RESIDUO DI UNO SCONTRO GALATTICO

Come ti spoglio il buco nero

«Non abbiamo mai visto nulla di simile in precedenza» dice James Condon dell’NRAO, primo autore di un nuovo studio che ha scoperto un buco nero supermassiccio “quasi nudo”. A spogliare il buco nero del suo vestito galattico è stato probabilmente l'incontro con un avversario di taglia maggiore, che gli ha strappato via il manto stellare. Secondo i ricercatori, entro un miliardo di anni cesserà ogni attività di formazione stellare, lasciando progressivamente il buco nero non solo nudo ma anche invisibile. Il commento di Marcello Giroletti (INAF)

     04/11/2016
Illustrazione di come ha avuto origine il buco nero supermassiccio “quasi nudo”. Il buco nero s’incontra con un altro buco nero più grande (sx) che gli strappa gravitazionalmente la maggior parte delle stelle (centro), emergendo dallo scontro con il residuo della sua galassia (dx). Crediti: Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF.

In questa illustrazione, le fasi che hanno portato al buco nero supermassiccio “quasi nudo”. Il buco nero s’incontra con un altro buco nero più grande (sx) che gli strappa gravitazionalmente la maggior parte delle stelle (centro), emergendo dallo scontro con il residuo della sua galassia (dx). Crediti: Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF

Utilizzando il radiotelescopio interferometrico VLBA (Very Long Baseline Array), una corona di 10 parabole identiche da 25 metri di diametro che cinge il territorio statunitense su un’estensione complessiva – dalle Hawaii alle Isole Vergini – di 8 mila km, un gruppo internazionale di astronomi ha trovato un buco nero supermassiccio “quasi nudo”, ovvero quasi totalmente privo della cortina di stelle che usualmente riveste un siffatto colosso cosmico. I ricercatori hanno anche constatato che l’impudico gigante se la sta squagliando di gran carriera, a una velocità superiore ai 2 mila chilometri al secondo.

Il radiotelescopio VLBA. Crediti: NRAO/AUI; immagine della Terra per concessione del SeaWiFS Project NASA/GSFC e ORBIMAGE

Il radiotelescopio VLBA. Crediti: NRAO/AUI; immagine della Terra per concessione del SeaWiFS Project NASA/GSFC e ORBIMAGE

«Stavamo cercando coppie di buchi neri supermassicci reciprocamente orbitanti e spostati dal centro galattico, come evidenza rivelatrice di una precedente fusione delle rispettive galassie», racconta James Condon del National Radio Astronomy Observatory statunitense, che ha guidato la nuova ricerca in via di pubblicazione su Astrophysical Journal. «Invece, abbiamo trovato questo buco nero, che fugge via dalla galassia più grande lasciando dietro di sé una scia di detriti. Non abbiamo mai visto nulla di simile in precedenza».

Gli autori del nuovo studio avevano iniziato a ottenere immagini radio ad altissima risoluzione con il VLBA di un vasto campione di galassie precedentemente selezionate. Le loro osservazioni mostravano chiaramente come i buchi neri supermassicci di quasi tutte queste galassie fossero dislocati in prossimità del centro galattico. Tuttavia, un oggetto rinvenuto all’interno dell’ammasso di galassie ZwCl 8193 si discostava significativamente da quel modello. Ulteriori studi hanno dimostrato che questo oggetto, denominato B3 1715 + 425, è un buco nero supermassiccio circondato da una galassia molto più piccola e più debole di quanto ci si aspetterebbe per un corpo super-denso di siffatta taglia. Inoltre, questa galassia anomala sta “scappando” dal nucleo di una galassia molto più grande, lasciando una scia di gas ionizzato dietro sé.

A sinistra: immagine ripresa da Hubble dell'ammasso di galassie ZwCl 8193. A destra: dettaglio che rivela il nucleo della galassia gigante 2MASX 17171926+4226571 (identificato dalla croce) e della galassia più piccola B3 1715 + 425 (nel cerchio), oltre a diverse altre galassie del cluster e detriti residui dell’interazione estesa. Crediti: J.J. Condon et al / NASA / ESA / Hubble / NSF / VLBA.

A sinistra: immagine ripresa da Hubble dell’ammasso di galassie ZwCl 8193. A destra: dettaglio che rivela il nucleo della galassia gigante 2MASX 17171926+4226571 (identificato dalla croce) e della galassia più piccola B3 1715 + 425 (nel cerchio), oltre a diverse altre galassie del cluster e detriti residui dell’interazione estesa. Crediti: J.J. Condon et al / NASA / ESA / Hubble / NSF / VLBA

Da tutte queste indicazioni, i ricercatori hanno concluso che B3 1715 + 425 è il residuo di una galassia passata attraverso un’altra di dimensioni assai maggiori, entrambe ospitanti un buco nero supermassiccio al proprio interno. L’incontro ravvicinato tra le due galassie, avvenuto milioni di anni fa, ha spogliato la galassia più piccola di quasi tutte le stelle e gas. Ciò che rimane è il buco nero assieme a un piccolo residuo galattico di circa 3 mila anni luce: un ben misero drappo in confronto – per esempio – alla nostra Via Lattea, la cui scintillante stola stellare si dispiega per circa 100 mila anni luce.

«Il problema di cosa accada ai buchi neri supermassicci che si trovano al centro delle galassie quando queste si fondono è fortemente dibattuto», commenta a Media INAF Marcello Giroletti, radioastronomo dell’INAF-IRA di Bologna. «I due scenari più probabili sono che essi si fondano rapidamente, oppure che rimangano ad orbitare a lungo uno intorno all’altro per poi fondersi emettendo onde gravitazionali. La scoperta di Condon è sensazionale perché, prima ancora di trovare coppie di buchi neri al centro di una galassia che si è fusa recentemente con una compagna, ha visto il buco nero della compagna – ormai privato della propria corte di stelle – mentre ancora viaggia per l’universo».

Secondo gli autori del nuovo studio, questo residuo galattico in fuga continuerà a perdere massa e, nel giro di un miliardo di anni, smetterà completamente di produrre nuove stelle, diventando progressivamente virtualmente invisibile. Questa constatazione ha come interessante conseguenza il fatto che, sparsi nel cosmo, potrebbero esserci molti residui di scontri galattici come questo. Una fantasmatica moltitudine di solitari ed evanescenti buchi neri supermassicci, di cui gli astronomi finora non si sono accorti.

«Poiché questo buco nero è stato trovato senza nemmeno cercarlo», aggiunge Giroletti, «è probabile che ne esistano molti molti altri che attendono solo di essere rivelati. Questo avrà implicazioni importanti per la comprensione dell’evoluzione delle galassie tramite la loro interazione, ma naturalmente richiederà grandi sforzi osservativi. Occorrono infatti sia grande sensibilità, in quanto i buchi neri sono per definizione sfuggenti alle osservazioni, che sufficiente risoluzione angolare, essendo oggetti molto piccoli e compatti, quanto meno visti alla nostra distanza».

Per saperne di più:

  • Leggi su arXiv l’anteprima dell’articolo “A Nearly Naked Supermassive Black Hole” di J. J. Condon, Jeremy Darling, Y. Y. Kovalev e L. Petrov, in pubblicazione su Astrophysical Journal

Guarda il video (in inglese) realizzato da NRAO Outreach con la spiegazione di James Condon: