Un buco nero di massa stellare è quello che resta di una stella molto massiccia dopo un’esplosione di supernova. I buchi neri, oggetti che divorano anche la luce e da cui nulla può uscire, sono gli oggetti più esotici dell’universo e per loro natura molto difficili da osservare. Dato che sono per definizione ”neri”, l’unico modo di osservarli è tramite l’effetto che hanno su altri oggetti. Se il buco nero è in un sistema binario con una stella normale, la sua forte attrazione gravitazionale può deformare la stella e strapparle gas. Questo gas cadendo verso il buco nero si riscalda ed emette radiazione. Vicino al buco nero, questa radiazione può raggiungere un’intensità di milioni di volte superiore a quella del sole e viene emessa nei raggi X. È quella che viene chiamata una binaria X. La maggior parte di questi sistemi stellari è “a riposo,” ovvero poca materia raggiunge il buco nero e l’emissione X è bassa. Ogni tanto qualcuno si “sveglia” e viene immediatamente osservato con tutti i telescopi disponibili.
Lo studio di questi oggetti particolarmente esotici e rari (ne conosciamo solo qualche decina, dato che possiamo vederli solo quando ”mangiano”) è importante per due motivi. Il primo è che il fenomeno dell’accrescimento di materia da una stella a un buco nero è molto complesso, con il gas che forma un disco intorno al buco nero, e costituisce un oggetto cosmico fondamentale al pari di stelle e nubi di gas. Si tratta di meccanismi che emettono energia in modo molto più efficiente delle reazioni nucleari, estraendola non dagli atomi di gas, ma dalla gravità stessa. Inoltre si è scoperto che spesso il buco nero, invece di divorare il gas in arrivo, preferisce ”sputarlo” a velocità vicine a quella della luce, costituendo dei getti cosmici spettacolari e molto energetici. Il secondo è che vicino a un buco nero si può studiare la Relatività generale di Einstein nella sua applicazione più estrema.
Studi in corso e domande aperte
I raggi X possono essere osservati soltanto al di fuori dell’atmosfera terrestre, per cui tutti i telescopi X sono su satelliti artificiali. Attualmente sono operativi diversi satelliti, operati da diverse agenzie, che permettono studi sofisticati sull’emissione di questi oggetti. Negli ultimi vent’anni c’è stato un vero e proprio balzo in avanti delle nostre conoscenze (basti pensare che i getti cosmici di cui sopra erano sconosciuti).
Le domande fondamentali ancora aperte sono diverse. Alcune sono di tipo astronomico. Qual è la struttura della materia in accrescimento e quale la natura della sua emissione X, che varia nel tempo in modo spesso imprevedibile? Qual è il processo che accelera il gas a velocità prossime a quella della luce e gli permette di sfuggire alla voracità del buco nero poco prima di essere inghiottito per sempre?
Altre sono di fisica di base. Esiste un modo di osservare direttamente la presenza di un buco nero? Una risposta può essere data soltanto prendendo in considerazione la Relatività generale. La teoria funziona molto bene in vicinanza di corpi leggeri come la terra o a grandi distanze da corpi massicci, ma come si comporta a pochi chilometri da un buco nero, dove la gravità è immensa? Questi sistemi ci forniscono delle “sonde” di materia, purtroppo dalle caratteristiche molto complesse, che arrivano a pochi chilometri da un buco nero, dove lo spazio è estremamente curvo. La sfida è estrarre l’informazione che cerchiamo.
Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica
L’Inaf partecipa a queste ricerche sia sul fronte tecnologico, con il coinvolgimento nella progettazione e costruzione di telescopi e strumenti per l’osservazione in raggi X, sia sul fronte di analisi e interpretazione di dati. I buchi neri di massa stellare vengono studiati in diverse sedi Inaf in Italia, dove ricercatori sono all’avanguardia in questo campo.
L’autore: Tomaso M. Belloni è primo ricercatore Inaf all’Osservatorio astronomico di Brera
Su Media Inaf potrai trovare, mano a mano che verranno pubblicate, tutte le schede della rubrica dedicata a Voci e domande dell’astrofisica, scritte dalle ricercatrici e dai ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica
Per saperne di più, guarda il video di Gabriele Ghisellini: