Se ne discute da tempo, chi a favore, chi ostinatamente contro. Ma oggi, nel derby fra Marte vivo e Marte morto, è la squadra degli ottimisti a guadagnare i punti utili a portare a casa una vittoria (scientifica, s’intende). E dunque: su Marte l’acqua c’è stata e straordinariamente abbondante.
Sembra confermarlo la fitta rete di canali superficiali ben visibile nelle fotografie ad alta risoluzione scattate dalla sonda NASA Mars Reconnaissance Orbiter sulla pianura settentrionale di Arabia Terra, analizzate dagli abili ricercatori dello University College di Londra. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Geology e finanziato dallo Science & Technology Facilities Council e dall’agenzia spaziale britannica, disegna una mappa di oltre 17mila chilometri di canali: fiumi fossili che un tempo hanno innervato d’acqua quello che oggi conosciamo come un pianeta freddo e secco.
C’è stato un tempo in cui il clima marziano era caldo e umido. Un’estate italiana di quasi 4 miliardi di anni fa.
«Non avendo trovato prima di oggi alcuna prova a favore dei modelli climatici che descrivevano Arabia Terra come una regione piovosa nel lontano passato di Marte, gli scienziati sono stati portati ad abbandonare l’ipotesi di un giovane pianeta caldo e umido in favore di un gelido Marte ricoperto da strati di ghiaccio. Ora che abbiamo le prove che una fitta rete di fiumi innervava questa regione settentrionale possiamo immaginare un ambiente decisamente più favorevole allo sviluppo della vita», spiega Joel Davis, primo autore della ricerca.
Le immagini, che coprono una regione di dimensioni paragonabili a quelle del Brasile e con una risoluzione di 6 metri per pixel (decisamente superiore rispetto al passato), mostrano un fitto sistema di alvei fossili oggi ben riconoscibili in fotografia come canali “invertiti” sparsi sulla pianura di Arabia Terra.
Che cosa si intenda per canale invertito è presto detto: depositi di sabbia e ghiaia sul fondo del letto di un fiume che, una volta in secca, si dimostrano più robusti ai fenomeni erosivi finendo per resistere come strutture sopraelevate. Vere e proprie autostrade di pietra, diffuse anche qui sulla Terra in ambienti desertici come l’Egitto, l’Oman o lo Utah.
«La rete di canali invertiti di Arabia Terra presentano un’altezza di circa 30 metri e raggiungono un’ampiezza compresa fra 1 e 2 chilometri. Sono i resti dei fiumi giganteschi che scorrevano sulla superficie marziana fra i 3.9 e i 3.7 miliardi di anni fa. Pensiamo che questa gigantesca pianura alluvionale si sia poi prosciugata rapidamente, seppellendo e conservando qualsiasi materiale biologico potenzialmente presente», sottolinea Jones.
Se vogliamo trovare tracce di vita marziana, dunque, questo potrebbe essere il posto giusto dove andare a scavare. E infatti Aram Dorso, uno dei canali invertiti individuato dalle precedenti missioni, è stato inserito fra i siti candidati per l’ammartaggio della missione ExoMars 2020.