Alle due estremità hanno un atomo d’idrogeno (H) e un “gruppo ciano”, ovvero un’accoppiata carbonio-azoto (CN), la stessa del cianuro. E in mezzo, atomi di carbonio a piacere, a formare catene più o meno lunghe. Sono i cianopoliini, con due ‘i’: molecole organiche che si possono incontrare in varie regioni dell’universo. Molecole che potrebbero avere avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della vita. Ecco dunque che gli astronomi, ogni volta che le incontrano, vi prestano parecchia attenzione. Soprattutto se si presentano in “località” simili a quella in cui si trova il nostro pianeta. Com’è accaduto a un team di scienziati guidato da Francesco Fontani dell’Inaf di Arcetri (Firenze): osservando verso la costellazione d’Orione con Noema – un interferometro radio dell’Iram di Grenoble che, dalle Alpi francesi, osserva il cielo dell’emisfero nord nelle microonde (un po’, in piccolo, ciò che fa Alma dal Cile per l’emisfero sud) – Fontani e colleghi hanno trovato tracce di cianopoliini nel protocluster Omc2-Fir4, una sorta di “culla cosmica” simile a quella in cui è nato il Sole.
«Un protocluster è un ammasso di stelle in formazione simultanea», spiega Fontani a Media Inaf. «Omc2-Fir4 si trova in Orione, a circa 1400 anni luce da noi, e fa parte di un filamento di materiale denso e freddo in cui l’attività di formazione di nuove stelle è molto attiva. L’aspetto più interessante del nostro risultato sta nel fatto che il protocluster di Omc2-Fir4 è tra i migliori analoghi di quello in cui si è formato il Sole. Inoltre, il rapporto che troviamo tra il cianopoliino più “lungo”, nel nostro caso HC5N (cianodiacetilene, ndr), e quello più “corto”, HC3N (cianoacetilene, ndr), è inferiore a dieci: un rapporto, secondo i nostri modelli chimici, possibile solo con un potente irraggiamento da raggi cosmici. Visto che il giovane Sole ha subito lo stesso irraggiamento quando era giovane, questo irraggiamento anomalo potrebbe avere promosso, o comunque favorito, la crescita della catena di carbonio da HC3N a HC5N anche nel Sistema solare».
I risultati, in corso di stampa su Astronomy & Astrophysics, rientrano in un programma chiamato Solis, acronimo di “Seeds of Life in Space”: semi di vita nello spazio. «Lo scopo è quello di studiare come si formano i semi della vita», dice Fontani, «cioè quelle molecole che hanno un peso rilevante nella chimica prebiotica. Queste sono, chiaramente, le cosiddette molecole organiche “complesse” (per la chimica interstellare, già una molecola con solo sei atomi viene considerata complessa), che si possono considerare i mattoncini di quelle che sono le macro-molecole alla base della vita, almeno di quella che conosciamo sulla Terra».
Molecole come, appunto, i cianopoliini. «L’interesse nei loro confronti nasce dal fatto che il loro capostipite (il membro più semplice della famiglia, ovvero il cianoacetilene, H3CN), sottoposto ad idrolisi, è in grado di formare la citosina, una delle basi azotate presenti nel Dna e nell’Rna», spiega a Media Inaf un’altra scienziata del consorzio Solis, Nadia Balucani, professoressa di chimica all’Università di Perugia. «Per questo motivo, il cianoacetilene e tutti i cianopoliini superiori sono ritenuti molecole con un grande potenziale prebiotico, il cui accumulo sulla Terra primitiva potrebbe aver contribuito alla formazione delle molecole biologiche su cui si basa la vita. Questo aspetto pone interrogativi sul modo in cui cianoacetilene e cianopoliini si siano formati nella Terra primitiva, un ambiente dominato dal solvente acquoso che non favorisce la sintesi organica».
«Il cianoacetilene è stato identificato nello spazio interstellare già nel 1971», ricorda Balucani, «e risulta essere fra le specie complesse più abbondanti anche nell’atmosfera di Titano, la luna massiva di Saturno. È stato inoltre osservato nelle comete. La sua abbondanza in contesti tanto diversi testimonia la presenza di efficaci processi di sintesi in ambienti extraterrestri. L’ipotesi che i cianopoliini sintetizzati nello spazio interstellare e inglobati poi nelle comete possano aver fecondato la Terra primitiva (un ambiente poco adatto alla sintesi organica complessa) rende la ricerca di queste molecole nelle zone dello spazio interstellare dove nascono i sistemi planetari particolarmente affascinante».
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo “SOLIS II. Carbon-chain growth in the Solar-type protocluster OMC2-FIR4”, di F. Fontani, C. Ceccarelli, C. Favre, P. Caselli, R. Neri, I.R. Sims, C. Kahane, F. Alves, N. Balucani, E. Bianchi, E. Caux, A. Jaber Al-Edhari, A. Lopez-Sepulcre, J.E. Pineda, R. Bachiller, L. Bizzocchi, S. Bottinelli, A. Chacon-Tanarro, R. Choudhury, C. Codella, A. Coutens, F. Dulieu, S. Feng, A. Rimola,P. Hily-Blant, J. Holdship, I. Jimenez-Serra, J. Laas,B. Lefloch, Y. Oya, L. Podio, A. Pon, A. Punanova,D. Quenard, N. Sakai, S. Spezzano, V. Taquet, L. Testi, P. Theulé, P. Ugliengo, C. Vastel, A.I. Vasyunin, S. Viti, S. Yamamoto e L. Wiesenfeld