Un nuovo studio teorico, pubblicato oggi su Physical Review Letters, propone una “fucina cosmica” supplementare in cui si produrrebbero gli elementi chimici più pesanti del ferro, come oro, platino e uranio. Questi elementi potrebbero essere generati a seguito dell’incontro tra una stella di neutroni e un micro buco nero. Un evento non frequente dagli esiti ben più che scoppiettanti: nefasti per la stella di neutroni ma benefici per la varietà di elementi nel cosmo.
Mentre i costituenti di base delle stelle, sostanzialmente idrogeno ed elio, si sono prodotti durante le primissime fasi di vita dell’universo, tutti gli altri elementi fino al ferro sono stati sfornati dalla nucleosintesi stellare, il processo di fusione nucleare che fa “bruciare” una stella. Per gli elementi con nuclei più pesanti del ferro occorre invece una fornace più energetica, come l’esplosione di una supernova o la fusione di due stelle di neutroni.
I micro buchi neri, al momento solo frutto di speculazione teorica, sono oggetti superdensi con una massa molto piccola, anche molto più piccola di quella della nostra Luna. Molti astrofisici ritengono che si possano essere formati come “sottoprodotto” del Big Bang e che possano tuttora costituire una frazione della materia oscura.
Nel nuovo studio, l’astrofisico George Fuller e due colleghi dell’Università della California hanno calcolato che, se i micro buchi neri costituissero effettivamente anche solo una piccola parte della materia oscura, potrebbero venire a contatto con stelle di neutroni, generando effetti fisici molto interessanti.
Le stelle di neutroni sono gli astri più piccoli e densi conosciuti, così densi che un cucchiaio della loro materia superficiale possiede una massa equivalente a 3 miliardi di tonnellate. Nella rara eventualità di un incontro con un micro buco nero, la stella di neutroni lo attrarrebbe a sé, inglobandolo. Il micro buco nero comincerebbe però a divorare la stella di neutroni dall’interno, un processo particolarmente violento che porterebbe all’espulsione di una certa quantità della massa superdensa della stella di neutroni, materia da cui poi si originerebbero i nuclei di elementi chimici pesanti.
«Mano a mano che la stella di neutroni viene divorata, ruota più in fretta ed espelle materia fredda neutronica, che si decomprime, si riscalda e forma gli elementi chimici più pesanti», spiega Fuller. «La sola quantità di materia espulsa dalla stella di neutroni negli ultimi millisecondi prima della sua “morte” è sufficiente a spiegare le abbondanze osservate di questi elementi».
Secondo gli autori, questo processo di creazione degli elementi più pesanti che troviamo nella tabella periodica, per i quali non è sufficiente la nucleosintesi stellare, fornirebbe anche spiegazioni per una serie di altri enigmi irrisolti dell’astrofisica.
«Dal momento che questi eventi accadono raramente, si può comprendere come mai solo una galassia nana su dieci risulti arricchita di elementi pesanti», commenta Fuller. «La distruzione sistematica di stelle di neutroni da parte di buchi neri primordiali è coerente con la scarsità riscontrata di stelle di neutroni nel centro galattico e nelle galassie nane, dove la densità dei buchi neri dovrebbe essere molto alta».
Questi eventi potrebbero poi rappresentare l’origine di fenomeni come le peculiari emissioni nell’infrarosso associate all’esplosione di kilonova, la rapida e misteriosa emissione radio dei lampi radio dalle profondità del cosmo, i cosiddetti fast radio burst, nonché la presenza di positroni nel centro galattico, rilevata da osservazioni in raggi X.
«È davvero sorprendente come le soluzioni a questi fenomeni apparentemente indipendenti possono essere collegate con la fine violenta di stelle di neutroni per mano di piccoli buchi neri», conclude Fuller.
Per saperne di più:
- Leggi l’anteprima dell’articolo pubblicato su Physical Review Letters “Primordial Black Holes and r-Process Nucleosynthesis”, di George M. Fuller, Alexander Kusenko e Volodymyr Takhistov