietro la “galassia lente”. Il fenomeno, previsto da Einstein nella sua Teoria della relatività generale, permette di osservare oggetti molto lontani, quindi impossibili da raggiungere con la strumentazione classica.
I ricercatori credono che Abell S1063 possa ospitare milioni di mondi sconosciuti. Nell’immagine qui vicino, il cluster si mostra com’era 4 miliardi di anni fa, anche se tramite l’effetto di lente gravitazionale possiamo guardare ancora più lontano nel tempo, proprio dove nessun telescopio da terra od orbitante può arrivare. Grazie ad Abell S1063 è stata già scoperta una galassia nana lontanissima e giovanissima (vedi Media INAF): si tratta di ID11, nata quando l’Universo aveva 2 miliardi di anni dopo. La sua luce è un miliardo di volte più debole della stella meno luminosa ancora visibile a occhio nudo. Grazie a Hubble e ad Abell S1063, è stata classificata come la galassia più debole fotografata a tale distanza.
Sempre sfruttando Abell S1063 sono state identificate altre 16 galassie sullo sfondo, studiando le quali gli astronomi possono migliorare la loro conoscenza della materia oscura così come della materia ordinaria.
Ma Abell S1063 non è l’unico ammasso di galassie capace di distorcere e modellare la luce in moda da far “viaggiare nel tempo” i ricercatori. Nell’ambito dello stesso programma ci sono altri tre cluster, e ulteriori due verranno osservati nei prossimi anni. Insomma, una vera e propria flotta di aiutanti galattici per guardare lì dove l’occhio umano e l’occhio robotico non possono arrivare. L’Hubble Frontier Fields è un programma di tre anni, che prevede 840 orbite e che produrrà la più profonda vista sull’Universo mai ottenuta fino a oggi, combinando la potenza di Hubble con l’amplificazione gravitazionale della luce intorno a sei diversi ammassi di galassie per esplorare le regioni più lontane dello spazio.
Per saperne di più:
- Leggi qui: Hubble si spinge alle frontiere del Big Bang
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