Alcune delle galassie più grandi dell’universo sono popolate da stelle ormai estinte. Ma quasi 12 miliardi di anni fa questi oggetti così massivi erano vere e proprie fabbriche cosmiche che sfornavano miliardi di stelle. Tuttavia, il modo in cui tali sistemi galattici, che gli astronomi chiamano galassie starburst oscurate (dalla polvere), siano diventati sterili rimane ancora un mistero. Oggi un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal da un gruppo di astronomi dell’Università dell’Iowa propone una spiegazione secondo cui i quasar, sorgenti estremamente energetiche che risiedono nel cuore delle galassie, potrebbero aver causato, per così dire, lo spegnimento dell’attività di formazione stellare.
Lo studio fornisce nuovi indizi sull’evoluzione delle galassie, cioè come esse passano da efficienti fabbriche stellari a veri e propri cimiteri cosmici, e su vari fenomeni astrofisici di cui gli scienziati conoscono ancora poco, tra cui l’influenza che i buchi neri supermassivi nei nuclei delle galassie hanno sul processo evolutivo.
Gli autori sono arrivati alle loro conclusioni dopo aver studiato quattro quasar che si trovano nelle rispettive galassie starburst che stanno ancora producendo nuove stelle. «I quasar che abbiamo osservato possono giocare un ruolo importante nel determinare l’estinzione di queste galassie starburst nel corso della storia cosmica», spiega Hai Fu dell’Università dell’Iowa e autore principale dello studio. «Ciò è dovuto al fatto che, essendo i quasar sorgenti estremamente energetiche, essi espellono il gas necessario per formare le stelle al di fuori dalla galassia, il che rappresenta un meccanismo valido che può spiegare la transizione da galassia starburst a galassia ellittica estinta».
I ricercatori hanno localizzato gli oggetti nel marzo 2016 per mezzo di Alma, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array. Successivamente, i quasar sono stati osservati con altri telescopi a diverse lunghezze d’onda, dall’ultravioletto al lontano infrarosso, confermando la posizione ottenuta da Alma.
Ma c’è un problema, come sottolinea lo stesso Fu: «I quasar non dovrebbero essere rivelati nelle galassie starburst oscurate dalla polvere, dato che la loro luce dovrebbe essere assorbita o bloccata dal materiale prodotto dall’intensa attività di formazione stellare. Perciò, il fatto che li abbiamo osservati implica che devono esserci più quasar nelle galassie starburst nascosti appunto dalla polvere. Estremizzando, potremmo dire che in ogni galassia starburst oscurata esiste un quasar che non siamo in grado di vedere».
Dunque, la domanda è: come mai questi oggetti sono visibili quando invece dovrebbero essere nascosti dalla polvere? Gli astronomi hanno una teoria. Essi ritengono che la radiazione prodotta dai quasar emerga da una sorta di “buca spaziale”, cioè da una regione vuota dello spazio, priva di detriti, che permette alla luce di sfuggire tra il materiale circostante. La forma specifica di questi oggetti non è molto chiara in quanto persino Alma non è abbastanza potente da fornire un quadro chiaro di quelle regioni dello spazio che si trovano a 12 miliardi di anni luce, un’epoca in cui l’universo aveva circa un settimo dell’età attuale.
Tuttavia, secondo gli autori, le galassie potrebbero avere una forma a “ciambella” ed essere orientate in modo tale che le loro “buche”, e quindi i quasar, siano visibili. «È un caso di allineamento geometrico raro», dice Jacob Isbell dell’Università dell’Iowa e secondo autore dello studio. «E quella buca è proprio allineata lungo la nostra visuale».
Insomma, gli scienziati ora ritengono che la maggior parte dei quasar che risiedono nelle galassie starburst oscurate possa non essere rivelata per il fatto che le stesse galassie sono allineate in modo tale da non renderli visibili. Il fatto, però, di averne trovato quattro, dove cioè i quasar sono visibili, non sembra del tutto casuale e suggerisce che devono esistere altri casi simili.
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