E’ la più estesa ed accurata mappa tridimensionale dell’universo lontano mai realizzata. Nel corso di otto anni il team internazionale del progetto VIPERS (VIMOS Public Extragalactic Redshift Survey), coordinato da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica ha osservato e analizzato 90 mila galassie con lo spettrografo VIMOS installato al Very Large Telescope (VLT) dell’ESO. Questo ha permesso di ricostruire sia la loro distribuzione spaziale sia le loro proprietà fisiche, spingendosi indietro nel tempo fino a 9 miliardi di anni fa, ovvero un’epoca in cui l’universo aveva “solo” cinque miliardi di anni. Il colpo d’occhio della sterminata mole di dati raccolti mostra le galassie già raggruppate in grandi strutture filamentose, che connettono gli ammassi di galassie e circondano ampie zone vuote.
Confrontate con quelle dell’universo odierno, le nuove mappe forniscono preziose informazioni su come queste strutture si sono sviluppate nel corso del tempo. Una vera e propria ragnatela cosmica che secondo i ricercatori è il risultato dell’amplificazione da parte della forza di gravità di piccole perturbazioni presenti nell’universo primordiale.
«L’obiettivo primario di VIPERS è stato in fondo semplice: costruire una mappa delle galassie nell’universo ‘giovane’ che esplorasse un volume sufficientemente grande da permetterci di ottenere misure che fossero confrontabili in precisione con ciò che avevamo imparato all’inizio del secolo dai grandi progetti analoghi ma limitati a piccole distanze, come in particolare la Sloan Digital Sky Survey (SDSS). I risultati che presentiamo nei lavori scientifici diffusi recentemente, ci restituiscono un quadro estremamente dettagliato di come le galassie e le strutture che vediamo oggi si sono evolute nel corso degli ultimi 9 miliardi di anni. E’ un po’ come poter vedere un bel pezzo del film della loro storia, mentre prima ne conoscevamo solo la fine, unita a qualche frammento delle scene precedenti», dicono Luigi Guzzo, coordinatore del progetto, e Ben Granett, entrambi dell’Università degli Studi di Milano e dell’Osservatorio Astronomico di Brera dell’INAF.
Il “film” di VIPERS fornisce dati quantitativi sia sulle galassie come sistemi di stelle e gas in evoluzione, sia sul loro legame con l’ambiente e la struttura a grande scala che le circonda, sia sulle implicazioni cosmologiche di questa strutturazione, intimamente legata al “funzionamento” dell’universo nel suo complesso. I movimenti delle galassie a grande scala dovuti all’aggregazione della materia, sovrapposti all’espansione globale dell’universo, ad esempio, ci permettono di testare la teoria della gravità su scale grandissime: una deviazione dalle predizioni della Relatività Generale di Einstein potrebbe spiegare l’accelerazione dell’espansione cosmica che oggi si osserva, senza la necessità di chiamare in causa l’enigmatica “energia oscura”. Il team di VIPERS ha misurato l’effetto di questi moti osservando la deformazione dei grandi vuoti cosmici dovuti alle galassie “in fuga” da queste zone di bassa densità.
«Grazie a VIPERS, abbiamo per la prima volta a disposizione, a queste epoche remote, una combinazione unica di grande volume e dettagliato campionamento a piccola scala delle strutture. Questo ci ha permesso di misurare con grande precisione le proprietà delle galassie in funzione dell’ambiente in cui vivono, gruppi, filamenti, ammassi», affermano Olga Cucciati e Nicola Malavasi, dell’Osservatorio Astronomico di Bologna dell’INAF e dell’Università di Bologna, autori di due degli articoli scientifici recentemente rilasciati dalla collaborazione.
Queste analisi sono rese possibili, oltre che dalla conoscenza della distribuzione tridimensionale delle galassie, anche grazie alla mole di informazioni sulle loro proprietà accumulate dalla collaborazione VIPERS durante questi anni sia attraverso gli spettri osservati, sia da osservazioni fotometriche ancillari. Delle galassie di VIPERS conosciamo quindi con precisione le luminosità dall’ultravioletto all’infrarosso, i loro colori intrinseci, la loro massa totale in termini di stelle e la velocità di produzione di nuove stelle. A queste si aggiungono informazioni sulla loro forma e quindi la struttura interna, rese possibili da un’accuratissima analisi delle immagini ad alta risoluzione del telescopio Franco-Canadese delle Hawaii su cui VIPERS è basata. Grazie a questo, combinando i dati di VIPERS con quelli della SDSS che “fotografa” l’epoca attuale, siamo in grado di seguire le trasformazioni delle galassie come mai in precedenza, lungo quasi 10 miliardi di anni della loro evoluzione. «Per la prima volta vediamo chiaramente come le galassie di tipo ellittico più massicce che osserviamo oggi includano sia oggetti molto compatti formatisi in epoche remotissime (oltre il limite esplorato da VIPERS), sia galassie che hanno spento più di recente la loro attività di formazione stellare, trasformando il loro colore da blu a rosso: un fenomeno che VIPERS osserva in diretta», ci dicono Adriana Gargiulo e Chris Haines, rispettivamente dell’INAF-IASF di Milano e dell’Osservatorio Astonomico di Brera dell’INAF, autori dei due lavori che gettano nuova luce su queste problematiche.
Guarda il servizio video su INAF TV:
Per saperne di più:
- Scodeggio, M., & VIPERS Team, “VIPERS: Full spectroscopic data and auxiliary information release (PDR-2)”;
- Rota, S., & VIPERS Team, “VIPERS: The matter density and baryon fraction from the galaxy power spectrum at redshift 0.6″;
- Hawken, A., & VIPERS Team, “VIPERS: Measuring the growth rate of structure around cosmic voids“;
- Cucciati, O., & VIPERS Team, “VIPERS: The decline of cosmic star formation: quenching, mass, and environment connections“;
- Malavasi, N., & VIPERS Team, “VIPERS: Galaxy segregation inside filaments at z = 0.7“;
- Krywult, J., & VIPERS Team, “VIPERS: The coevolution of galaxy morphology and colour to z ~ 1“;
- Gargiulo, A., & VIPERS Team, “VIPERS: The distinct build-up of dense and normal massive passive galaxies“;
- Haines, C., & VIPERS Team, “VIPERS: Downsizing of the blue cloud and the influence of galaxy size on mass quenching over the last eight billion years”.