TRA LE DOLOMITI DI ENRICO FERMI

Raggi cosmici, oltre i modelli standard

A un secolo dalla scoperta sono stati fatti enormi passi avanti nella loro comprensione, eppure sono molte le domande che non hanno ancora avuto una risposta: stiamo parlando dei raggi cosmici. Si apre domani a San Vito di Cadore il secondo convegno “Cosmic Ray Origins: beyond the standard models”, occasione per fare il punto sulla nostra attuale conoscenza del fenomeno e su quali saranno le future ricerche. Ma cosa c’entrano le Dolomiti? C’è una ragione, fisica

     16/09/2016
Victor Hesse, al centro, mentre parte per una camapagna di misurazioni a bordo di un pallone aerostatico, era il 1911. Nel 1936 fi insignito del Nobel per la Fisica per la scoperta dei raggi cosmici. Crediti: NY Times

Victor Hesse, al centro, mentre parte per una camapagna di misurazioni a bordo di un pallone aerostatico, era il 1911. Nel 1936 fi insignito del Nobel per la Fisica per la scoperta dei raggi cosmici. Crediti: NY Times

Era il 1912 quando Victor Hess, con i sui famosi viaggi in pallone, scoprì che la ionizzazione aumenta con l’aumentare dell’altitudine rispetto al suolo, fenomeno che attribuì alla presenza di una radiazione proveniente dallo spazio.

Cento anni dopo la scoperta sono grandi i progressi fatti nella comprensione dell’origine dei raggi cosmici, ma molte domande rimangono ancora senza una risposta. La maggior parte dei raggi cosmici che arrivano sulla Terra è un prodotto secondario di sciami formati nell’atmosfera dai raggi cosmici primari, con interazioni che tipicamente producono una cascata di particelle secondarie a partire da una singola particella energetica. Tali particelle possono essere osservate con speciali apparecchiature. È per evitare simili interferenze che molti laboratori di fisica si trovano nel sottosuolo, come il laboratorio del Gran Sasso.

Non sappiamo ancora con certezza quale sia la loro l’origine, né come e dove queste particelle vengano prodotte e accelerate. Vi sono oggi nuove e convincenti prove del ruolo svolto dai residui di supernovae quali principali acceleratori dei raggi cosmici, ma è ormai altrettanto chiaro che i residui non contribuiscono tutti allo stesso livello e con intensità costante, ponendo quindi ulteriori quesiti circa la loro efficienza come acceleratori.

Oltre ai resti di supernova ci sono indizi su altre categorie di fonti, come le nebulose create dal vento di una pulsar, note anche come plerioni, o i lampi di raggi gamma. Altri possibili acceleratori delle astroparticelle che formano i raggi cosmici sono pulsar, buchi neri, quasar, blazars e AGN, i nuclei galattici attivi.

Il convegno che si apre domani, sabato 18 settembre, presso il centro congressi di San Vito di Cadore, sulle Dolomiti, “Cosmic Ray: beyond the standard models“, ha lo scopo di esaminare in modo critico il possibile contributo delle varie fonti per la popolazione dei raggi cosmici galattici e suggerire le future linee di ricerca.

La locandina del convegno che si apre domani a San Vito di Cadore, sulle Dolomiti.

La locandina del convegno che si terrà dal 18 al 24 settembre a San Vito di Cadore, sulle Dolomiti

La scelta di San Vito di Cadore non è frutto del caso, né merito solo delle bellezze paesaggistiche. Dalla metà dell’Ottocento fino agli anni ’50 del secolo scorso, questo piccolo paese ha visto passeggiare per le sue strade i più grandi matematici e fisici attivi nell’area romana. Il motivo? Semplice: vacanze. I “pionieri” di queste vacanze tra scienziati, matematici come Tullio Levi-Civita, Guido Castelnuovo e Ugo Amaldi, furono il trait d’union con le generazioni più giovani, il celebre gruppo dei Ragazzi di via Panisperna. Enrico Fermi, in particolare, era un appassionato di sport invernali e montagna, e passò molte delle sue vacanze sulle Dolomiti, spesso in compagnia o ospite di altri esponenti della comunità scientifica, come documenta un avvincente articolo disponibile in rete, “Enrico Fermi and the Dolomites“, a firma di Giovanni Battimelli e Alessandro de Angelis.

Enrico Fermi fa del "bouldering" (anche se allora non si chiamava così) sotto lo sguardo critico di Edoardo Amaldi e Enrico Persico. Estate 1938, ultime vacanze in gruppo prima della promulgazione delle leggi razziali, a San Martino di Castrozza. Crediti: Progetto Ricerche Storiche E Metodologiche, Università Bocconi di Milano.

Enrico Fermi fa del “bouldering” (anche se allora non si chiamava così) sotto lo sguardo critico di Edoardo Amaldi e Enrico Persico. Estate 1938, ultime vacanze in gruppo prima della promulgazione delle leggi razziali, a San Martino di Castrozza.
Crediti: Progetto Ricerche Storiche E Metodologiche, Università Bocconi di Milano.

Molti sono gli aneddoti riguardo la nascita o le discussioni su teorie “da Nobel” che si svolsero proprio sulle Dolomiti. Ma poi arrivò la promulgazione delle leggi razziali e la seconda guerra mondiale. Fermi si trasferì negli USA e non tornò in Italia e sulle Dolomiti per più di dieci anni. Per questa ragione la sua “Teoria sull’accelerazione dei raggi cosmici” fu concepita negli USA, ma fu al suo ritorno in Italia, nel 1949, che Fermi la presentò alla comunità scientifica, nel corso della Conferenza Internazionale sui Raggi Cosmici di Como. Intanto sulle Dolomiti cominciavano a nascere i primi laboratori per lo studio dei raggi cosmici.

Nel secondo dopoguerra la ricerca italiana sui raggi cosmici fu molto attiva. Uno dei più importanti laboratori al mondo fu realizzato dai fisici padovani presso il lago Fedaia ai piedi della Marmolada nel 1950: una specie di CERN collocato nelle Dolomiti – il laboratorio esiste ancora, anche se è sconosciuto ai più.

Insomma, un filo rosso che dalle prime osservazioni porta direttamente al convegno che si apre domani, per andare oltre i modelli standard, tra le Dolomiti che tanto furono care a Fermi.

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