La settimana scorsa, appena poche ore dopo il solstizio d’inverno, un’abbondante massa di particelle energetiche provenienti dal Sole ha colpito il campo magnetico che circonda la Terra. È stato un flusso di vento solare abbastanza intenso da produrre lo spettacolo dell’aurora boreale nei cieli sopra il Canada settentrionale.
L’immagine qui sopra è l’aurora boreale del 22 dicembre 2016 vista “dall’alto” in banda DNB – la day-night band – tramite lo strumento VIIRS (Visible Infrared Imaging Radiometer) di Suomi NPP, un satellite della Noaa statunitense in orbita polare a oltre 830 km di altitudine. Il fenomeno si è esteso fino a coprire aree – British Columbia, Alberta, Saskatchewan, Manitoba, Nunavut e i Territori del Nord Ovest – che di solito si trovano al di fuori dell’ovale aurorale.
La banda DNB permette di rilevare deboli segnali di luce, come quelli emessi dalle aurore polari, dalla luminescenza notturna, dalle fiaccole a gas e dalla luce della luna riflessa. E dall’inquinamento luminoso, come si può vedere dall’atlante mondiale realizzato, appunto, con i dati di Suomi NPP. Nel caso dell’immagine d’apertura, le emissioni di luce diffusa rilevate dal sensore sono quelle prodotte quando le particelle energetiche provenienti dalla magnetosfera terrestre sono piovute sui gas dell’alta atmosfera.
La collisione del vento solare con la magnetosfera del nostro pianeta accelera infatti le particelle intrappolate nello spazio attorno alla Terra, come nelle fasce di van Allen. Queste particelle vengono spinte verso l’alta atmosfera – ad altitudini comprese fra i 100 e i 400 chilometri – dove, eccitando le molecole di ossigeno e di azoto, inducono l’emissione di fotoni: gli stessi che vediamo sotto forma di aurore, veli luminosi e colorati che danzano in cielo.