Una stella si “spegne” mentre tra lei e noi transita il pianeta nano Plutone. Un fenomeno astronomico più unico che raro e grazie al quale possiamo analizzare in dettaglio l’atmosfera di un corpo ancora in gran parte sconosciuto.
Non sarebbe stato possibile senza i dati raccolti dalla missione spaziale Gaia e che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha straordinariamente concesso a un gruppo di ricercatori, in esclusiva, a un paio di mesi dalla pubblicazione della prima tranche di dati raccolti dalla missione lanciata il 19 dicembre 2013. Oggi quei dati sono finalmente disponibili: cifre da capogiro con 110 miliardi di osservazioni fotometriche e 9,4 miliardi di osservazioni spettroscopiche (raccolte tra luglio 2014 e settembre 2015) relative grossomodo a un miliardo di stelle della nostra galassia. Una mappa della Via Lattea in 3D, precisa come mai prima d’ora e grazie alla quale possiamo imboccare nuove “rotte” verso stelle lontane.
Ma torniamo a Plutone. Di lui sappiamo che si trova a circa 6 miliardi di km dal Sole, che è un corpo molto freddo che impiega quasi 250 anni a completare l’orbita su cui si muove. È l’unico fra gli oggetti trans-nettuniani a essere circondato da una sottile atmosfera composta da azoto, metano e monossido di carbonio. «Dal 1988, l’anno in cui abbiamo scoperto l’esistenza di una atmosfera plutoniana, a oggi non siamo ancora riusciti a ricostruirne l’evoluzione chimica e fisica», spiega Albino Carbognani, ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) e associato INAF. «Ragione in più per rendere ghiotta l’occasione di osservarla da Terra».
Ed eccoci al 19 luglio 2016, quando Plutone è transitato di fronte a una debole stella nella costellazione del Sagittario, occultandone la luce per un paio di minuti. Man mano che il pianeta nano si sposta in cielo, attenua gradualmente la luce della stella retrostante, rivelando informazioni preziose sulla sua atmosfera ai telescopi che la osservano.
Grazie ai dati di Gaia, dieci volte più precisi dei precedenti, è stato facile individuare la regione del nostro pianeta da cui il fenomeno era osservabile con maggiore chiarezza. Il transito di Plutone ha interessato l’intera area del Mediterraneo. I primi a osservare il passaggio del pianeta nano davanti alla stella sono stati i ricercatori INAF al Telescopio Nazionale Galileo, sulle isole Canarie. È venuto poi il turno del continente europeo con il Telescopio Principale dell’OAVdA, dove a coordinare le operazioni c’era Bruno Sicardy, astronomo francese dell’Université Pierre et Marie Curie & dell’Observatoire de Paris. Sicardy, esperto di livello mondiale nel campo delle occultazioni. La campagna osservativa ha coinvolto in tutto una settantina di osservatori, dall’Europa all’Africa settentrionale, fino a Israele.
«È stato come riuscire a realizzare l’occultazione di una stella con una moneta da 1 euro a un centinaio di chilometri di distanza dal punto di osservazione», sottolinea Giuseppe Leto dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania che, con Ricardo Zanmar Sanchez e Rodrigo Leiva (uno stretto collaboratore di Sicardy), ha assistito al fenomeno dalla Sicilia. «Da una prima elaborazione dati compiuta da Sicardy sembrerebbe che l’aumento della pressione dell’atmosfera di Plutone, riscontrato dal 1988 a oggi, abbia subito una battuta di arresto: potremmo trovarci all’inizio di una fase di “congelamento” dell’atmosfera plutoniana». Se l’andamento sarà confermato dagli studi successivi, si tratta di un fenomeno mai osservato prima d’ora su un corpo del Sistema solare.