Dell’astronauta non si butta via niente. Potrebbe essere questo il motto dei ricercatori che al meeting nazionale della Società americana di chimica in corso a Washington, negli Stati Uniti, hanno presentato i risultati delle loro ricerche per convertire i sottoprodotti del metabolismo umano in sostanze nutritive pregiate o in plastica malleabile.
Lo scopo è quello di permettere il riciclo di ogni singola molecola imbarcata a bordo di un’astronave, specialmente quelle destinate a viaggi interplanetari della durata di diversi anni, in modo da prolungarne l’autonomia senza aumentare la quantità di scorte necessarie alla vita degli astronauti.
Ma anche a produrre sostanze necessarie a una corretta alimentazione umana che non possono essere facilmente trasportate. È il caso degli acidi grassi Omega-3, che si conservano solo per un paio d’anni e che dovrebbero, quindi, essere fabbricati durante il viaggio o all’arrivo a destinazione.
«La motivazione del nostro progetto», spiega Mark A. Blenner, ingegnere biomolecolare della Clemson University, «è di riuscire a ottenere un sistema biologico che gli astronauti possano risvegliare da uno stato dormiente per iniziare a produrre quello di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno».
Il sistema biologico sviluppato da Blenner si basa su vari ceppi di un microrganismo, il lievito Yarrowia lipolytica, che richiede sia azoto che carbonio per crescere. Il gruppo di ricerca guidato da Blenner ha scoperto che una varietà di questo lievito può ottenere l’azoto direttamente dall’urea presente nell’urina non trattata.
Il lievito potrebbe poi facilmente procurarsi il carbonio dall’anidride carbonica esalata dal respiro degli astronauti, oppure direttamente dall’atmosfera marziana. Per utilizzare l’anidride carbonica, queste cellule eucariote richiedono un intermediario per fissare il carbonio in una forma più “digeribile”. A questo scopo, il lievito si affida a cianobatteri fotosintetici o alghe, appositamente introdotte dai ricercatori nel sistema biologico.
Un altro ceppo dello stesso lievito è stato ingegnerizzato dai ricercatori per produrre plastica, una materia prima che gli astronauti possono usare per riparare o costruire nuovi attrezzi. Le cellule di questo particolare lievito producono monomeri e li assemblano per farne polimeri di poliestere, sostanze plastiche che potrebbero essere utilizzate in una stampante 3D per generare parti di ricambio.
Al momento, i ceppi di lievito ingegnerizzato possono produrre solo piccole quantità di poliesteri o di sostanze nutrienti, ma gli scienziati stanno lavorando per incrementarne il rendimento. «Stiamo imparando che Yarrowia lipolytica è abbastanza differente dagli altri lieviti in quanto a natura biochimica e genetica», conclude Blenner. «Ogni nuovo organismo possiede un certo numero di particolarità che è necessario comprendere a fondo».
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