A meno di sei mesi dalla sorprendente scoperta di ben sette pianeti simili alla Terra e potenzialmente abitabili – annunciata nel febbraio scorso – il sistema Trappist-1 rivela altre sorprese. Una serie di osservazioni della stella Trappist-1 compiute con lo Space Telescope Imaging Spectrograph (Stis) – un potente spettrografo montato sull’Hubble Space Telescope – sembra suggerire che almeno tre di questi sette pianeti possano ospitare una grande quantità di acqua e che, in passato, ne contenessero probabilmente molta di più.
Le analisi sono state condotte osservando gli spettri ricevuti durante i transiti dei pianeti di fronte alla stella, metodo usato per rilevare le componenti chimiche dell’atmosfera del pianeta in transito. La stella Trappist-1 – una nana rossa dalla bassa temperatura – emette radiazioni ultraviolette, ricevute dai pianeti che la orbitano: quelle a bassa energia, tramite un processo noto come fotolisi (la scissione di una molecola in seguito a un bombardamento di fotoni) possono rompere le molecole d’acqua nei loro componenti essenziali – idrogeno e ossigeno – mentre radiazioni ultraviolette ad alta energia, riscaldando gli strati superiori dell’atmosfera, possono causare una “perdita” di questi due elementi. L’idrogeno, in particolare, può essere rilevato da osservazioni spettroscopiche come quelle compiute dal team guidato da Vincent Bourrier dell’Osservatorio dell’Università di Ginevra. Queste suggeriscono la presenza di grandi quantità di acqua nell’atmosfera dei tre pianeti simili alla Terra nella zona abitabile (i pianeti ‘e’, ‘f’, e ‘g’) e, potenzialmente, la presenza di acqua allo stato liquido sulla loro superficie.
Per quanto riguarda i pianeti più prossimi alla stella si crede invece che la quantità di radiazioni sia stata sufficiente a fargli perdere un’enorme quantità di acqua: nel caso del pianeta più vicino (Trappist-1b) fino a venti volte la quantità di acqua in tutti gli oceani della Terra nel corso degli ultimi 8 miliardi di anni. Dove è finita tutta questa acqua? Lo studio ipotizza che sia ancora lì, quantomeno sotto forma di diffuse esosfere di idrogeno estese lungo le orbite dei pianeti.
Gli autori raccomandano cautela: solo quando saremo in possesso di dati più certi riguardo alla massa, alla densità e alla composizione dell’atmosfera dei pianeti attorno a Trappist-1 sarà possibile stabilire con certezza quanta acqua sia ancora presente. «Benché i nostri risultato suggeriscano che i pianeti più esterni siano i candidati migliori per la ricerca di acqua con il futuro James Webb Space Telescope», osserva infatti Bourrier, «questi evidenziano anche la necessità di ulteriori studi teorici e di osservazioni complementari in tutte le frequenze dello spettro per determinare la natura dei pianeti del sistema Trappist-1, e la loro potenziale abitabilità».
Un dato rimane certo: a “soli” 39 anni luce dal Sistema solare, e con ben sette pianeti simili alla Terra, Trappist-1 rimane il sistema di esopianeti più promettente per la futura ricerca di un pianeta abitabile.
Correzione del 2/9/2017: Trappist-1 è una nana rossa, non bruna come riportato inizialmente.