Si chiamano idrocarburi poliaromatici e sono molecole a base di idrogeno e carbonio presenti praticamente ovunque, dai tubi di scappamento delle nostre auto al mezzo interstellare. Come si producono? L’elenco è lungo e quanto mai eterogeneo: processi industriali, impianti di generazione d’energia elettrica, inceneritori, riscaldamento domestico, fumo di tabacco, vulcani… e stelle. Ed è proprio orientando lo specchio da 10 metri del Keck, alle Hawaii, verso 1500 galassie lontanissime in cerca di questi composti organici che un team d’astrofisici dell’Università della California, guidato da Irene Shivaei di UC Riverside, è riuscito a individuarli in regioni del cosmo risalenti a epoche primordiali.
«Nonostante la loro ubiquità, osservare i Pah [acronimo inglese per polycyclic aromatic hydrocarbon, ndr] in galassie distanti è stato un compito impegnativo. La maggior parte di ciò che sappiamo circa le proprietà e le quantità di Pah in altre galassie è limitata all’universo vicino», osserva Shivaei.
Per colmare la lacuna, oltre ai dati raccolti dal Keck i ricercatori californiani si sono avvalsi d’immagini ottenute dai telescopi spaziali Spitzer della Nasa e Herschel dell’Esa, indispensabili per tracciare le emissioni dei Pah (nel medio infrarosso) e quelle termiche della polvere (nel lontano infrarosso).
I risultati mostrano che nelle galassie di massa minore, con una metallicità più bassa, l’emissione riconducibile agli idrocarburi poliaromatici è assente, probabilmente perché le molecole di Pah non riescono a resistere in un ambiente così ostile. Così come risulta relativamente debole l’emissione da Pah riscontrata nelle galassie giovani rispetto a quelle più vecchie, a causa, si ritiene, del ritardo con il quale le stelle Agb – quelle appartenenti al ramo asintotico delle giganti – iniziano appunto a produrre gli idrocarburi poliaromatici. Risultati che portano a una conclusione inattesa: l’attività di formazione stellare in epoca antica – una decina di miliardi di anni fa e oltre – doveva essere circa il 30 per cento più intensa di quanto stimato fino a oggi.
E proprio per discutere di stelle Agb si riuniranno la prossima settimana a Roma, dal 27 al 31 marzo, scienziate e scienziati da tutto il mondo per il convegno “The Agb-Supernovae Mass Transition”. Fra loro ci sarà anche Rosa Valiante dell’Inaf di Roma, che parlerà venerdì pomeriggio del ruolo di Agb e supernove come generatrici di polvere. «È uno studio interessante», spiega Valiante a Media Inaf, raggiunta per un commento sui risultati di Shivaei e colleghi, «perché le stelle Agb sono tra le più importanti (ma a volte sottovalutate) fabbriche di grani di polvere – tra cui le molecole di idrocarburi policiclici aromatici – presenti nell’universo, fin da quando aveva poco più di un miliardo di anni».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The MOSDEF Survey: Metallicity Dependence of PAH Emission at High Redshift and Implications for 24 μm Inferred IR Luminosities and Star Formation Rates at z ~ 2“, di Irene Shivaei, Naveen A. Reddy, Alice E. Shapley, Brian Siana, Mariska Kriek, Bahram Mobasher, Alison L. Coil, William R. Freeman, Ryan L. Sanders, Sedona H. Price, Mojegan Azadi e Tom Zick
- Vai al sito del convegno internazionale “The AGB-Supernovae Mass Transition” (Roma, 27-31 marzo 2017)