Sono passati già quattro anni da quando, il 29 aprile 2013, si è conclusa la missione spaziale Herschel dell’Agenzia spaziale europea (Esa), lanciata il 14 maggio 2009 a bordo di un vettore Ariane 5 dalla base di Kourou, nella Guyana francese. Dallo studio della formazione stellare alla scoperta di acqua in sistemi planetari extrasolari, la lista dei successi scientifici del satellite europeo è lunga e fitta. Proprio per questo, l’Agenzia spaziale europea ha deciso di celebrare la missione per un’intera settimana, dal 18 al 22 settembre, ricordando scoperte che hanno permesso alla comunità scientifica di compiere enormi passi in avanti nella comprensione dell’Universo.
Equipaggiato con un telescopio di 3,5 metri, Herschel è stato il più grande osservatorio spaziale mai messo in orbita. I tre strumenti al piano focale, le camere spettrofotometriche Pacs e Spire e lo spettrometro ad alta risoluzione Hifi, hanno permesso l’esplorazione del cielo infrarosso su una scala di distanze che va dal Sistema solare all’Universo ad alto redshift. Importante è stata la partecipazione dell’Istituto nazionale di astrofisica, con lo sviluppo del software di bordo per i tre strumenti, la produzione del filtro acusto-ottico e con un notevole impegno scientifico nei “key projects” osservativi.
«Il nostro gruppo all’Inaf Iaps di Roma è stato responsabile delle digital processing units e degli on-board softwares di controllo per tutti e tre gli strumenti (Pacs, Spire ed Hifi)», ricorda Sergio Molinari, ricercatore presso l’Inaf di Roma e responsabile del programma “Hi-Gal”, che ha effettuato la survey completa di tutto il piano galattico della Via Lattea utilizzando Pacs e Spire. «L’Osservatorio dell’Inaf di Arcetri ha contribuito con i backend acusto-ottici per gli spettrometri di Hifi. Ci sono stati anche i contributi agli instrument control centers, da parte di Iaps, Osservatorio di Arcetri, Università di Padova e Osservatorio dell’Inaf di Bologna».
Analizzando il cielo nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso e del submillimetrico, il satellite ha raccolto dati senza precedenti accumulando 26mila ore di osservazione. Herschel ha scrutato il bagliore di polvere cosmica fredda incorporata nelle nubi di gas interstellare fornendo agli astronomi una finestra senza precedenti sulle incubatrici stellari nella nostra galassia. Proprio grazie a questo enorme e potente telescopio e a rivelatori raffreddati poco al di sopra dello zero assoluto, il satellite ha potuto eseguire osservazioni con una sensibilità unica, andando oltre il groviglio gassoso delle nubi dove si formano le stelle. Tutto questo è possibile solo grazie all’infrarosso.
La scoperta più sorprendente che è emersa dalle migliaia di ore di osservazione è stata una vasta e intricata rete di strutture filamentose che si intrecciano formando la nostra Via Lattea. Strutture simili erano già state individuate nei decenni precedenti, ma Herschel ha confermato la presenza di questi filamenti su tutto il piano galattico. Molinari ha spiegato l’importanza dello studio «della struttura filamentare delle nubi molecolari in tutta la Galassia sia sulla scala delle centinaia di parsec nelle braccia spirali che nella successiva frammentazione all’interno delle nubi molecolari. La maggior parte delle sorgenti compatte che stanno formando stelle sono localizzate lungo questi filamenti. Questo risultato è stato prodotto da Hi-Gal ed anche dai programmi di tempo garantito “Gould Belt Survey” ed “Hobys” di cui noi dello Iaps siamo Co-I».
Herschel è riuscito anche a tracciare la presenza di acqua in sistemi planetari extrasolari. Con la sua sensibilità senza precedenti, gli scienziati hanno sfruttato l’osservatorio europeo per rilevare questa molecola cruciale nelle nubi di formazione stellare, identificando per la prima volta il processo che ha portato l’acqua dai detriti interplanetari al Sistema solare. Herschel, ha aggiunto Molinari, è riuscito per primo a rilevare «vapore d’acqua all’interno del disco protoplanetario di Tw Hydrae, registrando l’abbondanza dell’acqua nelle prime fasi di formazione del disco protoplanetario. Questa acqua potrebbe essere in seguito inglobata nei futuri pianeti che si formeranno dal disco protoplanetario».
Tra gli altri target della missione, Molinari nomina anche «il censo completo con tutte le proprietà fisiche (grazie esclusivamente ad Hi-Gal) dei siti di formazione stellare in tutta la nostra Galassia, che ci permette per la prima volta di mappare il tasso di formazione stellare nella Via Lattea. E poi la rivelazione del modo molto diverso in cui differenti tipi di galassie cambiano la loro luminosità nel corso della storia dell’Universo, in cui le fusioni fra galassie sono stati eventi relativamente poco importanti: le galassie erano molto più attive nel passato di quanto non lo siano in tempi più recenti».
Per saperne di più:
- Segui gli aggiornamenti sulla “Settimana di Herschel” sul sito dell’Esa