Lampi potentissimi nel cielo a raggi gamma. Li ha visti lo strumento Lat a bordo del telescopio Fermi, e i risultati della ricerca cui hanno preso parte alcuni ricercatori dell’Asi Science Data Center sono stati resi noti al meeting dell’American Physical Society a Washington.
Il telescopio della Nasa ha osservato i più lontani blazar mai individuati, sorgenti altamente energetiche variabili e molto compatte associate alla presenza di buchi neri supermassicci. La luce proveniente dall’oggetto più distante ha iniziato il suo viaggio verso di noi agli albori dell’universo: circa 1,4 miliardi di anni dopo il Big Bang, ovvero il 10 per cento della sua età attuale.
Nonostante la loro giovane età questi remoti blazar ospitano alcuni tra i più imponenti buchi neri, che si sono sviluppati molto prima di quanto ci si aspettasse. Questo rappresenta una sfida per le teorie di formazione sui buchi neri attualmente conosciute e la scoperta di nuovi blazar potrebbe aiutare gli scienziati a migliorare le conoscenze su come i buchi neri nascono ed evolvono.
I blazar costituiscono circa la metà delle sorgenti di raggi gamma catturate da Fermi. Le loro emissioni di alta energia sono alimentate da materia riscaldata e disgregata che cade sul disco di accrescimento verso un buco nero massiccio con una massa un milione di volte superiore a quella del Sole.
Una piccola percentuale della materia in caduta, viene convogliata in getti di particelle che scoppiano verso l’esterno in direzioni opposte quasi alla velocità della luce, i blazar, appunto. Una volta formati essi appaiono come gli oggetti più luminosi del cosmo che rivelano tutta la loro brillantezza proprio nello spettro dei raggi gamma. In precedenza, i blazar più distanti rilevati da Fermi avevano emesso la loro luce quando l’universo aveva circa 2,1 miliardi di anni. Osservazioni precedenti hanno mostrato che i blazar più lontani producono la maggior parte della loro luce ad energie proprio tra il range rilevato da LAT e dai satelliti a raggi X, rendendo la loro individuazione estremamente complicata.
Un passo avanti è stato fatto nel 2015, quando il team di Fermi ha messo a punto una rielaborazione completa di tutti i dati di Lat, il Pass 8, che ha aumentato le possibilità di scovare blazar più distanti. I ricercatori hanno quindi iniziato la ricerca di fonti energetiche lontane all’interno di un catalogo che conta circa 1,4 milioni di quasar, un nucleo galattico attivo strettamente legato alla presenza di blazar. Dopo aver preso in esame le sorgenti gli scienziati sono rimasti con un campione di circa 1.100 oggetti, arrivando ad individuare cinque nuovi blazar.
Espresse in termini di spostamento verso il rosso, le nuove sorgenti hanno un redshift compreso da 3,3 a 4,3: ciò sta a significare che la luce rilevata oggi ha iniziato il suo viaggio quando l’universo aveva tra 1,9 e 1,4 miliardi di anni. Due dei blazar vantano buchi neri di un miliardo di masse solari o più. Tutti gli oggetti hanno un disco di accrescimento estremamente brillante che emette più di due miliardi di volte l’energia del nostro Sole. Questo vuol dire che la materia cade in modo continuativo verso l’interno, si raccoglie in un disco e viene riscaldata prima del tuffo finale nel buco nero.
«La questione principale riguarda il processo di formazione di questi buchi neri supermassicci in un universo così giovane – commenta Dario Gasparrini, ricercatore INFN presso Asdc – non sappiamo ancora quali siano i meccanismi che hanno innescato il loro rapido sviluppo». Fermi, secondo i ricercatori, ha rilevato solamente la punta di un iceberg, i primi esempi di una popolazione di galassie non rilevate in precedenza attraverso l’osservazione nei raggi gamma.
«Con l’osservatorio spaziale Fermi stiamo guardando fucine energetiche alimentate da buchi neri supermassivi di un miliardo di masse solari formatisi all’alba dell’Universo, appena un miliardo di anni dalla sua formazione» commenta Antonio Stamerra, ricercatore dell’Inaf di Torino e della Scuola Normale Superiore di Pisa. «L’emissione osservata è un’indicazione dell’alta efficienza dell’accrescimento della massa dei primi buchi neri nei blazar, che diventano un ingrediente essenziale nella descrizione dell’evoluzione dell’Universo al momento della formazione delle prime strutture cosmiche. Sebbene i blazar siano noti come sorgenti di raggi gamma, la loro identificazioni a distanze così elevate appare sorprendente in quanto l’effetto di spostamento verso il rosso li porta ad emettere nella regione energetica più bassa, tra i raggi X e i raggi gamma molli. Questi blazar ad alto redshift sono quindi tra gli obiettivi ideali dei nuovi osservatori gamma come ad esempio e-Astrogam».