Le cupole dei telescopi, con il loro connubio unico fra tecnologia e visione delle profondità del cielo stellato, continuano ad attrarre artisti che cercano nuovi modi per esprimere la loro creatività. Il cantautore bolognese “Lo Yeti” (alias Pierpaolo Marconcini) ha scelto come location del video del suo pezzo musicale “L’Amore Bufalo” la cupola del telescopio “Cassini” da 1.52 metri dell’Inaf-Osservatorio astronomico di Bologna. Lo abbiamo incontrato per scambiare due battute in libertà.
Innanzitutto chi sei e che musica fai?
«Sono Pierpaolo Marconcini, pubblicitario classe 1983, e sono diventato “Lo Yeti”. La mia musica, come il mio pseudonimo, pur raccogliendo e decodificando ricordi personali, si adatta al vissuto dell’ascoltatore lasciando spazio al significato che ognuno ne vuole trarre. Il mio percorso artistico spazia dall’alternative rock di stampo americano e inglese al cantautorato indipendente italiano. “Le memorie dell’acqua” è il mio disco d’esordio».
Lo Yeti: il nome lo hai scelto perché vuoi essere una creatura mitica o perché vuoi fare paura?
«Lo yeti è un essere che si concretizza sulla base della nostra esperienza. Le sue sfaccettature cambiano a seconda del nostro vissuto, del nostro percepito. Una rappresentazione manifesta della nostra fantasia insomma. Questo volevo valesse anche per me, come artista e per la mia musica. Comunque non credo possa fare paura, lo vedo più come una creatura malinconica, semmai».
Perché hai scelto di ambientare il video al telescopio di Loiano? Cosa volevi rappresentare?
«Io sono di Bologna, ma Loiano è un paese che ho nel cuore, per via delle sue persone, dei tanti amici e dei numerosi luoghi meravigliosi che nasconde, come l’osservatorio. Cercavo una location particolare per girare il video, che potesse essere un po’ fuori dal tempo e quando ho visto il posto non ho avuto dubbi. Nel video, racconto, tramite le stelle, l’incessante sforzo nella ricerca di qualcosa o qualcuno che sia simile a noi. Siamo stelle che cercano altre stelle: al nostro occhio le stelle appaiono ferme, in realtà tutte si muovono, rispetto al Sole, a migliaia e migliaia di chilometri l’ora. Nello stesso modo possono essere letti anche i rapporti umani e le relazioni interpersonali».
Arte e scienza, in particolare l’astronomia: dove le due cose si toccano e cosa hanno in comune?
«Credo siano correlate in tantissimi aspetti: proprio tante scoperte scientifiche hanno dato vita a movimenti artistici e a nuove sperimentazioni nel campo dell’arte. La contemplazione della volta celeste poi è la più grande attitudine artistica, soprattutto per i musicisti, il posto in cui risiedono le nostre aspirazioni e le nostre speranze».
Adesso cosa ti aspetta?
«In questo momento sto suonando in giro per l’Italia, cercando di far conoscere sempre di più questo progetto, mostrandone la sua dimensione live, quella più reale. L’ambizione è quella di riuscire a ritagliarmi un mio spazio nel mondo della musica, cercando di rimanere comunque fedele a quella che è la mia dimensione artistica. La musica, come il cielo, è un panorama davvero affollato, ma io non smetto mai di guardare in alto, verso le stelle».