LA VACANZA SPAZIALE TI CAMBIA IL DNA?

Gemelli Kelly: così uguali, così diversi

Cosa accade al corpo umano a seguito d’una lunga permanenza nello spazio? Ecco i risultati preliminari, presentati in Texas al meeting annuale dello Human Research Program della Nasa, del Twins Study, il programma di ricerca che ha coinvolto i due gemelli Scott e Mark Kelly

     06/02/2017

Da sinistra, Scott e Mark, i gemelli Kelly. Crediti: Nasa

Dopo 340 giorni consecutivi trascorsi in orbita e quasi altrettanti impiegati per l’analisi dei dati, la Nasa svela i primi arcani sull’effetto che lo spazio ha sulla fisiologia umana. La One Year Mission ha visto protagonisti l’astronauta americano Scott Kelly e il cosmonauta russo Mikhail Kornienko, che hanno vissuto in condizioni di microgravità a bordo della Stazione spaziale internazionale per quasi un anno, contrariamente al periodo di permanenza a bordo che è di solito di sei mesi.

Questa missione ha offerto un’opportunità di studio unica ai ricercatori, che hanno potuto indagare la fisiologia di due essere umani con lo stesso Dna dopo una missione di lunga durata. Già, perché Scott Kelly ha un gemello omozigote – Mark, astronauta a riposo – che da terra è stato il riferimento per il programma di ricerca chiamato Twins Study. E proprio grazie al confronto fra Scott e Mark, che ha agito come riferimento di controllo, dieci ricercatori stanno condividendo i campioni biologici presi da ciascuno dei gemelli, durante e dopo la missione di Scott.

I dati ottenuti sono per ora preliminari, molte altre ricerche sono ancora in corso e si è ben lontani dall’avere risultati definitivi, ma sono stati presentati nei giorni scorsi in anteprima, in Texas, al meeting annuale dello Human Research Program della Nasa, dal quale sono emersi i primi risultati sui possibili effetti sul corpo umano nei voli spaziali di lunga durata. Il dato più eclatante è che una lunga permanenza nello spazio può avere effetti sulla struttura del Dna umano. Ma vediamo con maggiore dettaglio i risultati preliminari di questi studi che hanno coinvolto differenti aspetti della fisiologia umana.

La ricerca di Susan Bailey si è concentrata sui telomeri, una struttura cromosomica la cui lunghezza, accorciandosi mano a mano che le cellule si dividono, è in qualche modo correlata con l’età. Il dato interessante è che, nel corso dell’anno trascorso in volo, i telomeri di Scott sono aumentati in lunghezza. Questo dato potrebbe essere correlato anche con un esercizio fisico più intenso e con un ridotto apporto calorico durante la missione. In ogni caso, una volta rientrato a terra, Scott ha “visto” i suoi telomeri ritornare alla lunghezza originaria.

Mike Snyder, ricercatore del programma Integrated Omics, ha riscontrato livelli alterati di una tipologia di lipidi in Scott (il gemello in volo), cosa che sarebbe sintomo di uno stato infiammatorio. Inoltre, la proteina C-reattiva (un parametro largamente accettato come marker dell’infiammazione) sembra presentare un picco subito dopo l’atterraggio, mentre il cortisolo (l’ormone dello stress) si è mantenuto a livelli normali durante l’intera durata della missione. Sempre relativamente al profilo biochimico, il tasso di formazione ossea appare ridotto in particolare durante la seconda metà della missione di Scott.

Mathias Basner è impegnato a valutare la variazione delle performance cognitive dopo una missione della durata di sei mesi o di un anno. Effettivamente si è riscontrata una lieve riduzione delle prestazioni in termini di velocità e accuratezza, ma queste sembrano indipendenti dalla durata della missione.

L’astronauta statunitense Scott Kelly al lavoro sulla Stazione spaziale internazionale. Crediti: Nasa

La ricerca di Emmanuel Mignot, immunologo, si è concentrata sulle modifiche dell’organismo umano prima e dopo l’assunzione di un vaccino per l’influenza somministrato a entrambe i gemelli. Il ricercatore Chris Mason è impegnato nel sequenziamento del genoma di Dna ed Rna provenienti dai globuli bianchi dei gemelli. È stata completata l’intera sequenza e si sono evidenziate centinaia di mutazioni nel genoma di un gemello rispetto all’altro. Nell’Rna si sono riscontrate più di 200mila molecole che si sono espresse in modo differente nei due gemelli. Andy Feinberg – esperta di epigenomica – spiega che nel Dna dei globuli bianchi di Scott ha riscontrato che il livello di metilazione si è ridotto durante il volo, per poi tornare normale una volta a terra.

Ad alcuni astronauti in missione sulla stazione spaziale sono stati riscontrati problemi alla vista la cui causa è al momento sconosciuta. Il ciclo sonno-veglia nei membri dell’equipaggio appare variato negli astronauti impegnati in missioni di lunga durata rispetto ai colleghi che hanno affrontato missioni più brevi: Laura Barger afferma che questi astronauti presentano un ciclo del sonno più lungo di un’ora di sonno rispetto alla media.

Dagli studi di Rachael Seidler, concentrati sulle funzioni neurocognitive, sono emersi invece risultati molto simili tra soggetti impegnati in un anno di missione oppure sei mesi, nonostante i primi presentino un recupero più lento delle loro prestazioni cognitive. A dispetto di ciò, gli astronauti impegnati in voli di durata maggiore hanno mostrato il coinvolgimento di un maggior numero di aree del cervello nel processare gli input provenienti dal vestibolo dell’orecchio interno.

A integrazione di questi primi risultati in arrivo ulteriori ricerche, promosse dallo Human Research Program della Nasa. Attraverso studi d’avanguardia, il programma dell’agenzia mira a garantire esplorazioni spaziali sempre più sicure, che minimizzino i rischi per la salute umana e ottimizzino le prestazioni degli astronauti, garantendo standard elevati di abitabilità nello spazio.