Potrebbe forse essere definita la più complessa rilevazione di meteorologia spaziale mai messa in atto quella descritta in un articolo appena pubblicato sul Journal of Geophysical Research e condotta grazie a ben dieci veicoli spaziali di Nasa ed Esa dislocati in tutto il Sistema solare. Dieci sonde che hanno misurato il passo a una tempesta solare, partita il 14 ottobre 2014 dal Sole e cronometrata per l’ultima volta a fine marzo 2016 dalla storica sonda Voyager 2, quando si trovava già nella parte esterna dell’eliosfera.
Il Sole rilascia un flusso costante di materiale, chiamato vento solare, ma occasionalmente produce anche violente eruzioni che espellono una grande quantità di plasma nello spazio, denominate espulsioni di massa coronale o Cme (coronal mass ejection). Tali fenomeni sono costantemente monitorati, perché possono interagire con il campo magnetico terrestre, innescando pittoresche aurore polari ma anche, in alcuni casi, interferire con satelliti e reti elettriche.
Tuttavia non era mai stata ottenuta una descrizione così completa di come queste tempeste solari si muovano nello spazio, e in particolare di come cambino la loro velocità e forma in risposta alle variazioni del mezzo interplanetario. Una conoscenza ritenuta cruciale per lo sviluppo dell’esplorazione spaziale.
Rilevata dal coronografo della sonda Soho (Solar and Heliospheric Observatory) il 14 ottobre 2014, la Cme è stata vista passare dal satellite Stereo-A il 16 ottobre, mentre il 17 dello stesso mese ha investito Marte. Attorno e sul Pianeta rosso c’erano ben quattro missioni – Mars Express, Maven, Mars Odyssey e il rover Curiosity – pronte a scrutare fenomeni di space weather poiché era in arrivo la cometa C/2013 A1 Siding Spring, di cui si voleva studiare l’interazione con l’atmosfera marziana.
Un mese dopo la tempesta solare ha raggiunto la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ed è stata osservata dalla sonda Rosetta, mentre il 12 novembre è stata intravista nel vento solare attorno a Saturno dalla sonda Cassini. Qualche mese più tardi è stata (probabilmente) vista dalla missione New Horizons, all’epoca ancora in viaggio verso Plutone, e infine, più di un anno dopo, è stata (forse) rilevata dalla navicella Voyager 2.
Grazie al queste osservazioni multiple in sequenza, gli autori del nuovo studio hanno potuto ricavare alcune proprietà della Cme, come la sua ampia estensione angolare di circa 116 gradi, la sua velocità in funzione della distanza, nonché la struttura del campo magnetico per distanze paragonabili a quella di Saturno. Oltre, sottolinenano i ricercatori in un comunicato, la tempesta solare si trova schiacciata tra ampie regioni d’interazioni con il vento solare, ed è veramente difficile stabilire con precisione cosa accada.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo pubblicato sul Journal of Geophysical Research “Interplanetary coronal mass ejection observed at STEREO-A, Mars, comet 67P/Churyumov-Gerasimenko, Saturn, and New Horizons en route to Pluto: Comparison of its Forbush decreases at 1.4, 3.1, and 9.9 AU”, di O.Witasse et al.
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