La nuova frontiera dei sistemi di digital signal processing per i radiotelescopi italiani si chiama Sardara, acronimo di SArdinia Roach2-based Digital Architecture for Radio Astronomy. Il sistema, frutto di un finanziamento della Regione autonoma della Sardegna, è stato pensato, progettato e realizzato interamente all’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Cagliari sotto la leadership del direttore della struttura, Andrea Possenti. E ha rappresentato una imponente sfida sia tecnologica che scientifica: realizzare e validare scientificamente, nell’arco di tre anni, un backend digitale capace di processare una banda istantanea di 2 GHz (la massima fornita attualmente presso i radio telescopi italiani) e in grado di rispondere a tutte le richieste scientifiche di Srt, il Sardinia Radio Telescope.
«Il sistema segna un’importante discontinuità col passato», dice il responsabile tecnologico di Sardara, Andrea Melis, dell’Inaf di Cagliari. «La tendenza è sempre stata quella di sviluppare piattaforme ad hoc per ogni tipo di applicazione scientifica, mentre lo sforzo fatto per Sardara è stato quello di sfruttare appieno le potenzialità di schede basate su Fpga (field programmable gate array) e le moderne schede Gpu (graphics processing unit) per distribuire opportunamente il calcolo e, sfruttando la versatilità del sistema, adattare lo stesso hardware a ogni applicazione specifica». Un solo strumento, dunque, per applicazioni molto diverse, che vanno dalla ricerca sulle pulsar alla spettropolarimetria.
I radioastronomi ne hanno capito subito le potenzialità: durante l’Early Science Program di Srt, Sardara, pur in una sua versione ancora non definitiva, ha fatto la parte del leone, risultando il sistema più richiesto fra tutti quelli disponibili e alla base delle osservazioni presentate in alcuni articoli già sottoposti a riviste scientifiche.
Certo, non tutto è stato facile. Grande flessibilità di applicazione, larga banda e utilizzo addirittura in modalità multi beam potevano creare qualche difficoltà gestionale. «Una delle principali criticità di un tale sistema», spiega Raimondo Concu, uno fra gli sviluppatori del software di Sardara, «è proprio l’enorme mole di dati da gestire. Non solo abbiamo dovuto acquisire sistemi di storage veloci e capienti, ma è stato fondamentale sviluppare sistemi hardware e software altamente ottimizzati, che in primis evitino perdite dati e contemporaneamente garantiscano la scrittura degli stessi su disco o il loro post-processing in tempo reale».
Ma non è tutto qui. Sardara è un sistema ad alta compatibilità. «I dati che Sardara produce», aggiunge Alessio Trois, sviluppatore del software scientifico del gruppo, «sono opportunamente convertiti, in real-time, nei formati più comuni per la successiva analisi e fruizione con i software scientifici standard universalmente utilizzati dagli astronomi, in ambito pulsar e in quello spettropolarimetrico».
Grazie all’elevata versatilità e all’estrema portabilità del sistema, da alcune settimane Sardara è operativo anche presso il radiotelescopio di Medicina, in provincia di Bologna, e già si stanno pianificando le operazioni per renderlo disponibile presso il suo gemellino siciliano a Noto. Un’installazione ottenuta in meno di tre giorni, proprio grazie alla flessibilità hardware e software di Sardara, sfruttando una tecnica di ottimizzazione di un generico backend nell’interazione con i radiotelescopi italiani, sviluppata durante il progetto.
«Essendo il cuore del software di controllo d’antenna uguale per tutte le tre antenne italiane», conclude Carlo Migoni, responsabile dell’interfaccia col software d’antenna del backend,«per il team medicinese è possibile sfruttare il medesimo componente software scritto per Srt e quindi operare il backend anche a Medicina in modo assolutamente analogo a quello usato a Srt».