«È confermata l’espulsione di una Cme [coronal mass ejection, ndr] nel corso del brillamento X9.3 di ieri, mercoledì 6 settembre, che si stima arriverà in prossimità della Terra il giorno 8 settembre e potrebbe eccitare una tempesta geomagnetica di intensità elevata». Questo l’ultimo bollettino sull’intensa eruzione solare di ieri, riferito pochi minuti fa a Media Inaf da Mauro Messerotti dell’Osservatorio astronomico di Trieste, senior advisor dell’Inaf per lo space weather.
Le eruzioni, ieri, sono state due – la prima alle 11:10 italiane e la seconda alle 14:02 – ed è quest’ultima quella che sta destando maggiore attenzione. «Sono entrambe intense, ma la seconda è di classe X9.3», ha spiegato Messerotti all’Ansa, riferendosi alla scala A, B, C, M e X, dove la lettera X indica appunto il livello massimo. «Questa eruzione è la più intensa dell’attuale ciclo di attività solare. Una simile si era verificata nel 2006, alla fine del precedente ciclo».
Il ciclo al quale fa riferimento Messerotti è il periodo, lungo in media 11 anni, legato all’attività della nostra stella e dovuto a variazioni nel campo magnetico. Quello attuale ha avuto inizio nel 2008, e la sua fine è attesa a breve, nel biennio 2018-2019. Le due recenti eruzioni, alle quali va aggiunta quella di lunedì 4 settembre, originata nella stessa regione attiva del Sole – quella con codice AR 2673 – nella quale si sono registrati i due brillamenti di ieri, sono dunque un colpo di coda della nostra stella, eventualità che spesso precede l’ingresso nella fase di quiete.
«Questa notte intorno alle 05:00 ora italiana è giunta la Cme che era stata prodotta dalla stessa regione attiva 2673 il 4 settembre», aggiunge Messerotti, riferendosi appunto al brillamento di media intensità di lunedì scorso. Ebbene, ora c’è la conferma che anche il brillamento più intenso, il flare X9.3 di ieri, ha scagliato una bolla di plasma diretta verso la Terra: quella attesa per domani. E i cui effetti potrebbero aver già cominciato a farsi sentire.
«In associazione con il flare X9.3 sono state osservate fortissime emissioni radio che hanno interessato varie bande dello spettro radio, aumentando, ad esempio, significativamente il rumore nella banda delle onde corte», riferisce Messerotti. «Interessante il fatto che sia stato osservato un burst radio nella banda L, quella utilizzata dai sistemi Gps e da alcune tipologie di radar, di lunga durata e con un’intensità molto elevata, che potrebbe quindi aver interferito i sistemi Gps nella sua fase di massimo. Ciò non è però ancora confermato, e l’analisi è in corso».
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