Puntando un occhio sensibile ai raggi gamma verso il centro della Via Lattea è possibile vedere una grande quantità di luce, molta più di quanta ne prevede la teoria. Fino ad ora si pensava che tra i responsabili principali ci fosse la materia oscura, ma un recente studio sui dati raccolti dall’osservatorio spaziale Fermi Large Area Telescope (Fermi-Lat) della Nasa dimostra che l’eccesso gamma può essere spiegato da una popolazione di pulsar, stelle molto dense alla fine della loro vita e in rapida rotazione su loro stesse. I risultati sono riportati su un articolo sottoposto per la pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal.
La materia oscura è uno dei grandi misteri della fisica moderna. Sappiamo che esiste, perché ne vediamo alcuni effetti gravitazionali, come la distorsione dello spazio, o la rotazione delle galassie. Eppure non sappiamo ancora cosa sia di preciso. Gli scienziati che la studiano ritengono che sia composta da particelle ancora sconosciute, che non interagiscono con la materia ordinaria se non attraverso la loro gravità, e per questo sono difficili da rilevare. Un modo per catturarle potrebbe essere osservando la luce emessa quando quando decadono o si scontrano tra loro. «Molti studi teorici prevedono che questi processi produrrebbero raggi gamma, e uno dei modi per cercare questa radiazione è con il telescopio Fermi-Lat», dice Seth Digel del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (Kipac), coautore dello studio.
Numerose osservazioni alle alte energie hanno dimostrato che dal centro della nostra galassia provengono molti più raggi gamma di quanto previsto dai modelli. Questo ha spinto gli scienziati a ritenere che tale segnale fosse dovuto alla presenza di particelle di materia oscura. Tuttavia, le radiazioni gamma sono prodotte anche da un grande numero di altri processi cosmici, e prima di poter trarre qualsiasi conclusione occorre che questi vengano esclusi. Il compito è molto complicato poiché il centro galattico è ricco di sorgenti, e ancora non conosciamo in dettaglio tutto ciò che accade in quella zona.
Gran parte dei raggi gamma presenti nella Via Lattea provengono dall’impatto di particelle cariche, chiamate raggi cosmici, con il gas interstellare. Questa interazione produce un’emissione diffusa che si estende per tutta la galassia. Anche le pulsar emettono raggi gamma, collimandoli in stretti fasci che ruotano solidali alla stella e creano un effetto faro.
«Studi recenti hanno dimostrato che l’eccesso di raggi gamma al centro della nostra galassia è distribuito in modo meno uniforme di quanto ci si aspetterebbe se il segnale fosse dovuto alla materia oscura», spiega Erich Charles del Kipac, coautore dell’articolo. «Questo suggerisce che la fonte siano sorgenti puntiformi che non siamo ancora stati in grado di individuare». Il nuovo lavoro mostra che il segnale gamma è compatibile con la presenza di una popolazione di circa mille pulsar, senza bisogno di invocare un contributo da materia oscura. Il team sta pianificando studi di follow-up con i quali sperano di individuare i segnali pulsati emessi da queste sorgenti.
«Le pulsar isolate hanno una durata di vita attorno ai 10 milioni di anni, molto meno dell’età delle stelle più vecchie nei pressi del centro galattico», aggiunge Charles. «Il fatto che siamo ancora in grado di vedere i raggi gamma emessi da queste pulsar implica che molto probabilmente si trovano all’interno di sistemi binari. In questo caso la pulsar ha una compagna da cui accumula materia, e questo estende di parecchio la sua vita».
«Se il segnale fosse dovuto alla materia oscura, ci aspetteremmo di vederlo anche al centro di altre galassie», spiega Digel. «In particolare dovrebbe essere evidente nelle galassie nane che orbitano attorno alla Via Lattea. Queste galassie hanno poche stelle, non ospitano molte pulsar, e sono tenute insieme da una grande quantità di materia oscura. Eppure non emettono intense radiazioni nella banda gamma».
«L’eccesso di emissione gamma dalla regione centrale della galassia ha colpito gli astrofisici fino dai tempi di Cos-B», spiega Patrizia Caraveo dell’Inaf di Milano, coautrice dello studio. «È subito stato chiaro che l’emissione diffusa prodotta dall’interazione dei raggi cosmici con il materiale interstellare o con i fotoni ambientali non era sufficiente per spiegare il flusso osservato. Occorreva aggiungere un altro contributo, vuoi invocando un gran numero di sorgenti puntiformi non risolte, vuoi aggiungendo qualcosa di totalmente diverso. Dopo 40 anni, la situazione si ripete: l’eccesso di radiazione gamma dal centro galattico è presente, forte e chiaro, nelle immagini ottenute dalla missione Fermi e, pur con dati di qualità e quantità straordinariamente migliore di quelli di Cos-B, il dilemma è sempre lo stesso. Somma di sorgenti oppure segnale di presenza (e decadimento) di materia oscura?»
«Nell’ultimo lavoro della collaborazione Fermi, il terzo della serie dedicata al centro galattico, si propende per l’ipotesi somma di pulsar non risolte», continua Caraveo. «Si è arrivati a questo risultato combinando un nuovo catalogo di sorgenti Fermi (ancora non pubblicato) con uno studio dettagliato dello spettro della radiazione gamma dalla zona centrale della galassie, che mostra una gobba intorno a qualche GeV, tipica dello spettro delle pulsar. Fermi ci ha insegnato che le pulsar sono la popolazione di sorgenti gamma più numerosa della nostra galassia. Dietro a poco più di 200 stelle di neutroni viste pulsare in gamma, semplicemente grazie alla loro relativa vicinanza, ce ne devono essere decine di migliaia distribuite nel piano galattico. Un contributo di poche migliaia di pulsar nella regione centrale sarebbe sufficiente per spiegare l’eccesso gamma solo con ingredienti noti».
Per saperne di più:
- Leggi sul portale ArXiV.org il preprint dell’articolo “Characterizing the population of pulsars in the Galactic bulge with the Fermi Large Area Telescope” di M. Ajello , L. Baldini , J. Ballet et al.