Una serie di osservazioni di 24 stelle giovani, alcune simili al Sole e altre di dimensioni circa doppie, condotte con l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), hanno permesso agli astronomi di scoprire che gli oggetti più grandi contengono, sorprendentemente, ricche riserve di monossido di carbonio (CO) nei rispettivi dischi di detriti. Viceversa, i dischi delle stelle di massa inferiore, quelle cioè di tipo solare, sono virtualmente privi di gas. Questi risultati vanno contro le aspettative, perché la radiazione forte e intensa emessa dalle stelle più grandi avrebbe dovuto portar via il gas dai loro dischi più rapidamente rispetto alle stelle più piccole, che producono una radiazione più modesta. Non solo: queste osservazioni potrebbero fornire nuovi indizi in termini del tempo scala relativo alla formazione dei pianeti giganti che orbitano attorno alle stelle giovani. Lo studio è riportato su Astrophysical Journal.
La presenza di dischi di detriti è caratteristica di quei sistemi stellari che si sono, per così dire, liberati dei loro dischi protoplanetari di gas e polvere da cui nel corso del tempo si formano pianeti, comete e altri corpi minori. Tuttavia, attorno alle stelle più giovani gran parte di questi oggetti, di recente formazione, devono ancora sistemarsi su orbite stabili e perciò sono soggetti a continue collisioni, un processo che produce abbastanza “detriti spaziali” da cui si può formare successivamente un vero e proprio disco di detriti di “seconda generazione”.
«Precedenti misure spettroscopiche di dischi di detriti hanno rivelato che alcuni possiedono degli indicatori chimici inaspettati, il che suggerisce che essi hanno ricevuto nel passato una sovrabbondanza di monossido di carbonio», spiega Jesse Lieman-Sifry della Wesleyan University a Middletown, nel Connecticut, e autore principale dello studio. «Questa scoperta è stata considerata un mistero in quanto gli astronomi ritengono che questo gas si sarebbe già dovuto disperdere dal momento che esistono evidenze relative alla presenza di un disco di detriti».
Per risolvere l’enigma del perché alcune stelle possiedono dischi ricchi di gas, Lieman-Sifry e colleghi hanno analizzato 24 sistemi stellari nella cosiddetta “associazione Scorpius-Centaurus”. Questo rado insieme stellare, composto da tre sottogruppi di stelle, si trova a poche centinaia di anni luce dalla Terra, e contiene centinaia di oggetti di massa stellare bassa o intermedia. Ad esempio, il Sole viene considerato una stella di bassa massa stellare. Gli astronomi hanno poi ristretto la ricerca a stelle che hanno un’età compresa tra 5 e 10 milioni di anni, abbastanza vecchie da contenere a tutti gli effetti sistemi planetari e dischi di detriti. Grazie, quindi, alle capacità esplorative dello strumento ALMA, gli autori hanno potuto analizzare la “luminosità” in banda millimetrica prodotta dal monossido di carbonio presente nei dischi stellari, studiando così l’insieme di dischi più ricchi di gas mai rivelato prima in un singolo lavoro di ricerca.
Nel loro campione di 24 dischi, gli scienziati ne hanno identificati tre che mostrano una forte emissione di monossido di carbonio. Cosa ancora più sorprendente è il fatto che tutti e tre i dischi si trovano attorno a stelle che sono circa due volte più massive del Sole, mentre nessuna delle 16 stelle più piccole, quelle di tipo solare, mostra dischi che abbiano un ampio contenuto di CO. Ora, questi dati vanno contro la logica, perché le stelle di massa più elevata inondano i loro sistemi planetari con una forte radiazione ultravioletta, che di conseguenza dovrebbe distruggere il monossido di carbonio presente nei loro dischi. In altre parole, i risultati ottenuti dal presente studio suggeriscono che, in qualche modo, le stelle più grandi sono in grado di preservare o rifornire le loro riserve del gas CO. «Non siamo ancora certi se queste stelle siano in grado di mantenere le loro riserve di gas molto più a lungo di quanto ipotizzato o se invece ci sia una sorta di “ultimo respiro” del gas di seconda generazione prodotto dalle collisioni di comete o dall’evaporazione degli strati di ghiaccio dei grani di polvere», dice Meredith Hughes della Wesleyan University e co-autrice dello studio. «Inoltre, l’esistenza di questo gas può avere implicazioni importanti per i processi di formazione planetaria».
Il monossido di carbonio è un costituente primario nelle atmosfere dei pianeti giganti. La sua presenza nei dischi di detriti potrebbe significare che gli altri gas, tra cui l’idrogeno, esistono ancora ma in concentrazioni molto più basse. Se, dunque, alcuni dischi sono in grado di preservare quantità apprezzabili di gas, allora ciò potrebbe indurre gli astronomi a spostare indietro l’intervallo temporale previsto per la formazione dei pianeti giganti. «Le prossime osservazioni di questi sistemi ricchi di gas a risoluzione più elevata potranno permettere agli astronomi di determinare la posizione del gas distribuito nei dischi, il che potrebbe fornire preziosi indizi sull’origine del gas stesso», aggiunge Antonio Hales del Joint ALMA Observatory in Santiago, in Cile, e del National Radio Astronomy Observatory a Charlottesville, Virginia, co-autore dello studio. «Ad esempio, se il gas fosse prodotto dalle collisioni dei planetesimi, sarebbe più concentrato in quelle regioni dei dischi dove sono avvenuti gli impatti. ALMA è l’unico strumento in grado di realizzare immagini con questo tipo di risoluzione elevata».
Insomma, secondo gli autori, questi dischi di polvere sono altrettanto diversi quanto i sistemi planetari che essi accompagnano. Il fatto che i dischi di detriti presenti attorno ad alcune stelle grandi mantengano il monossido di carbonio più a lungo rispetto alle stelle di tipo solare è una scoperta che può far luce sul ruolo che ha questo gas, in generale, nell’ambito dei processi di formazione dei sistemi planetari.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv il preprint, “Debris disks in the Scorpius-Centaurus OB association resolved by ALMA“, di Jesse Lieman-Sifry, A. Meredith Hughes, John M. Carpenter, Uma Gorti, Antonio Hales e Kevin M. Flaherty