Un’analisi combinata dei dati provenienti da Fermi – il telescopio spaziale della Nasa per lo studio dei raggi gamma, cui l’Italia partecipa con l’Infn, l’Istituto nazionale di astrofisica e l’Agenzia spaziale italiana – e dal telescopio terrestre in Namibia, Hess, suggerisce che il centro della nostra Via Lattea contenga una “trappola” in grado di concentrare alcune delle particelle più veloci della Galassia: i raggi cosmici di più alta energia.
«I nostri risultati suggeriscono che la maggior parte dei raggi cosmici che popolano la regione più interna della nostra galassia, e soprattutto quelli più energici, vengano prodotti in regioni attive al di là del centro galattico e poi rimangano intrappolati lì, per interagire successivamente con le nubi di gas, producendo così gran parte delle emissioni di raggi gamma osservate da Fermi e da Hess», spiega il primo autore della ricerca, Daniele Gaggero dell’Università di Amsterdam.
I raggi cosmici sono particelle di alta energia che si muovono nello spazio quasi alla velocità della luce. Circa il 90 per cento sono protoni, mentre elettroni e nuclei di vari atomi costituiscono il resto. Nel loro viaggio attraverso la galassia, queste particelle elettricamente cariche subiscono gli effetti dei campi magnetici, che alterano i loro percorsi, rendendo così impossibile risalire a dove abbiano avuto origine.
Quando i raggi cosmici interagiscono con la materia, diversi processi portano all’emissione di raggi gamma, la forma di luce (fotoni) di più alta energia. Poiché i raggi gamma viaggiano dalle loro sorgenti fino a noi in modo diretto, le caratteristiche dettagliate di questa emissione ci portano informazioni sui raggi cosmici responsabili della loro produzione. Lo scorso marzo, gli scienziati della collaborazione Hess hanno riportato un’evidenza di ciò che accade alle alte energie nel centro della nostra galassia. Hanno, infatti, trovato un bagliore diffuso di raggi gamma che raggiunge quasi i 50 trilioni di elettronvolt (TeV). Questi sono circa 50 volte più elevati delle energie dei raggi gamma osservati dal telescopio spaziale di Fermi, in particolare dal suo rivelatore Lat. Per rendere l’idea, l’energia della luce visibile varia da circa 2 a 3 elettronvolt.
Fermi rivela i raggi gamma quando entrano nel Lat. Mentre a terra Hess rivela l’emissione quando l’atmosfera assorbe i raggi gamma, innescando una cascata di particelle che a loro volta producono un lampo di luce blu, chiamata luce Cherenkov. In una nuova analisi pubblicata il 18 luglio sulla rivista Physical Review Letters, un team internazionale di scienziati ha combinato i dati del Lat a bassa energia con i dati ad alta energia di Hess: il risultato è stato uno spettro di raggi gamma continuo, che descrive l’emissione dal centro galattico che si estende in un intervallo di che va da pochi GeV fino a 50 TeV.
«Una volta che abbiamo sottratto le sorgenti puntiformi, abbiamo trovato un buon accordo tra i dati del Lat e quelli di Hess: questo è stato un po’ sorprendente per le diverse finestre energetiche e le differenti tecniche di osservazione utilizzate», ha spiegato il co-autore dello studio Marco Taoso dell’Infn di Torino e dell’Istituto di fisica teorica di Madrid. Questo accordo indica che la stessa popolazione di raggi cosmici, probabilmente protoni, è responsabile dei raggi gamma osservati in tutto l’intervallo energetico osservato.
Lo studio conferma anche alcuni risultati precedenti del Lat, che indicano che i raggi cosmici lungo il piano della Via Lattea sono più energetici man mano che ci si avvicina al centro galattico. Come e dove precisamente i raggi cosmici raggiungano queste energie continua a rimanere un mistero. «Questo comportamento è interpretato come un cambiamento nel modo in cui i raggi cosmici si muovono attraverso la nostra galassia, con le particelle cariche più energetiche confinate per lunghi periodi nella regione centrale», ha commentato il co-autore Alfredo Urbano dell’Infn di Trieste e del Cern.
Questo effetto non è incluso nei modelli convenzionali che danno spiegazione di come i raggi si muovano attraverso la galassia, ma i ricercatori mostrano come le simulazioni che includono questa modifica presentino un migliore accordo con i dati Fermi. «Le stesse collisioni tra particelle responsabili della produzione di questi raggi gamma dovrebbero anche produrre neutrini, le particelle elementari più veloci, più leggere e meno conosciute», ha spiegato il coautore Antonio Marinelli dell’Infn di Pisa.
Anche i neutrini giungono a noi in modo diretto dalle loro sorgenti, perché interagiscono pochissimo con la materia e perché non hanno carica elettrica, quindi non subiscono gli effetti dei campi magnetici. Esperimenti come IceCube, in presa dati sotto i ghiacci dell’Antartide, o Km3Net in fase di realizzazione nelle profondità marine del mare di Sicilia, hanno tra i loro obiettivi anche lo studio dei neutrini di alta energia provenienti dalle regioni oltre il nostro sistema solare, nonostante le sorgenti siano più difficili da individuare. Ora, i risultati di Fermi e Hess suggeriscono che il centro galattico potrebbe essere identificato nel prossimo futuro come una potente sorgente di neutrini.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Diffuse Cosmic Rays Shining in the Galactic Center: A Novel Interpretation of H.E.S.S. and Fermi-LAT γ-Ray Data“, di D. Gaggero, D. Grasso, A. Marinelli, M. Taoso e A. Urbano