Fra i tanti aspetti sorprendenti della cometa 67P che ci ha fatto conoscere la missione Rosetta, uno fra i più enigmatici ha a che fare con l’ossigeno. Con l’ossigeno molecolare, per la precisione: vale a dire, molecole di O2. Se qui sulla Terra, per nostra fortuna, è sfornato in continuazione dalle piante, come sottoprodotto della fotosintesi clorofilliana, nello spazio è invece una sostanza nella quale ci si imbatte di rado: per quanto ne sappiamo, lo si era individuato solo due volte, in nubi di formazione stellare. Poi, pubblicata nel 2015 su Nature, è arrivata l’inattesa scoperta di Rosetta: nella chioma della cometa 67P c’è ossigeno molecolare. E ce n’è pure tanto: dopo acqua, monossido di carbonio e anidride carbonica, è il gas più comune nell’atmosfera cometaria.
Com’è possibile, si sono subito chiesti gli scienziati? Certo a produrlo non possono essere alberi e alghe… Dunque potrebbe trattarsi – questa fu la prima ipotesi avanzata – di ossigeno primordiale: molecole risalenti a un’epoca antichissima, precedente alla formazione del Sistema solare. Ma un’ipotesi alternativa giunge ora da una fonte inconsueta: un ingegnere chimico del Caltech, Konstantinos Giapis, il cui campo di studi è quello dei sistemi di produzione di microprocessori. Giapis si occupa delle reazioni chimiche che coinvolgono l’impatto ad alta velocità di ioni con superfici di semiconduttori come mezzo per produrre chip più veloci, e memorie digitali più capienti, per computer e smartphone. Ebbene, leggendo della scoperta di Rosetta, Giapis ha avuto un déjà vu.
«Avevo cominciato a interessarmi di spazio, e stavo cercando proprio luoghi in cui gli ioni vengono accelerati contro le superfici», ricorda ora Giapis. «Quando ho visto i risultati delle misure compiute sulla cometa di Rosetta, in particolare per quanto riguarda l’energia con la quale le molecole d’acqua colpiscono la cometa, tutto ha fatto clic: quello che sto studiando da anni sta accadendo proprio qui, su questa cometa», si è detto.
E che cos’è, che sta accadendo? In poche parole, un processo di produzione abiotica – vale a dire, senza il coinvolgimento di forme di vita – dell’ossigeno molecolare. Il processo, riprodotto da Giapis e dal suo collega Yunxi Yao in laboratorio e descritto oggi su Nature Communications, avviene in tre passaggi. Il primo è l’emissione di vapor d’acqua dalla cometa, innescata dal caldo dovuto all’irraggiamento solare. Le molecole d’acqua vengono quindi ionizzate dalla radiazione ultravioletta, anche questa emessa dal Sole. Ed è sempre il Sole l’artefice anche del terzo passaggio: le molecole d’acqua ionizzate, sospinte dal vento solare, tornano verso la superficie della cometa. E qui, a seguito dell’impatto con materiale contenente ossigeno, acquisiscono un altro atomo di ossigeno, dando appunto origine ad atomi di O2.
Se le cose stanno così, altro che ossigeno primordiale: si tratterebbe, al contrario, di ossigeno “fresco”, esito di un processo di produzione continua, in tempo reale.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Dynamic molecular oxygen production in cometary comae”, di Yunxi Yao e Konstantinos P. Giapis