La più famosa fotografia di gruppo della storia della fisica fu quella scattata nell’ottobre del 1927 a Bruxelles, in occasione del quinto Congresso di Solvay – dedicato al tema Elettroni e Fotoni — presso l’International Solvay Institutes for Physics and Chemistry. È una foto che ritrae i 29 partecipanti al congresso, gruppo che include tra i più importanti fisici e chimici del ventesimo secolo, molti dei quali pionieri dell’allora nascente teoria dei quanti, e ben diciassette vincitori (alcuni già al tempo della foto, altri negli anni successivi) di un premio Nobel. Una figura tra queste detiene due primati: l’essere l’unico scienziato ad aver vinto ben due premi Nobel, per due discipline diverse (fisica e chimica) e l’essere l’unica donna presente al congresso: Marie Skłodowska Curie.
Pochi giorni or sono, a novant’anni da questa storica immagine, è stata scattata – dal fotografo Giovanni Cavulli e su iniziativa dell’Università di Trento e della Società italiana di fisica (Sif) – un’altra fotografia che intende allo stesso tempo celebrare la continuità con l’importante lavoro di questi pionieri della fisica, e sottolineare un’altrettanto importante rottura con il passato: la fisica, oggi, non è più un campo riservato ai soli uomini. In occasione del 103esimo Congresso nazionale della Società italiana di fisica, all’Università di Trento, è stato dunque chiesto a 28 fisiche italiane, e un solo uomo, di posare per una ricostruzione “a parti inverse” della celebre foto di Solvay.
Malgrado la disparità di genere nelle carriere scientifiche sia oggi nettamente minore che nel secolo scorso, le statistiche mostrano come vi sia ancora un netto squilibrio tra i due sessi, e che la parità – in termini di numeri di studenti, ma anche di possibilità di carriera, e di remunerazione – è un obiettivo ancora da realizzare (in un campo come la fisica solo il 21 per cento di docenti di prima fascia è donna). Il congresso tenutosi a Trento, dunque, ha voluto affrontare sistematicamente questi problemi, grazie a diverse iniziative in programma. Durante la quarta giornata di lavori ha avuto luogo un dibattito sul tema “Ricerca: quali spazi per le donne?” che ha visto oggetto le ragioni che orientano la scelta dei percorsi di studio e gli squilibri nella carriera, aperto dalla presentazione di recenti dati statistici, raccolti dalla sociologa Rossella Bozzon e presentati in un’infografica. A questa è seguita una tavola rotonda dal titolo “Fisica, femminile singolare”, in cui le esperienze personali delle invitate hanno contribuito a dare un quadro articolato della condizione femminile nella disciplina fisica. La giornata di discussione è infine stata conclusa dall’inaugurazione della mostra “La scienza delle donne” dedicata alla vita, al lavoro e al rapporto con la società di 14 grandi scienziate del ‘900, e– per l’appunto– dalla realizzazione del “remake” della foto di Solvay.
Noi di Media Inaf abbiamo voluto approfondire quest’ultima iniziativa parlandone con l’ideatrice, Alessandra Saletti dell’ufficio stampa dell’Università di Trento. Saletti ci ha raccontato come lo scopo non sia solo promuovere una maggiore presenza delle donne nei campi scientifici, ma anche ricordare al pubblico che le donne sono già oggi una presenza importante nella comunità scientifica. Saletti racconta come l’idea di questa fotografia sia stata una combinazione di due spunti: «Il primo mi è arrivato dalla presidente della Sif, Luisa Cifarelli, la quale mi disse, durante una riunione per l’organizzazione del congresso, che tra i vari temi di discussione avrebbe voluto che si enfatizzasse il problema del basso numero di donne nelle carriere scientifiche, e che infatti avrebbe voluto organizzare una sessione del congresso per discutere il problema di come far aumentare il numero delle donne in queste discipline, anche in occasione del 120esimo anniversario della Sif». Il secondo spunto, continua Saletti, è provenuto «dal direttore del Dipartimento di fisica dell’Università di Trento, Lorenzo Pavesi, che, in conversazione, mi ha menzionato la famosa fotografia del 1927, sottolineando come quest’anno ricorrano esattamente 90 anni da quel famoso congresso che ha segnato la storia delle fisica quantistica. Io ho quindi unito questi due input, pensando che i due temi si sarebbero potuti legare: la foto di Solvay è memorabile perché riunisce menti brillanti, ma come donna mi sembra un peccato che, al tempo, solo una donna fosse riuscita ad emergere in questo ambiente».
Nonostante, come tutti le iniziative di sensibilizzazione sociale, questa foto voglia sottolineare un problema da correggere, Saletti insiste che «il messaggio che abbiamo voluto lanciare è un messaggio positivo, non semplicemente una critica o una lamentela: una riflessione sul fatto che già oggi il mondo della fisica sia ricco di donne, e che il problema sia la loro poca visibilità nell’immaginario collettivo. Ancora oggi, quando si pensa alla fisica si pensa al fisico, un uomo».
Abbiamo chiesto anche quali siano stati i criteri per la scelta delle protagoniste, e Saletti ci ha spiegato che «tutte le donne nella fotografia sono fisiche italiane e che lavorano in Italia: abbiamo sollecitato la loro partecipazione al congresso proprio per rendere possibile questa nostra piccola iniziativa di sensibilizzazione. Quanto alla selezione delle scienziate in fotografia, abbiamo chiesto ai responsabili scientifici delle sette sezioni in cui è stato articolato il congresso – una per ogni ambito disciplinare, dalla fisica nucleare alla biofisica e fisica medica – di farci due o tre nomi di scienziate della loro area, le prime che gli venissero in mente. È forse un criterio opinabile – abbiamo sicuramente escluso altre bravissime scienziate italiane – ma la selezione delle singole scienziate non è la parte più importante di questa iniziativa».
Infatti, diversamente dall’iconica immagine del 1927, la foto di Trento non ha lo scopo di celebrare personalità eroiche– un approccio alla scienza, forse, prettamente maschile – ma quello di mostrare un’altra faccia della fisica, una attualmente ancora meno visibile al pubblico, sebbene sempre più importante. Saletti insiste con vigore su questo punto «abbiamo voluto evitare di creare una sorta di “rivalità” tra le personalità del 1927 e le scienziate di oggi – non volevamo paragonare il merito – e a questo fine abbiamo cercato di includere scienziate a vari stadi della carriera, le più giovani come le più affermate. Anche le posizioni non vogliono rappresentare nulla: ovviamente, sedersi al posto di Einstein o di Max Planck è una bella responsabilità, ma di nuovo: non abbiamo voluto invitare paragoni di merito».
E l’unico uomo nella foto (il fisico Guido Tonelli)? Come è stato scelto? Saletti, sempre attenta a sottolineare come la sua iniziativa abbia solo uno scopo costruttivo e come abbia cercato di evitare possibili attriti, confessa che «la scelta dell’unico uomo non è stata facile: abbiamo voluto includere uno scienziato che fosse riconosciuto dalla comunità scientifica, ma anche evitare una presenza troppo “ingombrante”: se l’unico uomo nella foto fosse stato – ad esempio– un premio Nobel, ciò avrebbe finito con sovvertire lo scopo di questa iniziativa, presentando nuovamente gli uomini come figure di maggior prestigio. Penso che Guido Tonelli sia stata un’ottima scelta, ed è stato disponibilissimo: in quei giorni era impegnato al Cern, ma ha preso un treno apposta per essere presente: mi sembra un gesto molto significativo».
La foto del 2017 è molto più vivace della sua “antenata” del secolo scorso, e non solo grazie al colore: infatti le espressioni serie e gravi degli eminenti scienziati degli anni ’20 vengono rimpiazzate dalle facce sorridenti e rilassate delle nostre fisiche contemporanee. Saletti infatti conferma che “sia noi organizzatori che tutte le partecipanti ci siamo divertiti moltissimo: a dire il vero avremmo voluto che la foto fosse ancora più precisa, ma purtroppo stava per iniziare a piovere forte, quindi abbiamo dovuto sbrigarci!».
Questa bella iniziativa è dunque riuscita a sposare un profondo rispetto per la storia della fisica con una sobria presa di coscienza dei problemi ancora da affrontare. Chissà se, in futuro, anche la foto di Trento non rappresenterà il ricordo di un periodo ormai superato: come conclude Saletti, la speranza è che «forse tra qualche anno, o qualche generazione, la proporzione tra di generi non sarà più così degna di nota».
Partecipanti alla foto di Trento, 2017: Prima fila, da sinistra: Cinzia Giannini, Anna Di Ciaccio, Guido Tonelli, Monica Colpi, Antigone Marino, Chiara La Tessa, Patrizia Cenci, Luisa Cifarelli, Beatrice Fraboni. Seconda fila, da sinistra: Simonetta Croci, Daniela Calvo, Lidia Strigari, Silvia Picozzi, Alessandra Gugliemetti, Alessandra Rotundi, Angela Bracco, Olivia Levrini, Speranza Falciano. Terza fila, da sinistra: Elisa Molinari, Marina Cobal, Roberta Ramponi, Francesca Vidotto, Silvana Di Sabatino, Silvia Tavazzi, Nadia Robotti, Clementina Agodi, Edwige Pezzulli, Sara Pirrone, Marta Greselin.
Partecipanti alla foto di Bruxelles, 1927: Prima fila, da sinistra: I. Langmuir, M. Planck, Marie Curie, H.A. Lorentz, A. Einstein, P. Langevin, Ch.-E. Guye, C.T.R. Wilson, O.W. Richardson. Seconda fila, da sinistra: P. Debye, M. Knudsen, W.L. Bragg, H.A. Kramers, P.A.M. Dirac, A.H. Compton, L. de Broglie, M. Born, N. Bohr. Terza fila, da sinistra: A. Piccard, E. Henriot, P. Ehrenfest, E. Herzen, Th. de Donder, E. Schrödinger, J.E. Verschaffelt, W. Pauli, W. Heisenberg, R.H. Fowler, L. Brillouin.