La composizione chimica della corona, la regione più esterna e calda del Sole, è strettamente legata al ciclo undecennale che regola l’attività magnetica della nostra stella. Questo è, in estrema sintesi, il risultato dello studio condotto da un team di scienziati della University College London (Ucl), della George Mason University e del Naval Research Laboratory e basato sulle osservazioni della corona solare raccolte dalla sonda spaziale della Nasa Solar Dynamics Observatory (Sdo) . Lo studio pubblicato su Nature Communications dimostra che un aumento dell’attività magnetica solare va di pari passo con una maggiore quantità di alcuni elementi, come ad esempio il ferro, nella corona solare . Lo studio potrebbe avere una significativa implicazione nel comprendere il processo che porta a far surriscaldare la corona del Sole.
«La composizione chimica è un importante aspetto per caratterizzare il flusso di massa e di energia all’interno dell’atmosfera del Sole così come delle altre stelle. Capire come cambi questa composizione, ammesso che cambi, nella materia che fuoriesce dalla superficie del Sole verso la sua corona è determinante per formulare le nostre ipotesi che spiegano il surriscaldamento e l’attività delle atmosfere anche di altre stelle», dice Deborah Baker, ricercatrice dell’UCL.
In un ciclo di 11 anni il Sole passa da un periodo di calma con un minimo di attività a una fase di intensa attività magnetica che coincide con la presenza di un gran numero di macchie solari e un aumento delle emissioni di particelle e di energia elettromagnetica.
«Precedentemente molti astronomi pensavano che la composizione chimica dell’atmosfera di una stella dipendesse da proprietà fisse, come la velocità di rotazione o la forza di gravità in superficie. I nostri risultati suggeriscono che è possibile anche che esista una relazione con l’attività magnetica e il processo di riscaldamento dell’atmosfera stessa, che cambiano nel tempo, almeno per quanto riguarda il Sole”, sottolinea David H. Brooks della George Mason University, primo autore dello studio.
La superficie del Sole, la fotosfera ha temperature che si aggirano sui 6000 gradi celsius ma l’atmosfera più esterna, la corona appunto, quella che si vede molto distintamente dalla Terra durante una eclissi solare, è di svariate centinaia di volte più calda. Spiegare le ragioni di questo fenomeno è uno dei più controversi enigmi per gli astrofisici e riuscire nell’impresa permetterà di comprendere anche i meccanismi di riscaldamento delle atmosfere delle altre stelle.
«Capire perché la corona del Sole sia così calda è un rompicapo di lunga data. È come se ci trovassimo a dover spiegare come da un cubo di ghiaccio possa fuoriuscire una fiamma. Un vero e proprio controsenso. Gli astronomi solari pensano che la chiave di tutto ciò sia il campo magnetico, ma non ne conosciamo bene i dettagli», aggiunge Brooks. Il team di scienziati ha analizzato le osservazioni effettuate dall’osservatorio spaziale Solar Dynamics Observatory tra il 2010, quando l’attività solare era al minimo e il 2014, periodo in cui è stata osservata una notevole attività magnetica con numerose macchie sul disco solare.
Come se aprisse una corsia preferenziale, un meccanismo ancora sconosciuto sembra trasportare con maggiore facilità alcuni elementi chimici, ad esempio il ferro, nella corona invece che altrove, fornendole così una chiara “firma di riconoscimento” nella sua composizione.
Il team di scienziati pensa che il meccanismo che determina il frazionamento nell’abbondanza degli elementi nell’atmosfera solare e fornisce materiale alla corona potrebbe essere anche influenzare pesantemente il trasporto di energia nella corona. «Le nostre osservazioni partono dal 2010, quando l’attività solare era al suo minimo. Così, non abbiamo potuto osservare lo spettro globale della corona per un ciclo completo, ma l’aver registrato dei cambiamenti nel Sole in un periodo relativamente piccolo sottolinea l’importanza di quanto sia necessario proseguire le osservazioni su interi cicli, cosa che ci proponiamo di fare negli anni a venire. Oggi tendiamo a concentrarci su delle istantanee delle stelle, che però ci fanno perdere alcuni importanti indizi», conclude Baker.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “A Solar cycle correlation of coronal element abundances in Sun-as-a-star observations” di David H. Brooks, Deborah Baker, Lidia van Driel-Gesztelyi e Harry P. Warren pubblicato su Nature Communications