Studio 39. Segnatevelo. Certo, se sognate di diventare astrofisici, alla scaramanzia sarete probabilmente già immuni. Ma che sia coincidenza, aura positiva o – com’è più probabile – un mix di bravura, tenacia e ambiente di lavoro stimolante, certo è che lì, nello studio 39, l’ultimo a sinistra del secondo piano dell’Osservatorio astronomico di Roma dell’Inaf, il 2017 è cominciato piuttosto bene: le sue due occupanti, le astrofisiche Marcella Di Criscienzo e Silvia Piranomonte, hanno entrambe appena ottenuto un posto a tempo indeterminato. Due dei 19 previsti per l’Inaf dalla legge di stabilità del 2015, per i quali sono arrivate circa 500 candidature, come si legge nel messaggio di benvenuto del presidente Nichi D’Amico.
È una stanza colorata e viva, lo studio 39. Pile e pile di paper – gli articoli scientifici – tenuti fermi dagli immancabili mug. Disegni e foto di figli. Il cielo stellato di Arles nel poster del Café Terrace di Van Gogh. E sul davanzale Einstein col berretto da Che Guevara. «Già stavamo insieme in quest’ufficio da un annetto, e ci rimaniamo. La finestra dà sul terrazzo, e oltre non c’è niente», indica Silvia, mostrandoci la vista sulla campagna di Monte Porzio Catone. «Infatti scherzavamo sempre, dicendoci: vedi, ci hanno relegato qui, così piano piano si dimenticheranno di noi».
Già. Piano piano. Molto piano. Perché quella che oggi festeggiano è una tappa inseguita per anni. Ben 13 fra PhD e postdoc per Marcella, laureata nel 2002. E addirittura 15, compresi i 3 di dottorato, per Silvia. «Abbiamo vissuto questo concorso un po’ come un’ultima chance», ricorda con amarezza. «O la va o la spacca, ci siamo dette. Se non fosse andata bene, avevamo già preso in considerazione la possibilità di dare un taglio netto, di mollare tutto: con due figli, a quarant’anni, è assurdo continuare da precaria. Sempre con assegni di ricerca, fra l’altro, perché entrambe non abbiamo mai avuto nemmeno un tempo determinato. Dunque ogni anno dovevamo trovare i fondi, cambiando magari argomento di ricerca per inseguire quello che, di volta in volta, andava di più. È stata abbastanza dura».
Come dev’esser stata dura più o meno per tutti gli aspiranti di questa tornata di concorsi. Scorriamo rapidamente alcuni dei nomi in testa alle graduatorie: Anna Rita, Elena, Benedetta, Laura… le donne sono la maggioranza: 10 su 19. Le astronome stanno superando i colleghi maschi? «Non lo chiamerei sorpasso, un’unità è semplicemente una fluttuazione statistica», precisa Marcella con occhio scientifico. «Siamo metà e metà. Ed è una tendenza alla parità che osserviamo già da almeno dieci anni».
«Le persone che si avvicinano all’astronomia, e alla scienza in generale, ormai sono al 50 per cento donne e al 50 per cento uomini», continua la ricercatrice, ricordando che, sin dai tempi di Ipazia, anche in passato le astronome hanno avuto un ruolo di primo piano. «Il problema è che, mano a mano che si sale su, la percentuale femminile diminuisce». Una percezione, questa, ampiamente confermata dai numeri, come si può vedere dalla tabella dei dipendenti Inaf divisi per genere: salendo la piramide la percentuale di ‘F’ crolla, da oltre una su tre a meno di una su dieci. L’esito di questo concorso è comunque un segnale confortante, per la parità di genere nell’Inaf: sia rispetto ad altre realtà di ricerca in Italia, sia sul piano internazionale.
Ma torniamo allo studio 39. Ora cosa accadrà? «Per prima cosa, vogliamo trovarci dei finanziamenti. Solo per noi. Per essere autonome», dice Silvia con orgoglio. E già è impaziente di rimettersi a caccia delle controparti elettromagnetiche per le prossime onde gravitazionali che LIGO e Virgo intercetteranno. Marcella, dal canto suo, riprenderà a inseguire nuove popolazioni stellari, «magari con JWST e E-ELT», spiega, riferendosi ai due gioielli del futuro prossimo, dallo spazio e da terra. Insomma, nemmeno un giorno di pausa. «In fondo, abbiamo vinto solo un posto da ricercatrici, che normalmente segna l’inizio d’una carriera, non la fine», sottolinea Marcella, evidenziando la paradossale situazione italiana. «Per noi adesso è il momento d’iniziare. Come dice mia mamma: ora possiamo pensare al premio Nobel!».