Il recente annuncio della scoperta di sette pianeti rocciosi in orbita attorno a Trappist-1, la stella nana rossa ad appena 40 anni luce da noi, aveva suscitato non poco scalpore, certamente anche a causa del fatto che ben tre di questi pianeti risultano in fascia abitabile. Tuttavia è subito emersa anche una criticità: il sistema planetario di Trappist-1 sembra assai instabile, con i suoi componenti destinati a incrociare le orbite e a sfracellarsi l’uno sull’altro nel breve volgere di un milione di anni. Possibile che sia stato scoperto proprio un attimo prima (in una scala di tempi cosmici) della fine?
Ora un nuovo studio canadese, guidato da Dan Tamayo dell’Università di Toronto e pubblicato su Astrophysical Journal Letters, ha trovato una chiave di lettura per spiegare l’esistenza di questo straordinario sistema planetario. Grazie a nuove simulazioni al computer, i ricercatori sono stati in grado di descrivere i pianeti attorno a Trappist-1 come facenti parte di una catena di risonanze orbitali, che contribuisce in maniera cruciale a stabilizzare il sistema.
Quando dei corpi celesti sono in risonanza orbitale, i rispettivi periodi di rivoluzione sono in rapporto fra loro secondo frazioni di numeri interi. Per esempio, nello stesso esatto tempo in cui Nettuno orbita tre volte attorno al Sole, Plutone compie due rivoluzioni complete. Senza questa sincronizzazione naturale, che stabilizza i due pianeti l’uno rispetto all’altro, Plutone non esisterebbe più.
Il sistema di Trappist-1 porta all’esasperazione lo stesso principio, mantenendo tutti i sette pianeti in una catena di risonanze orbitali. «C’è un criterio di ripetizione ritmico che assicura al sistema di rimanere stabile per un lungo periodo di tempo», spiega Matt Russo del Canadian Institute for Theoretical Astrophysics.
Proprio dal ritmo orbitale dai pianeti, Russo ha ottenuto una “partitura” che sintetizza il funzionamento di questo straordinario sistema planetario, creando un’animazione in cui i pianeti producono una nota di pianoforte ogni volta che passano davanti alla loro stella ospite, e un colpo di batteria ogni volta che un pianeta sorpassa il suo vicino più prossimo.
«I sistemi planetari, per la maggior parte, sono come bande di musicisti dilettanti in cui ciascuno suona a una velocità diversa», dice Russo. «Trappist-1 è diverso, un super-gruppo con tutti i sette membri sincronizzati tra loro in modo quasi perfetto».
Come mai, allora, nelle simulazioni precedenti il sistema planetario di Trappist-1 risultava altamente instabile? «È che le configurazioni stabili hanno pochissimo margine di errore», risponde Tamayo, «mentre al momento non possiamo misurare tutti i parametri orbitali con la precisione necessaria, così le simulazioni danno come risultato la rapida distruzione del sistema».
Al fine di aggirare questo ostacolo, nelle nuove simulazioni i ricercatori hanno considerato il sistema non come è oggi, ma come si presume che fosse al momento della sua formazione. Mentre il sistema prendeva forma da un disco protoplanetario, i pianeti devono sono migrati l’uno rispetto all’altro, assumendo una configurazione risonante stabile.
«Questo significa che, all’inizio, l’orbita di ogni pianeta è stata aggiustata per renderla armoniosa rispetto ai suoi vicini, nello stesso modo in cui un gruppo musicale accorda gli strumenti prima di iniziare a suonare», conclude Russo. «Ecco perché l’animazione produce una musica così bella».