Nel corso del suo censimento galattico, il telescopio spaziale Gaia dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, non si limita all’astrometria, ovvero a misurare la posizione esatta nel cielo di oltre un miliardo di stelle: di ogni sorgente annota anche altre caratteristiche. Una fra queste è il colore. Registrato e codificato grazie allo strumento fotometrico a bordo del satellite, costituito da un fotometro per le lunghezze d’onda del blu e un altro per quelle del rosso, il colore della luce emessa da una stella permette agli astrofisici di ottenere informazioni cruciali sulla sorgente stessa: dipendendo dalla temperatura superficiale, il colore permette infatti di fare ipotesi sulla massa, sulla composizione chimica e sullo stadio evolutivo della stella. Un risultato preliminare è illustrato dalla mappa qui in apertura: basata su un campione di 18.6 milioni di stelle scelte fra quelle con magnitudine fino a 17, mostra per ogni pixel il “colore medio” di tutte le stelle contenute nella relativa porzione di cielo.
Per ora si tratta di una mappa preliminare, sottolineano all’Esa, un antipasto del catalogo cromatico con oltre un miliardo di stelle in arrivo nell’aprile del 2018. Ma già così si presta a interessanti interpretazioni scientifiche, soprattutto se abbinata alla mappa di densità (qui in basso), che indica quante stelle sono presenti in ogni pixel. Proprio osservando quest’ultima si identifica chiaramente il centro galattico, la regione più densa di stelle, dove si arriva ad averne anche migliaia nello stesso pixel. Altissima la densità anche nelle due chiazze presenti nel quadrante inferiore destro, corrispondenti alle Nubi di Magellano (due piccole galassie satelliti della Via Lattea) e dunque riferite a stelle extragalattiche.
Lungo il piano galattico – la fascia orizzontale al centro della mappa di densità – è poi possibile notare ramificazioni molto scure, dunque con pochissime stelle: in realtà le stelle ci sarebbero, ma in queste regioni sono oscurate da enormi nubi di polvere. Tornando alla mappa dei colori, si vede come in corrispondenza di queste nubi di polvere domini il rosso: questo perché le polveri filtrano maggiormente la luce blu delle stelle alle loro spalle, un effetto noto come reddening (arrossamento) – da non confondere con il redshift.
La seconda release dei dati di Gaia, nel 2018, includerà non solo la posizione e la luminosità di ogni singola stella (ottenuta sull’intera “banda G”, dai 330 ai 1050 nanometri, dunque su tutto lo spettro), ma anche – come mostra questo primo assaggio – i valori del colore blu e rosso. Nonché le stime di parallasse e moto proprio basate sulle osservazioni del miliardo abbondante di stelle misurate da Gaia. Nel complesso, una banca dati ricchissima, che consentirà agli scienziati di ricostruire la composizione, la formazione e l’evoluzione della Via Lattea a un livello di dettagli senza precedenti.