Insieme all’era Obama, rischia d’avviarsi al tramonto anche l’era dei grandi radiotelescopi statunitensi. Per lo meno di quelli che hanno fatto la storia, della scienza come del cinema: i giganti single-dish. Del Green Bank, e di come si sta riciclando, abbiamo scritto tre settimane fa su Media INAF. Ora è il turno di Arecibo. Uno strumento che nei decenni ha acquisito i contorni del mito. Nel film Contact era il luogo di lavoro di Ellie Arroway, astronoma del progetto SETI interpretata da Jodie Foster. Oggi, dopo aver dovuto subire l’onta di venir scalzato dalla cima del podio di più grande telescopio al mondo (posizione da qualche mese saldamente in mando al gigante da mezzo km cinese FAST), il colosso di Puerto Rico si trova a dover affrontare una minaccia tutta interna: fondi agli sgoccioli. In procinto di venir dirottati verso i telescopi del futuro, primo fra tutti il Large Synoptic Survey Telescope (LSST), gioiello della classe 10 metri attualmente in costruzione a Cerro Pachón, in Cile.
Nei suoi 53 anni di servizio, l’occhio radio di Arecibo ha scandagliato il cosmo vicino e lontano, tenuto sotto controllo asteroidi potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta e ha portato pure a un premio Nobel. Uno fra gli aspetti meno noti, e più avvincenti, della storia di questo gigante è raccontata da Paolo Attivissimo proprio sul numero di questo mese del mensile Le Scienze (“Il generale e il radiotelescopio”, novembre 2016). Progettato in piena Guerra Fredda per scopi militari (accorgersi dell’arrivo di missili sovietici, magari con testate nucleari a bordo), quando le forze armate Usa trovarono sistemi d’allerta più efficaci venne ceduto agli scienziati. Come il guardaroba del fratellino più piccolo, ereditato di seconda mano dal fratello maggiore. A riprova, nota Attivissimo, di quanto i costi della ricerca scientifica siano spiccioli rispetto agli investimenti in ambito bellico.
Spiccioli, ma comunque troppi. Almeno per le casse esangui della NSF, la National Science Foundation degli Stati Uniti. È dal suo budget che vengono attinti circa 8 dei 12 milioni di dollari destinati ogni anno al radiotelescopio (altri 3.7 ce li mette la Nasa). Ora la NSF ritiene che potrebbe essere arrivato il momento di porre fine alla leggenda. Per la decisione definitiva c’è ancora un po’ di tempo, si parla del 2017, ma già è pronto un piano che prende in esame, costi economici e ambientali alla mano, vari scenari di dismissione, dalla messa in naftalina alla demolizione vera e propria.
Chiamatela, se volete, rottamazione. Anche se Arecibo è pronto a vendere cara la pelle: provateci voi, a rottamare uno scodellone da 305 m di diametro (il riflettore a curvatura sferica) con una piattaforma (il ricevitore) da 900 tonnellate tenuta sospesa, a 150 metri d’altezza, grazie a 18 cavi agganciati a tre torri di cemento… Le stime parlano di 18.7 milioni di dollari solo per “smontarlo”. Se poi si volesse riportare il sito alle condizioni originali, spiega un articolo abbastanza critico sull’ipotesi di chiusura firmato la settimana scorsa da Alessondra Springmann su Sky and Telescope, è plausibile che i costi possano essere nove cifre. Too big to fail, come certe banche durante la crisi? Staremo a vedere. Certo, se dovesse accadere, il vuoto che lascerà dietro di sé sarà ben più grande di quel cerchio da un km di circonferenza che ha occupato per mezzo secolo.
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