Tre dischi per osservare in diretta la nascita di nuovi pianeti extrasolari. Con lo strumento SPHERE, montato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, è stato possibile “catturare” in maniera nitida e dettagliata delle particolari strutture nei dischi di formazione planetaria intorno a giovani stelle. SPHERE, che ha visto la prima luce nel 2014, ha permesso ai ricercatori di essere testimoni della complessa dinamica dei giovani sistemi planetari – tra cui uno che letteralmente si modifica sotto i nostri occhi. I risultati recentemente pubblicati in tre studi su Astronomy & Astrophysics a cui hanno partecipato anche ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), mettono in luce le considerevoli capacità dello strumento nel catturare le forme che i pianeti scolpiscono nei dischi da cui si formano, mostrando la complessità dell’ambiente da cui nascono nuovi mondi. SPHERE è stato usato dal gruppo di astronomi per far luce sull’evoluzione enigmatica dei sistemi planetari neonati. L’esplosione negli ultimi anni del numero di esopianeti noti ha reso il loro studio uno dei campi più attivi dell’astronomia moderna.
Sappiamo ormai che i pianeti si formano da estesi dischi di gas e polvere presenti attorno alle stelle appena nate, conosciuti come dischi protoplanetari, e che si estendono per migliaia di milioni di chilometri. Con il passar del tempo, le particelle che formano i dischi protoplanetari entrano in collisione, si combinano e infine crescono a dimensioni planetarie. I dettagli più minuti dell’evoluzione di questi dischi sono però ancora sconosciuti.
SPHERE, realizzato da un Consorzio europeo che comprende anche l’Istituto Naazionale di Astrofisica, è un’aggiunta recente al parco strumentale del VLT e, con la sua combinazione di tecnologie innovative, è molto efficace nell’ottenere immagini dirette e dettagliatissime dei dischi protoplanetari. Lo strumento usa una particolare combinazione di ottica adattiva per rimuovere le distorsioni indotte sulle immagini dall’atmosfera terrestre, un coronografo per bloccare la maggior parte della luce dalla stella centrale e una combinazione di immagini differenziali e polarimetria per isolare la luce prodotta dalle strutture del disco.
L’interazione tra i dischi protoplanetari e i pianeti in crescita può plasmare i dischi in forme diverse: ampi anelli, bracci a spirale o vuoti in ombra. Sono particolarmente interessanti poiché non è ancora stato individuato un legame inequivocabile tra le strutture e i pianeti che le formano. È un enigma che gli astronomi stanno cercando di svelare. Per fortuna, l’osservazione diretta di queste strutture sorprendenti nei dischi protoplanetari è alla portata di SPHERE, con le sue capacità di restituire immagini ricche di particolari.
Elisabetta Rigliaco, ricercatrice post-doc presso l’INAF di Padova, ha spiegato: «L’analisi e la modellazione di queste complesse strutture permette di ricavare molte informazioni sulla geometria del disco, sui processi dinamici che avvengono al suo interno, e sulla presenza di eventuali pianeti che lavorano per scolpire le strutture osservate».
Prendiamo per esempio RXJ1615, una giovane stella, nella costellazione dello Scorpione, a circa 600 anni luce da Terra. Un’equipe, guidata da Jos de Boer, dell’Osservatorio di Leida nei Paesi Bassi, ha trovato un sistema complesso di anelli concentrici che circondano la giovane stella che assomiglia a una versione titanica degli anelli di Saturno. Immagini di una scultura intricata di anelli simile a questa sono state ottenute finora solo per una manciata di stelle. Il disco mostra segni dell’effetto prodotto da pianeti ancora nel processo di formazione.
«L’intero sistema sembra non avere più di 1,8 milioni di anni», ha sottolineato Silvano Desidera, ricercatore dell’INAF di Padova, che ha determinato insieme al collega Sergio Messina (INAF di Catania) l’età della stella e le sue altre caratteristiche fondamentali. «L’età del disco protoplanetario appena rivelato fa di RXJ1615 un sistema eccezionale, poiché la maggior parte degli altri dischi finora trovati sono relativamente vecchi o evoluti».
Il risultato inatteso di De Boer è stato subito ripreso dalle scoperte di un’altra equipe guidata da Christian Ginski, sempre in forza all’Osservatorio di Leida, che ha osservato la giovane stella HD97048, nella costellazione del Camaleonte, a circa 500 anni luce dalla Terra. Per mezzo di un’analisi minuziosa sono stati in grado di individuare gli anelli concentrici anche nel disco ancora immaturo intorno a questa stella. La simmetria in questi due sistemi è sorprendente, poiché la maggior parte dei sistemi protoplanetari contiene bracci a spirale asimmetrici, vuoti e vortici. Queste scoperte fanno crescere il numero di sistemi conosciuti in cui sono presenti anelli multipi con elevato grado di simmetria.
Un esempio particolarmente spettacolare dei dischi asimmetrici, più comuni, è stato ottenuto da un gruppo di astronomi, guidati da Tomas Stolker dell’Anton Pannekoek Institute for Astronomy, Paesi Bassi. Il disco circonda la stella HD135344B, a circa 450 anni luce da noi. Nonostante questa stella sia stata ben studiata in passato, SPHERE ha permesso di osservare il disco protoplanetario con un dettaglio finora mai raggiunto. Si pensa che la cavità centrale molto ampia e le due strutture che assomigliano a bracci a spirale siano state create da uno o più protopianeti massicci, destinati a diventare simili a Giove.
Inoltre si vedono quattro bande scure, all’apparenza ombre proiettate dal materiale in movimento nel disco di HD135344B. È interessante osservare come una di queste bande sia cambiata notevolmente nei mesi intercorsi tra i vari periodi di osservazione: un raro esempio di evoluzione planetaria osservata in tempo reale. Ciò suggerisce che i cambiamenti nelle zone interne dei dischi non possano ancora essere direttamente osservati da SPHERE. Oltre a produrre immagini molto belle, queste ombre vacillanti forniscono un modo unico di investigare la dinamica delle regioni più interne del disco. Così come gli anelli concentrici trovati da de Boer e Ginski, queste osservazioni dell’equipe di Stolker dimostrano che l’ambiente complesso e mutevole dei dischi che circondano le giovani stelle riservano ancora nuove sorprese.
«SPHERE sta fornendo una mole impressionante di dati di altissima qualità sui dischi protoplanetari. Questo ci consente di avvicinarci alla comprensione dell’interazione dei pianeti con i dischi da cui si formano – e perciò della formazione stessa dei pianeti», conclude Rigliaco.
Per saperne di più:
- Leggi il comunicato stampa in italiano dell’ESO
- Leggi l’articolo “Multiple rings in the transition disk and companion candidates around RX J1615.3-3255”, di Jos de Boer et al.
- Leggi l’articolo “Direct detection of scattered light gaps in the transitional disk around HD 97048 with VLT/SPHERE”, di Christian Ginski et al.
- Leggi l’articolo “Shadows cast on the transition disk of HD 135344B”, di Tomas Stolker et al.
Guarda il servizio video su INAF-TV: