Se questa scoperta fosse un film, i protagonisti sarebbero almeno cinque. In ordine d’apparizione: un quasar, una lente gravitazionale, Albert Einstein, il telescopio spaziale Fermi e l’osservatorio per luce Cherenkov MAGIC. Con un intervallo di miliardi di anni fra i primi due personaggi e i successivi, circa un secolo fra l’ingresso in scena di Einstein e quello dei telescopi e appena 11 giorni fra le gesta di questi ultimi due. Un film nel quale i ricercatori di mezz’Europa, compresi gli astronomi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), hanno avuto un ruolo di primo piano.
Per scoprirne la trama, riavvolgiamo dunque il rullo della pellicola all’inizio, a circa 7 miliardi di anni fa, quando, nel cuore del quasar QSO B0218+357 (un oggetto a metà strada fra l’alba dell’universo e noi, dove alberga un buco nero supermassiccio), ha luogo un’esplosione gigantesca. L’evento genera un’intensa emissione – un flare, lo chiamano gli astrofisici – di raggi gamma, vale a dire luce ad altissima energia, la più alta possibile.
Dopo circa un miliardo di anni, nel corso del loro lungo viaggio verso la Terra questi fotoni gamma si trovano a passare accanto al secondo protagonista della nostra storia: una galassia di nome B0218+357G. Vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, a parte la lettera iniziale, le restanti cifre sono le stesse del quasar. E non è un caso: indicano la posizione, e il fatto che siano identiche significa che i due oggetti – il quasar e la galassia – si trovano esattamente sulla stessa linea di vista rispetto a noi. Una coincidenza cruciale, per la trama del nostro film. È infatti ciò che consente alla galassia di comportarsi come una sorta di “lente” – una lente gravitazionale – in grado di deviare il percorso dei fotoni, secondo quel “codice della strada” universale che, sei miliardi di anni più tardi, verrà svelato dal nostro terzo protagonista, Albert Einstein: la teoria della relatività generale.
A causa di questa deviazione di percorso, alcuni fotoni gamma imboccano una strada leggermente più breve degli altri: una scorciatoia irrisoria su scala cosmologica – parliamo di 11 giorni su 7 miliardi di anni – ma significativa per noi terrestri: un “preavviso” sufficiente per dare agli astronomi il tempo di attendere al varco la retroguardia.
Ed è esattamente ciò che accade nel luglio del 2014. Il 14 di quel mese lo strumento LAT (Large Area Telescope) a bordo del satellite Fermi della Nasa, che ogni tre ore perlustra l’intero cielo gamma, intercetta un fiotto di fotoni ad alta energia provenire dalla direzione in cui si trova QSO B0218+357. Il segnale è intenso, segno d’un’esplosione ad alta energia. Chiunque – e sono pochissimi al mondo – disponga d’un occhio in grado di captare raggi gamma provenienti dallo spazio profondo volge lo sguardo in quella direzione.
L’osservatorio MAGIC di occhi del genere ne ha due. Due pupille enormi, 17 metri di diametro ciascuna, capaci di captare luce a energia elevatissima (mille volte più energetica di quella che può vedere Fermi), seppur in modo indiretto: grazie al cosiddetto effetto Cherenkov, prodotto dall’interazione fra i fotoni gamma e l’atmosfera terrestre. Lo strumento giusto, anzi lo strumento ideale. Ma nel posto sbagliato, almeno in quella circostanza: quella notte il cielo di La Palma, oasi protetta dall’inquinamento luminoso, è dominato da una maestosa luna piena che si riflette negli specchi tirati a lucido di MAGIC. Stupenda per gli innamorati, deleteria per le osservazioni Cherenkov.
Ma c’è la possibilità che l’evento non sia terminato, che ci sia qualcos’altro in arrivo. Tutto grazie a quella deviazione impressa dalla lente gravitazionale. Se ci sono fotoni che hanno intrapreso la “via lunga”, calcolano gli astronomi in base a osservazioni del 2012, dovrebbero giungere sulla Terra 11 giorni dopo, il 25 luglio. Quando la luna non sarà più lì a disturbare i telescopi. Un’occasione ghiottissima, non solo di porre rimedio alla sfortuna ma anche di fare un colpaccio: sfruttare la perfetta bellezza dell’intuizione di Einstein come una sorta di macchina del tempo.
«In altre parole, la Natura avrebbe potuto concederci il bis: una seconda possibilità per osservare lo stesso, interessante, fenomeno», dice il ricercatore che ha coordinato lo studio, Julian Sitarek, della Collaborazione MAGIC. «Quando arrivò il momento, i telescopi MAGIC erano già stati entrambi puntati verso QSO B0218+357. Ed esattamente nell’istante, e nel modo, previsto venne osservato il flare: un bagliore a raggi gamma altamente energetici, tali da rendere QSO B0218+357 l’oggetto più distante mai rilevato fino a oggi nel dominio dei raggi gamma ad altissima energia».
Insomma, doppio champagne. Per il record di distanza, raddoppiata rispetto alle precedenti osservazioni a energie così elevate. E per l’elegante conferma dell’effetto di lensing gravitazionale, e dunque della relatività generale, anche su fotoni gamma, mai osservato a simili livelli energetici. Un risultato quest’ultimo, sottolineano gli scienziati, con importanti implicazioni anche al di là dell’astrofisica, già che permette di invalidare alcune teorie relative alla struttura del vuoto, anche se saranno necessarie ulteriori analisi. In ogni caso, un ghiotto assaggio di quello che ci attende con la prossima generazione di telescopi per le altissime energie, quelli del progetto CTA, il Cherenkov Telescope Array.
Per saperne di più:
- Leggi il comunicato stampa (in inglese) della MAGIC Collaboration
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Detection of very high energy gamma-ray emission from the gravitationally lensed blazar QSO B0218+357 with the MAGIC telescopes“
Guarda su INAF-TV un video sull’osservatorio MAGIC: