Prendono forma attorno a oggetti celesti di eccezionale grandezza e si estendono per milioni di anni luce. Parliamo dei giganteschi campi magnetici che un gruppo di astronomi guidato dal Max Planck Institute ha appena scoperto attorno agli ammassi di galassie Ciza J2242+53 grazie ai dati raccolti dal radiotelescopio Effelsberg.
Alla periferia di un colossale accumulo di materia oscura, sistemi stellari, gas caldo e particelle cariche, riposano (si fa per dire) dunque i più grandi campi magnetici che l’universo abbia conosciuto.
Lo studio, appena pubblicato su Astronomy & Astrophysics, porta la firma di un gruppo di ricercatori tedeschi che ha conseguito la scoperta analizzando i dati raccolti dal radiotelescopio Effelsberg (una parabola di 100 metri di diametro) situato nei pressi di Bad Münstereifel, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania.
Inaugurato nei primi anni Settanta, è stato per quasi 30 anni il più grande radiotelescopio orientabile del mondo, e sotto la gestione del Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn è stato perlopiù impiegato per l’osservazione di pulsar, polvere interstellare, getti di materia emessi da buchi neri e nuclei di galassie molto distanti. Ora ci regala una scoperta affascinante, quella del più ampio campo magnetico mai rilevato nell’universo e che, secondo i ricercatori, potrebbe avere un’estensione anche maggiore dello stesso ammasso. «Fra i cinque e i sei milioni di anni luce», spiega Maja Kierdorf del Max Planck prima firmataria dell’articolo.
Gli ammassi di galassie sono le più maestose strutture che la gravità tenga insieme nel nostro universo. Con un “ingombro” tradizionalmente calcolato in una decina di milioni di anni luce, ovvero 100 volte il diametro della Via Lattea, sono casa di un grandissimo numero di sistemi stellari. Minestrone di gas caldo, particelle, campi magnetici e materia oscura.
Gli eccezionali campi magnetici rilevati dagli astronomi tedeschi potrebbero essere una diretta conseguenza della collisione tra i due ammassi galattici ad altissima velocità. Matthias Hoeft, del Thüringer Landessternwarte Tautenburg, ha sviluppato un metodo che permette di determinare il rapporto tra la velocità relativa delle nubi di gas in collisione e la velocità del suono, utilizzando il grado di polarizzazione osservato. Risultato: lo scontro fra gli ammassi avviene alla folle velocità di 2000 chilometri al secondo.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Relics in galaxy clusters at high radio frequencies“, di M. Kierdorf, R. Beck, M. Hoeft, U. Klein, R. J. van Weeren, W. R. Forman e C. Jones