Secondo uno studio guidato da un gruppo di ricercatori dello University College di Londra (UCL), l’Universo si espande in maniera uniforme: lo spazio non si dilata in una direzione privilegiata né ruota attorno a un ipotetico asse. Gli autori, guidati da Daniela Saadeh della UCL, hanno analizzato la radiazione cosmica di fondo, la luce più antica che siamo in grado di osservare, che mostra come l’Universo si espande allo stesso modo in tutte le direzioni, un fatto che va a favore del modello standard della cosmologia. I risultati sono pubblicati su Physical Review Letters.
Per anni, gli scienziati hanno sostenuto che l’Universo può essere o omogeneo e isotropo, cioè apparire mediamente uguale in tutte le direzioni, o anisotropo, cioè mostrarsi ancora uniforme ma nascondendo nella sua trama cosmica una sorta di direzione “privilegiata”. Per capire il concetto di anisotropia, possiamo prendere come esempio un cristallo di diamante. Quest’ultimo possiede una densità uniforme ma i suoi atomi sono tutti allineati in determinate direzioni. Pensiamo ora a un pezzo di legno: al di là delle sue increspature superficiali, si tratta di una singola sostanza, cioè un blocco uniforme. Il legno, come tutti i materiali fibrosi, è fortemente anisotropo. In altre parole, diciamo che un materiale è anisotropo se le proprietà fisiche differiscono quando vengono misurate lungo diversi assi di riferimento.
L’idea che l’Universo sia anisotropo venne avanzata in risposta ad alcune evidenze che erano in disaccordo con le proprietà di omogeneità e isotropia, così come erano state assunte dalle osservazioni. Ma ora sembra che l’ipotesi dell’Universo anisotropo abbia problemi ben più grandi di cui preoccuparsi. Nel 1543, Copernico affermò che la Terra non si trova al centro dell’Universo e mise in evidenza il fatto che il nostro pianeta orbita attorno al Sole e non viceversa. Ciò causò la nascita del principio Copernicano secondo cui non esiste una posizione speciale nel nostro Universo. Nel 20° secolo, con l’avvento della relatività generale e la scoperta dell’espansione dell’Universo in tutte le direzioni, quell’idea si sviluppò in quello che oggi chiamiamo principio cosmologico secondo cui l’Universo appare uguale in tutte le direzioni. Si tratta di una ipotesi solida e da allora abbiamo basato ogni modello cosmologico, che tenta di spiegare l’origine e l’espansione dell’Universo, assumendo che l’Universo sia davvero isotropo. Ma negli ultimi dieci anni, alcuni fatti hanno messo in dubbio questa idea.
Quando si considerano scale molto piccole, si trova che la materia non è distribuita in modo uniforme. Ad esempio, i sistemi stellari, le galassie e gli ammassi di galassie sono sparsi nello spazio cosmico formando agglomerati di materia che, secondo alcuni scienziati, potrebbe essere l’indicazione della presenza di qualche tipo di forza che abbia “spinto”, per così dire, queste strutture in determinate posizioni. Ma ciò deriva dal fatto che l’Universo si originò dal Big Bang come una sorta di “zuppa omogenea” di particelle subatomiche. Una volta che l’Universo subì una rapida espansione esponenziale, chiamata inflazione, minuscole fluttuazioni quantistiche presenti nella “zuppa cosmica primordiale” si amplificarono, raggiungendo dimensioni gigantesche e causando variazioni di densità che avrebbero dato luogo successivamente alla formazione di quei siti cosmici da cui sarebbero emerse le strutture cosmiche (stelle, galassie, ammassi di galassie).
Ora, il modello standard della cosmologia si basa sull’assunzione che queste variazioni di densità sono significative su scale molto piccole, mentre si possono considerare trascurabili su scale più grandi. Ma che succede se l’Universo ha la struttura di un cristallo di diamante e presenti una direzione privilegiata, intrinseca alla sua intera struttura, indipendentemente da quanto siamo in grado di zoomare? Qui è dove entra in gioco l’ipotesi dell’anisotropa, che divenne sempre più forte agli inizi degli anni 2000 quando il satellite della NASA WMAP rivelò strane anomalie (dette bump) nella radiazione cosmica di fondo che poi nessuno è stato in grado di spiegare. Infatti, esiste una regione nel nostro Universo che sta creando qualche problema agli scienziati al punto che è stata letteralmente definita “asse del diavolo”, anche se molti la considerano una pura fluttuazione statistica.
Dunque, per scoprire una volta per tutte quale scenario descriva meglio la realtà, un gruppo di cosmologi della University College di Londra ha deciso di analizzare la luce più antica che siamo in grado di osservare: stiamo parlando della radiazione cosmica di fondo, la “eco” del Big Bang. Anzichè cercare delle anomalie nella radiazione cosmica, come appunto l’asse del diavolo, i ricercatori hanno tentato di trovare eventuali tracce della presenza di una direzione privilegiata dell’espansione cosmica. «Abbiamo analizzato la temperatura e la polarizzazione della radiazione cosmica sfruttando i dati di Planck», spiega Daniela Saadeh della UCL e autrice principale dello studio.
Gli autori, coadiuvati dai colleghi dell’Imperial College di Londra, hanno utilizzato i dati della radiazione cosmica ricavati dal satellite Planck dell’ESA tra il 2009 e il 2013. Inoltre, grazie alla recente pubblicazione da parte del team di Planck dei dati relativi alla polarizzazione della radiazione cosmica, è stato possibile ottenere, per la prima volta, una visione complementare dello stato fisico dell’Universo primordiale che gli stessi autori del presente studio sono stati in grado di elaborare. «Abbiamo confrontato i dati reali relativi alla radiazione cosmica con le nostre predizioni per un modello di Universo anisotropo», continua Saadeh.
Gli astronomi hanno quindi costruito una serie di modelli che riproducono diversi scenari di espansione e rotazione dello spazio, includendo anche l’informazione relativa alla polarizzazione. Successivamente, questi modelli sono stati messi a confronto con i dati reali della mappa del cielo ottenuta da Planck, in modo da vedere se si manifestano in essa segnali peculiari riconducibili a scenari cosmologici diversi da quello standard. «Abbiamo simulato vari segnali che si sarebbero manifestati nella radiazione cosmica di fondo nel caso in cui lo spazio avesse proprietà diverse in direzioni differenti», fa notare Saadeh. «Per segnali intendiamo l’eventuale presenza di ‘macchie’ calde e fredde che si protendono lungo un particolare asse oppure possibili distorsioni a forma di spirale. Abbiamo concluso che non esiste alcuna evidenza di particolari segnali riconducibili a questa ipotesi di anisotropia e che quindi riteniamo alquanto buona l’assunzione secondo cui l’Universo risulta isotropo su larga scala. Quindi, il nostro lavoro rappresenta, finora, la migliore evidenza a favore dell’ipotesi che l’Universo sia uniforme in tutte le direzioni».
Alcuni lavori precedenti lavori si sono basati su modelli di anisotropie rappresentate da una rotazione (in gergo vector mode anisotropy). Gli autori del presente studio hanno invece seguito un approccio più generale che include modelli anisotropi basati su uno spettro più ampio di geometrie che può assumere lo spazio (scalari, vettori e tensori). I ricercatori hanno così provato a variare i parametri di questo modello più generico confrontandolo con i dati forniti dal satellite Planck, le cui misure di polarizzazione sono estremamente sensibili ai modelli anisotropi. «La nostra attuale comprensione dell’Universo si basa sull’assunzione che non esista una direzione privilegiata, anche se c’è un elevato numero di modi permessi dalla relatività di Einstein che rendono possibile l’esistenza di Universi che ruotano e si dilatano», dice Saadeh. I risultati delle simulazioni mostrano che questi modelli (anisotropi) sono inconsistenti con le osservazioni. «Non si può mai escluderlo completamente, ma ora possiamo dire che la probabilità che l’Universo preferisca espandersi in una certa direzione rispetto a un’altra è pari a 1 su 121 mila», dice Saadeh. «Perciò è importante che abbiamo dimostrato che il nostro Universo si espande in tutte le direzioni».
In un certo senso, si tratta di una piccola delusione perché un universo non omogeneo e isotropo supporterebbe le uniche reali soluzioni delle equazioni di campo di Einstein, quell’insieme di 10 equazioni della relatività generale che descrivono l’interazione fondamentale della gravità come risultato della curvatura dello spazio causata dalla presenza di materia ed energia. Queste soluzioni, proposte dal matematico di origine italiana Luigi Bianchi verso la fine del 19esimo secolo, consentono l’esistenza di un Universo anisotropo, ma se questa assunzione non è vera, come sembra, allora gli scienziati dovranno scoprire un modo tutto nuovo per spiegare i risultati delle equazioni di campo di Einstein.
«L’interessante lavoro di Daniela Saadeh e collaboratori affronta una delle tematiche fondamentali della cosmologia», spiega a Media INAF Carlo Burigana, ricercatore dell’INAF presso l’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica (IASF) di Bologna. «Gli autori estendono le analisi della Collaborazione Planck, con cui sono consistenti, migliorando i vincoli esistenti per i modelli di Bianchi e mostrando come l’analisi accurata delle anisotropie di polarizzazione del fondo cosmico, oltre alla possibilità di sondare la fisica dello stato primordiale dell’Universo, permette di comprendere la geometria dell’Universo. Viene dimostrato ancora una volta la grande legacy scientifica del satellite Planck dell’ESA e la rilevanza della radiazione cosmica di fondo nel dare risposte a quesiti cruciali».
Insomma, gli attuali modelli cosmologici assumono l’ipotesi che l’Universo si comporti in maniera identica in ogni direzione. Se questa ipotesi non fosse vera, dovremmo certamente considerare in modo differente molte cose. «Se l’Universo fosse anisotropo, dovremmo rivedere molti calcoli sulla sua storia e contenuto. Tuttavia, l’elevata qualità dei dati forniti da Planck è stata un’occasione d’oro perché ha permesso di verificare il modello standard della cosmologia. Siamo molto contenti che il nostro lavoro vendichi in qualche modo ciò che i cosmologi hanno ipotizzato finora. Per ora», conclude Saadeh, «la cosmologia é al sicuro».
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su Physical Review Letters: D. Saadeh et al. 2016 – How Isotropic is the Universe?
- Leggi il preprint su arXiv: How Isotropic is the Universe?