Deve esserci ma non la vediamo. Conosciamo alcuni suoi effetti ma non sappiamo di cosa sia fatta. Per ora la chiamiamo semplicemente Materia Oscura e riteniamo che costituisca poco più di un quarto del totale di materia ed energia di cui è fatto tutto l’universo.
La ricerca di questa elusiva ma importante componente cosmica è uno dei principali obiettivi di astronomi e fisici di tutto il mondo, che stanno utilizzando diverse tecniche e strumenti per riuscire finalmente a dare un “volto” alle particelle che costituiscono la materia oscura. Alcune potrebbero avere una piccola massa, come uno dei possibili candidati proposti: gli assioni. Gli assioni, per come sono stati teorizzati, hanno interazioni estremamente deboli con la materia ordinaria e così gli scienziati sono alla continua ricerca di dispositivi sempre più sofisticati e sensibili in grado di smascherarli. La strada che stanno seguendo i ricercatori sudcoreani del Center for Axion and Precision Phisics Research (CAPP), struttura dell’Institute for Basic Science (IBS), è quella di rilevare queste particelle con una tecnica legata al passaggio degli assioni attraverso un intenso campo magnetico, dove possono interagire con i fotoni. A questo scopo sorgerà a Daejeon in Corea del Sud un “aloscopio” (Haloscope, in inglese), ovvero uno strumento per la ricerca di assioni, che però possiede un rivelatore di nuova configurazione. Finora infatti gli aloscopi utilizzavano cavità risonanti di forma cilindrica, circondati da imponenti avvolgimenti elettrici (solenoidi) in grado di generare intensi campi magnetici.
Il rivelatore sudcoreano invece avrà una forma diversa, con una cavità risonante a forma di ciambella (o toro) attorno a cui si avvolgono spiraleggiando i cavi destinati a produrre il campo magnetico. Il team di ricercatori, a cui oltre l’inventiva non manca certo lo spirito goliardico, ha battezzato lo strumento “CAPPuccino submarine” per il suo colore scuro e la sua caratteristica forma che ricorda vagamente un sommergibile. La differente conformazione della cavità risonante è stata oggetto di uno studio teorico dei ricercatori pubblicato sulla rivista Physical Review D, in cui sono state analizzate le principali proprietà delle interazioni tra assioni e fotoni che possono avvenire al suo interno, calcolando le quantità di energia magnetica ed elettrica coinvolte nel processo. Un approccio non semplice, in quanto è praticamente impossibile calcolare in modo analitico quei parametri per una cavità risonante a toro: per raggiungere l’obiettivo il team ha quindi dovuto adattare appositamente le equazioni di Maxwell che definiscono la struttura e le proprietà dei campi elettromagnetici.
«L’idea alla base dell’ “aloscopio” è stata avanzata da P. Sikivie nei primi anni ’80 del secolo scorso» commenta Fabrizio Tavecchio, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. «Concettualmente, il rivelatore sfrutta la possibilità che un assione della materia oscura attraversando una cavità immersa in un intenso campo magnetico si tramuti in un fotone con una frequenza tipica delle microonde, che sarebbe poi facile da rivelare. Uno degli esperimenti più avanzati su questo fronte è l’Axion Dark Matter Experiment (ADMX) in funzione negli USA. In questo caso il campo magnetico viene creato all’interno di un cilindro. La novità supportata dallo studio del gruppo dell’istituto coreano è quella di poter usare anche un deposizione dei magneti tale da fornire un campo magnetico a forma di ciambella (toroidale) che, in linea di principio, risolverebbe alcuni problemi incontrati con la geometria cilindrica e potrebbe essere utilizzato per sviluppare rivelatori più sensibili».
Per saperne di più:
- leggi su Physical Review D l’articolo “Electric and magnetic energy at axion haloscopes” di B. R. Ko et al.