Stelle in formazione dove mai finora erano state osservate, ovvero all’interno di giganteschi flussi di gas espulsi a grande velocità dal centro delle galassie. A realizzare la scoperta, grazie alle osservazioni con il telescopio Very Large Telescope dell’ESO e pubblicata in un articolo sulla rivista Nature, è stato un team europeo di ricercatori guidati dall’italiano Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge nel Regno Unito e a cui hanno partecipato astronomi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Università di Firenze associati all’Inaf.
Negli ultimi anni le osservazioni hanno mostrato che moltissime galassie presentano dei venti galattici che trasportano grandi quantità di gas verso l’esterno. Questi getti sono sospinti dall’energia fornita dall’esplosione di supernovae e dai venti delle stelle, oppure dall’energia liberata dalla materia in caduta su un buco nero.
«Gli astronomi pensano da tempo che le condizioni ambientali di questi flussi possano essere adatte alla formazione di stelle, ma nessuno finora l’aveva visto direttamente perché è un’osservazione molto difficile da realizzare», commenta Maiolino. «I nostri risultati sono esaltanti perché mostrano in modo inequivocabile che le stelle vengono create all’interno di questi flussi di materia».
I ricercatori hanno scoperto che le stelle si possono formare direttamente nel gas emesso dalle galassie che viaggia a velocità anche superiori a due milioni di chilometri l’ora, osservando direttamente l’impronta delle nuove stelle appena formate. Si tratta di un nuovo modo di formazione stellare, previsto da alcuni recenti modelli teorici, che crea stelle con caratteristiche dinamiche completamente diverse dalle altre. La galassia dove per la prima volta è stato osservato questo processo, denominata IRAS F23128–5919, si trova a 600 milioni di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione del Tucano. «Il tasso di formazione di nuove stelle che abbiamo registrato è di circa 30 masse solari all’anno, corrispondenti a un quarto della formazione totale di stelle nella galassia» dice Giovanni Cresci, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Firenze, coautore dello studio. IRAS F23128–5919 è il risultato di una fusione di due galassie più piccole, una delle quali ospita un buco nero attivo. Il vento di gas è sospinto dall’effetto della violenta formazione di nuove stelle al centro di quest’ultima galassia, o dal buco nero, o più probabilmente da una combinazione dei due effetti.
Le evidenze della presenza di stelle giovani con alte velocità radiali rispetto alla galassia sono state ottenute grazie alla combinazione di osservazioni spettroscopiche con MUSE e X-Shooter, due strumenti al telescopio Vlt dell’Eso, che hanno permesso di studiare le proprietà del gas ionizzato dalle stelle nonché caratterizzare la popolazione delle nuove stelle. Esse hanno un’età di pochi di milioni di anni, e l’analisi preliminare suggerisce che siano più calde e più brillanti delle stelle formate precedentemente nel disco galattico.
Gli astronomi hanno anche determinato il moto e la velocità delle stelle. La luce della maggior parte degli astri in questa regione indica che stanno viaggiando a velocità elevate allontanandosi dal centro della galassia – come è ragionevole aspettarsi per oggetti che si trovano nella corrente di un materiale in rapido movimento.
«Recenti osservazioni, sempre del nostro gruppo, avevano mostrato per la prima volta che la formazione di nuove stelle poteva essere stimolata dalla presenza di getti di gas, a causa della compressione del gas nel disco della galassia, ma in questo caso la formazione delle stelle avviene direttamente nel materiale in espulsione» aggiunge Cresci. «Questa nuova modalità di formazione di stelle potrebbe avere importanti conseguenze nell’evoluzione della struttura delle galassie e contribuire all’arricchimento chimico dell’alone esterno delle galassie stesse».
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Per saperne di più:
Leggi su Nature l’articolo Star formation inside a galactic outflow di Roberto Maiolino (Cavendish Laboratory e Kavli Institute for Cosmology, Università di Cambridge – Regno Unito), Helen R. Russell e Andrew C. Fabian (Institute of Astronomy, Università di Cambridge – Regno Unito), Stefano Carniani, Robert Gallagher e Francesco Belfiore (Cavendish Laboratory e Kavli Institute for Cosmology, Università di Cambridge – Regno Unito), Sara Cazzoli, Santiago Arribas, Enrica Bellocchi e L. Colina (Instituto de Astrofísica de Andalucía, Granada – Spagna), Giovanni Cresci, Filippo Mannucci ed Ernesto Oliva (INAF – Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Firenze), Alessandro Marconi (Università di Firenze e associato INAF), Wako Ishibashi (Physik-Institut, Università di Zurigo – Svizzera) ed Eckhard Sturm (Max-Planck-Institut für Extraterrestrische Physik, Garching – Germania)