Era l’estate 2015 e 67P / Churyumov-Gerasimenko stava vivendo i tre mesi di suo massimo avvicinamento al Sole, quando le telecamere a bordo della sonda europea Rosetta fotografarono 34 brevi e potenti esplosioni sulla superficie della cometa. Niente a che vedere con i getti regolari e le espulsioni di materiale provenienti dal nucleo di 67P, puntuali come un orologio svizzero e che si sono ripetute fra una rotazione completa della cometa e la successiva in corrispondenza del sorgere e del calar del Sole. Si trattava piuttosto di detonazioni improvvise, seguite da estrusione di polvere ad alta velocità, e sufficientemente brevi da non comparire per più di una singola immagine scattata da Rosetta. Fatto che ci aiuta a determinare la durata di questi eventi fra i 5 e i 30 minuti.
A giudicare dalle immagini, ciascuno dei grossi starnuti di 67P potrebbe aver sbalzato una quantità di materiale dalla superficie cometaria pari a 60-260 tonnellate. «Dal momento che ciascuna di queste esplosioni non compare in più immagini scattate dalla sonda, ci è difficile giudicare lo sviluppo del fenomeno che stiamo osservando», spiega Jean-Baptiste Vincent, primo autore dello studio appena pubblicato sulle Monthly Notices della Astronomical Society. «Le tre forme in cui possiamo catalogare i pennacchi di materiale estruso provocati dall’esplosione possono però aiutarci a ricostruire quanto è successo: secondo logica il getto almeno nella sua fase iniziale dovrebbe essere stato potente e sottile, andando ad ampliarsi man mano che il materiale ha cominciato a fuoriuscire, fino ad allargare la base del pennacchio ed esaurire progressivamente la sua potenza».
All’origine di questi scoppi violenti potrebbe esserci il rapido sbalzo di temperatura provocato dal passaggio di una regione della cometa dal buio alla luce. Oltre la metà degli eventi si è infatti verificata in corrispondenza con le prime ore del mattino, quando il Sole sorgeva su regioni di 67P solo dopo molte ore di oscurità. La forte sollecitazione termica cui è stata sottoposta la superficie cometaria potrebbe aver condotto a una frattura improvvisa del suolo e alla conseguente espulsione di materiale nello spazio.
«E oggi abbiamo finalmente a disposizione una mappatura di queste esplosioni», sottolinea Vincent. «Secondo i nostri dati la maggior parte delle esplosioni provengono principalmente da regioni marginali della cometa, luoghi dove sono evidenti cambiamenti nella struttura topografica del terreno. Un paesaggio di ripide scogliere, pozzi e fessure».